Private banking, chiamata alle armi di Deloitte
“Per riprogettare l’intera infrastruttura della gestione patrimoniale serve un cambiamento nei modelli mentali di leadership nell’industria”
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Nel corso di una audizione per l’indagine conoscitiva sui mercati finanziari al servizio della crescita economica, condotta dalla VI Commissione Permanente delle Finanze della Camera dei Deputati, il presidente e il segretario generale dell’Associazione italiana private banking (Aipb) – Paolo Langè e Antonella Massari – hanno illustrato alcuni interventi di natura regolamentare e fiscale, che possono contribuire ad accelerare il processo di avvicinamento delle famiglie italiane agli investimenti finanziari a favore della crescita dell’Economia Reale del Paese, rendendo più efficace il ruolo di cinghia di trasmissione del private banking.
“Ci facciamo portatori in Commissione di una proposta a sostegno della crescita economica formulata con una prospettiva di filiera che riguarda sia ad aspetti di domanda, sia di offerta: benefici per i risparmiatori che investono in fondi specializzati in Pmi italiane, anche in considerazione delle importanti potenzialità che potrebbero riservare i PIR PMI; benefici per i gestori specializzati in mercati privati, perché scelgano l’Italia e creino fondi di investimento specializzati nei settori di nicchia in cui operano le Pmi italiane e benefici per le imprese, perché trovino conveniente ricorrere a fonti di finanziamento di lungo periodo complementari al credito bancario”, ha detto Langè.
Gli aderenti ad Aipb, sottolineano Langè e Massari, gestiscono un risparmio privato stimabile in più di 860 miliardi “indirizzando correttamente le scelte di investimento relative al 28% del totale della ricchezza italiana investibile. Il sistema del Private Banking può, quindi, puntare a svolgere un ruolo essenziale in questa fase molto complessa”.
Le proposte di Aipb agiscono contemporaneamente su più fronti della filiera focalizzandosi principalmente su interventi di politica fiscale, in sinergia con le misure straordinarie già approvate dal Parlamento. Interventi che si devono però collocare in un quadro regolamentare europeo coerente.
L’associazione dei private banker è convinta che gli investimenti a favore della crescita dell’economia reale del Paese siano da considerare adatti ad una tipologia particolare di investitori non professionali caratterizzati da significative disponibilità finanziarie con obiettivi di ampia diversificazione del portafoglio e un orizzonte temporale di medio/lungo periodo perché possa essere salvaguardato il giusto equilibrio tra l’attiva partecipazione ai mercati finanziari e gli interessi dei singoli investitori non professionali.
“A livello europeo, a nostro avviso andrebbero sciolti alcuni vincoli regolamentari che rendono ancora estremamente complicata la sottoscrizione per le famiglie Private di quote di strumenti finanziari specializzati in economia reale”, dice Massari.
Nell’ambito dei lavori della Capital Market Union e della MIFID review, sarebbe importante, secondo Aipb, per incrementare l’efficacia dell’industria dei servizi di investimento, che i rappresentanti delle istituzioni italiane promuovessero:
i) l’introduzione di una definizione armonizzata di “investitore semi professionale” con criteri di dimensione minima del portafoglio e con il riconoscimento esplicito del valore “abilitante” della consulenza finanziaria
ii) l’introduzione di una definizione armonizzata di fondo di investimento alternativo riservato, con criteri di accesso uniformi per gli investitori non professionali e il relativo passaporto europeo per non pregiudicare i gestori italiani rispetto a quelli di altri paesi UE
iii) una revisione mirata della disciplina dei Fondi di investimento di lungo periodo (ELTIF) con l’ampliamento delle imprese destinatarie e l’armonizzazione dei requisiti per la commercializzazione
Invece, a livello nazionale, Aipb auspica una accelerazione della crescita del mercato italiano degli investimenti in economia reale può essere favorita da interventi coordinati di politica fiscale che interessino i tre soggetti chiavi del processo:
i) i risparmiatori perché valutino conveniente investire in fondi specializzati in PMI italiane, anche in considerazione delle importanti potenzialità che potrebbero riservare i PIR PMI;
ii) le imprese, perché trovino conveniente ricorrere a fonti di finanziamento di lungo periodo complementari al credito bancario;
iii) i gestori specializzati in mercati privati, perché scelgano l’Italia e creino fondi di investimento specializzati nei settori di nicchia in cui operano le PMI italiane.
“In particolare, i risparmiatori troverebbero maggiore stimolo ad investire in Pmi ed infrastrutture tramite quote di fondi (ad esempio Eltif) – sostiene Massari – caratterizzate da un orizzonte temporale di lunghissimo periodo, con l’introduzione di un regime di detrazioni fiscali (analogo a quello già esistente per gli investimenti diretti o indiretti in startup e Pmi innovative) anziché dall’attuale esenzione dei rendimenti finanziari su investimenti in PIR PMI, misura che renderebbe pressoché certa, oltre che immediata, la fruttuosità dell’investimento”.
Inoltre, dicono i vertici Aipb in conclusione del loro intervento, il mercato nazionale dei capitali può diventare più ampio solo assicurando continuità ai benefici fiscali per le imprese che aprono il proprio capitale e ricorrono a fonti alternative di finanziamento, attraverso:
i) il rafforzamento dell’agevolazione fiscale denominata “Aiuto alla crescita Economica” (c.d. ACE) affiancando la possibilità di convertire il beneficio ACE in un credito d’imposta utilizzabile immediatamente e senza limiti in compensazione con altri debiti tributari e contributivi, così da rendere favorevole l’incentivo ACE anche per le imprese in fase di start-up, che potrebbero non disporre di un reddito imponibile positivo;
ii) il rifinanziamento e la rimozione del limite temporale previsto per il credito di imposta in relazione alle spese di consulenza connesse alla quotazione;
iii) l’introduzione di un’analoga misura per le spese di consulenza sostenute dalle PMI che intendano aprire il proprio capitale (oppure offrire in sottoscrizione propri strumenti di debito) ad OICR, imprese di assicurazione e FIA (quali, a mero titolo semplificativo: ELTIF, fondi di private equity, fondi di private debt e fondi di credito).
“Per lo sviluppo di realtà professionali altamente qualificate, residenti in Italia e concentrate su investimenti italiani, in grado di alimentare la canalizzazione dei risparmi privati verso le Pmi come ad esempio i fondi di venture capital – concludono i rappresentanti dei private banker –, potrebbe essere di stimolo un regime fiscale simile a quello previsto per i lavoratori cosiddetti “impatriati”. Cioè un meccanismo di parziale esenzione per i redditi da lavoro realizzati da professionisti specializzati in possesso di un elevato livello di esperienza, che vengano assunti da società che offrono i servizi finanziari a start-up e Pmi.
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