L’effetto collaterale del coronavirus: debito italiano oltre il 140% del Pil
Sconfitta l'epidemia, Roma avrà bisogno di un aiuto esterno per restare solvibile. I due scenari secondo il Flossbach von Storch Research Institute
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Il coronavirus ha ucciso il Pil italiano del primo semestre. Ne dà la triste stima Ref Ricerche, secondo cui la crescita segnerà un calo monstre dell’8%, dal -1-3% indicato in precedenza. La caduta, secondo il centro di ricerche, riguarderà con questa intensità solamente l’ultima parte del primo trimestre, che potrebbe chiudere con un possibile decremeto del 3% sul precedente periodo, e manifestarsi pienamente nel secondo, quando la caduta sarebbe di un altro 5 per cento sul primo trimestre. La resurrezione è possibile, avvertono gli esperti: non si esclude infatti un rimbalzo a partire dal terzo trimestre.
I dati arrivano proprio mentre si fa più acceso il dibattito sul fondo salva Stati. Ieri è infatti arrivato chiaro e tondo, a mezzo stampa e all’indomani del bazooka Bce, l’appello del premier italiano, Giuseppe Conte, riguardo alla necessità e all’urgenza con cui si dovrebbe mettere in campo contro l’epidemia “tutta la potenza di fuoco” del fondo di salvataggio da 500 miliardi di euro. Non solo per l’Italia, ma per tutti i Paesi colpiti dal coronavirus. “La politica monetaria da sola – ha spiegato in un colloquio con il Financial Times – non può risolvere tutti i problemi. Dobbiamo fare lo stesso sul fronte di bilancio e, come do detto, il tempismo è essenziale”.
Stamattina, anche il pressing di Parigi. Il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha infatti avvertito che se l’Unione europea abbandona l’Italia, sarà la prima a pagarla cara. E ha quindi lanciato un appello all’unità: “Se sarà ognuno per sé – ha ammonito – se si abbandonano alcuni Stati, se ad esempio si dice all’Italia ‘cavatevela da soli’, l’Europa non si riprenderà”.
A supporto delle richieste di Roma si è schierato il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni. “La logica, la filosofia” di Conte sull’uso del Mes “è assolutamente condivisibile. Le modalità con cui si può fare un’operazione di questo genere sono legate alla discussione su questi eurobond, cioè su strumenti che si costruiscono sul mercato e sono a disposizione per tutti i Paesi”, ha detto, ribadendo che la crisi “riguarda tutti” e che “la dimensione della risposta comune ancora non è adeguata” anche se “sono stati fatti passi straordinari”.
“Gli strumenti ci sono e li useremo tutti”, ha risposto indirettamente a Conte il responsabile dell’euro, Valdis Dombrovskis. E il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, è stato anche più esplicito, sottolineando che si stanno esplorando anche altre strade oltre a quelle esistenti, “per rafforzare la risposta”, perché non tutti sono d’accordo che quello che c’è a disposizione sia sufficiente. Una frase che letta alla luce della richiesta del premier italiano sembra prefigurare appunto l’ipotesi di un utilizzo del fondo salva Stati.
Intanto la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ribadisce che all’Italia sarà concessa “massima flessibilità” sulla spesa e sugli aiuti di Stato. E che le saranno lasciati 11 miliardi di euro di fondi strutturali che avrebbe dovuto restituire a Bruxelles, perché inutilizzati. La situazione in questi giorni cambia così rapidamente che la Ue non riesce nemmeno a fissare i propri appuntamenti.
Ora gli occhi sono puntati sui ministri delle finanze che lunedì dovrebbero riunirsi in formato Eurogruppo esteso, ovvero sempre a 27, ma con Centeno che guida la riunione e decide l’agenda. Questo anche perché il piatto principale ormai è uno: il Mes, che all’Eurogruppo è nato e che solo in quel contesto può svilupparsi.
Al momento, sarebbe lo strumento più semplice da utilizzare: è già pronto ad intervenire ed ha una capacità residua di 410 miliardi di euro. Mettere a punto qualcosa di simile, come alcuni Governi lasciano intendere, sarebbe troppo laborioso. L’impiego del Mes ha però un limite ‘politico’: se uno Stato chiedesse il suo aiuto, arriverebbe vincolato a condizioni stringenti. Finora si è trattato di riforme strutturali e risanamento forzato dei conti, come per la Grecia. Si potrebbe però lavorare per rendere più accettabile il suo impiego. Ad esempio, la condizionalità potrebbe essere legata ad interventi per il sistema sanitario oppure per le emergenze legate alla crisi epidemica. E il ‘paracadute’ potrebbe aprirsi per più Stati o addirittura per tutti, così da evitare stigmatizzazioni di chi lo utilizza.
Il dibattito sul Mes però, per ora non è nemmeno iniziato ufficialmente. I dubbi sono molti, e altrettanti sono quelli sull’idea lanciata da Francia, Italia e Portogallo di creare i ‘corona bond’, che farebbero nascere gli eurobond a cui finora la Germania si è sempre opposta. La Merkel è infatti la più fredda sull’idea, consapevole che mettere in comune i debiti non avrebbe l’ok del Bundestag. La riflessione dell’Ue prosegue nei prossimi giorni, in vista dell’Eurogruppo e di un nuovo vertice Ue la prossima settimana. In quell’occasione la Commissione dovrebbe proporre di attivare la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità, che sospenderà gli aggiustamenti di bilancio. Ma anche su questo punto le posizioni non sono unitarie, perché c’è chi vorrebbe attivarla subito e chi fare un’altra discussione in sede di Ecofin prima del via libera.