Altro che Faang: è tempo di puntare sui Dang
DowDuPont, AbbVie, Nestlé e General Motors (Dang): ecco su che cosa puntare secondo gli esperti di Capital Group
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Il frazionamento azionario torna di moda a Wall Street con Apple e Tesla, che hanno programmato lo split dei propri titoli (rispettivamente in misura di quattro a uno e cinque a uno) a partire da lunedì 31 agosto. Questo tipo di operazione, dopo il clou vissuto con le dot.com tra la metà degli Anni 90 e i primi mesi del 2000, ha subito un lento declino passando dai 102 split del 1997 ai tre del 2019. Ma ora i due annunci da pesi massimi del calibro di Apple e Tesla, arrivati a poche settimane di distanza l’uno dall’altro e programmati fatalmente nella stessa giornata, potrebbero riportare in auge questo tipo di operazione. Lo split, pur essendo in apparenza un’operazione di puro “make-up”, garantisce maggiore liquidità alle società quotate, apre grazie a un prezzo più popolare un ingresso facilitato per gli investitori privati (soprattutto ai millennial e alla Generazione Z) e mostra la fiducia nel management sull’apprezzamento futuro del titolo in Borsa.
Se gli split del 31 agosto avranno l’atteso successo, a giudizio degli esperti è probabile che altri colossi a stelle e strisce seguiranno le orme di Tesla ed Apple. Nel mirino di Jim Cramer, economista della Cnbc ed ex hedge fund manager, ci sono Amazon (che ha superato i 3400 dollari a titolo e non effettua frazionamenti dal 1999), Alphabet (Google), Netflix, Nvidia, Adobe, Microsoft, Facebook, ma anche Chipotle Mexican Grill, Costco Wholesale e Home Depot.
Finora i riscontri del mercato agli annunci sono più che positivi. Il colosso di Cupertino ha messo a segno un +25% dal 30 luglio, mentre la società di Elon Musk è salita del 35% dalla comunicazione dell’11 agosto. E potrebbe non essere finita qui. Le statistiche analizzate dal broker eToro mostrano come a Wall Street, negli ultimi sessant’anni, le operazioni di frazionamento abbiano portato a un maggior apprezzamento dei titoli coinvolti da parte degli investitori con un rialzo medio del 33% registrato a un anno dall’operazione. Senza considerare che Amazon ha archiviato, nei suoi tre frazionamenti effettuati finora, un rialzo medio del 209% a un anno dallo split. Quanto ad Apple invece, che nella sua storia borsistica ha già effettuato quattro frazionamenti azionari, ha registrato un rialzo medio del 10,4% a un anno dallo split. Ma la media di Apple risente del risultato dell’operazione del 2000 quando, a un anno dallo split e con la bolla delle dot.com scoppiata nei mesi precedenti, la società era collassata del 61%, meglio hanno fatto gli split del 2005 e del 2014 (rispettivamente +58% e +36%).
Il colosso fondato da Steve Jobs viaggia intorno ai 500 dollari dopo aver appena sfondato la soglia dei 2000 miliardi di capitalizzazione (dopo il +71% messi a segno da gennaio e il +146% registrato negli ultimi dodici mesi) e ha in programma un frazionamento di quattro a uno. L’annuncio dello split di Apple ha poi portato a una rivoluzione del Dow Jones, l’indice di riferimento dell’industria americana, posto che si tratta di un indice ponderato in base al prezzo (ovvero prezzi più elevati dei titoli azionari portano a un maggior peso). L’operazione porterà di conseguenza a un taglio di tre punti percentuali della ponderazione della società dell’iPhone sul DJ (dove attualmente ha un peso dell’11%) e a una minore esposizione del settore tecnologico sull’indice. Su queste basi sono state annunciate le uscite dal DJ di Exxon Mobil, Pfizer e Raytheon Technologies, sostituiti nell’ordine da Salesforce.com, Amgen e Honeywell International.
Quanto a Tesla, dopo una corsa che da inizio anno ne ha quasi quadruplicato il valore di Borsa (+370%) e ha portato il titolo, in dodici mesi, da 220 a 2280 dollari l’uno, lo split è previsto con un rapporto di cinque a uno. L’operazione arriva a ridosso del “Battery Day” (il 22 settembre 2020 alle 23.30 ore italiane), ovvero il giorno in cui Elon Musk svelerà i segreti del gruppo che quest’anno dovrebbero essere concentrati sulle nuove batterie particolarmente performanti.
E Piazza Affari? A Milano le operazioni di split non hanno mai riscosso particolare successo, almeno finora, sia per una diversa mentalità che non lega necessariamente il livello di prezzo del singolo titolo al valore dell’azienda (mentre Berkshire Hathaway, la finanziaria di Warren Buffet quota a 326.200,00 dollari, mezzo FtseMib mostra prezzi inferiori ai dieci euro), sia perché a causa delle crisi che hanno attraversato il tessuto economico italiano, molti titoli nel corso degli anni hanno dovuto ricorrere ai raggruppamenti azionari per poter vantare un prezzo di negoziazione razionale. Ha fatto scuola il caso di Tiscali che, dopo aver raggiunto i 1197 euro nel marzo del 2000 a pochi mesi dal collocamento (a 46 euro), ha effettuato uno split 10 a 1, salvo poi a settembre del 2009 dover procedere a un raggruppamento di 10 a 1. Oggi il titolo del gruppo fondato da Renato Soru vale in Borsa 0,01 euro.