Al consulente almeno il 30% dei ricavi da commissione
6 febbraio 2019
di Gabriele Petrucciani
2,30 min
È quanto ha auspicato Bufi (Anasf) nel convegno di apertura di ConsulenTia 2019: “È il minimo per la valorizzazione della nostra figura”
“Per il ruolo che svolgono, la professionalità che offrono e per l’attenzione data al cliente, ai consulenti finanziari dovrebbe andare almeno il 30% dei ricavi generati dalle commissioni. È il minimo per la valorizzazione della nostra figura”.
Con queste parole, Maurizio Bufi, presidente di Anasf, ha letteralmente infiammato la folta platea che ha fatto da cornice al convegno di apertura della sesta edizione capitolina di ConsulenTia (la nona considerando anche le sessioni invernali). “Il consulente rappresenta l’anello di congiunzione tra l’industria del risparmio e il popolo dei risparmiatori – ha sottolineato Bufi – soprattutto quando la consulenza è al centro della relazione. È su questo che ci dobbiamo impegnare. C’è da fare un grandissimo lavoro. Oggi viviamo in un contesto di riduzione dei margini, sia per gli asset manager sia per i consulenti. Una tendenza che se confermata farebbe entrare tutto il settore in una parabola discendete. E i nostri professionisti vedrebbero erosi i loro compensi. Non possiamo permettercelo”. Per questo, il presidente ha lanciato un monito al mondo delle fabbriche prodotto, invitandole a fare un salto di qualità, a innovarsi, incrementando l’efficienza e riducendo i costi: “Solo così l’industria potrà essere davvero protagonista”. Anche perché quest’anno, a partire dalla fine di marzo, tutto il sistema dovrà fare i conti con le prime rendicontazioni che saranno inviate ai clienti. Rendicontazioni che arrivano dopo un annus horribilis per i mercati, con tutte le asset class in territorio negativo (non succedeva dai primi del ‘900). E per la prima volta i clienti potranno vedere nero su bianco quanto hanno pagato, o stanno pagando, di commissioni: in soldoni veri, non in percentuale. “Una trasparenza che consentirà una più attenta valutazione della congruenza del servizio ricevuto e del relativo costo”, ha puntualizzato il presidente di Anasf.
Un monito che è stato però accolto con un certo scetticismo dalla tavola rotonda che ha seguito l’intervento del presidente e che ha visto la partecipazione delle principali reti distributive. È vero che il settore è sotto pressione. È vero che il mondo sta cambiando. Ed è altrettanto vero che è necessario evolversi in relazione al contesto in cui si opera. “Ma la qualità va pagata”, è emerso dalla tavola rotonda.
E anche se lo scenario all’apparenza appare critico per la professione del consulente, allo steso tempo porta con sé una grande opportunità. La ricchezza nazionale è intermediata per l’85% da banche, Posta e compagnie assicurative. Alle reti rimane il restante 15 per cento. “Un dato che negli anni è cresciuto costantemente e in modo lineare – ha precisato Bufi – A dimostrazione che il lavoro permea le abitudini degli italiani e di quelli che hanno la possibilità di intrattenere un rapporto con un bravo consulente finanziario”. In America le percentuali sono quasi ribaltate, con i financial advisor che gestiscono oltre il 60% dei risparmi. “Questo ci fa capire quanti margini di crescita ci sono per la professione – ha fatto notare Bufi – Ma il consulente dovrà interpretare con dedizione, passione e competenza il proprio ruolo. E, ripeto, dovrà essere remunerato adeguatamente”.
Il presidente di Anasf ha infine acceso i riflettori anche sull’annosa questione del ricambio generazionale, “che dovrà concretizzarsi in un vero e proprio passaggio di testimone. Non possiamo prescindere dalla demografia e dobbiamo avere la consapevolezza di affrontare un’epoca nuova, difficile e impegnativa”.
Raccogliendo l’applauso della sala, Bufi ha concluso il convegno di apertura chiedendo a tutti maggiore Intraprendenza, coraggio e determinazione: “Dobbiamo fare sistema, altrimenti siamo destinati a perdere”.
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