L’eterna sfida tra growth e value
L'accelerazione della digitalizzazione ha riportato in auge i titoli con alto potenziale di crescita. Ma la ripresa potrebbe dare sostegno alle azioni con forte valore intrinseco
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Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Giugno – Luglio 2020 |
Il 2020 sarà l’anno dei fondi che investono nei bond investment grade. Nonostante la turbolenza che spaventa i mercati, un’analisi di Bank of America rivela che “gli investitori hanno puntato sulla carta di qualità portando la media della raccolta settimanale da inizio anno a 3,8 miliardi di dollari, contro una media dello scorso anno di 2,3 miliardi”. Secondo gli esperti di BofA, l’appetito per l’obbligazionario di alta qualità dovrebbe rimanere supportato dalle mosse della politica monetaria. Così, anche nella “fase 2” dell’emergenza, la via dell’obbligazionario sembra tracciata.
“Se consideriamo il comparto high yield in maniera generica a livello di asset class, il grado di rischio è tendenzialmente elevato – spiega Massimo Gionso consigliere delegato di Cfo Sim – La visibilità di molte società è oggi piuttosto scarsa, e può risultare difficile valutarne le capacità di rifinanziamento o comunque di riscorso al mercato primario per nuove emissioni. Per tal motivo, l’alta qualità garantisce una tranquillità superiore, ma a discapito di rendimenti che in molti casi sono tornati a livello pre-Covid. In questo contesto – aggiunge – l’abilità del gestore e dell’investitore sta nel valutare singoli nomi, anche non investment grade, capaci di generare rendimenti più elevati di una classica Tripla A, ma a fronte di un rischio monitorato”.
È quindi possibile, in alcuni casi, coniugare alta qualità e alti rendimenti. “Nella dislocazione che si è creata a fine marzo abbiamo avuto l’opportunità di vedere anche questo – commenta Francesco Castelli, responsabile Fixed Income di Banor Capital – È il caso delle obbligazioni subordinate bancarie, dove si sono visti rendimenti a doppia cifra malgrado si parlasse di primari operatori del settore”.
Diverso il discorso sugli industriali high yield, “dove siamo invece molto più prudenti – ammette Castelli – Pur con rendimenti molto attraenti, superiori in media all’8%, il settore è esposto alla crisi economica, con casi di default in aumento”. Cautela sugli high yield anche da Colin Finlayson, co-gestore del Kames Strategic Global Bond Fund, convinto che “nell’universo del reddito fisso, i bond corporate investment grade offrano la miglior possibilità di ritorno ponderato per il rischio. I differenziali di credito rispetto ai titoli governativi in questa fascia del mercato sono, infatti, relativamente elevati se si considerano i fondamentali delle società in questione”. Come orientare dunque il portafoglio? “Nel nostro Strategic Global Bond Fund – aggiunge Finlayson – l’allocazione ricade per il 50% su obbligazioni societarie investment grade, per il 25% su titoli high yield e il rimanente 25% è costituito da titoli di Stato” .
Secondo Gionso, un adeguato mix tra le due asset class dipende da fattori quali la profilatura del cliente in chiave Mifid, ma soprattutto le dimensioni del portafoglio, vista l’entità dell’investimento minimo per ogni singolo bond: “nello specifico cerchiamo di favorire l’investimento in debito di società ben selezionate, privilegiando le emissioni con una duration mediamente bassa”. Guardando ai casi concreti (vedi tabella) Gionso cita, tra gli altri, Autostrade 12/06/2023, ThyssenKrupp 03/03/2022, Kedrion 12/07/2022 e Azimut 12/12/2024. Inoltre, consiglia di puntare “sui titoli corporate denominati in dollari, dato il loro interessante rendimento e il supporto offerto loro dal programma di acquisto della Federal Reserve. Tant’è che recentemente abbiamo aggiunto nomi come JP Morgan, Coca Cola e Oracle”, conclude.