Tassi, verso una divergenza USA-Europa
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Il direct indexing è una strategia che permette agli investitori di acquistare direttamente i titoli che compongono un indice, senza utilizzare un ETF o un fondo. Ancora poco conosciuto in Italia, è molto più diffuso negli Stati Uniti, dove, in base a un’indagine condotta da Morningstar tra i principali operatori del settore, il patrimonio avrebbe superato i 260 miliardi di dollari a fine 2022.
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I vantaggi fiscali sono la prima motivazione che spinge gli americani a preferire il direct indexing ad altre soluzioni, perché questa forma di investimento permette l’ottimizzazione delle tasse, in quanto le perdite su determinati titoli compensano i guadagni su altri, riducendo l’imponibile. La seconda ragione è la personalizzazione, perché è possibile replicare un indice escludendo determinate aziende, ad esempio quelle meno sostenibili dal punto di vista ambientale o sociale.
Le opportunità di ottimizzazione fiscale dipendono dalla situazione dei mercati, ma anche quando le Borse salgono ci sono titoli in ribasso. Come mostra il grafico sottostante, relativo all’indice MSCI globale (ACWI), nel 2022 ci sono state molte possibilità, perché i listini hanno pesantemente sofferto, ma anche in anni come positivi come il 2013 non sono mancate le occasioni.
Fonte: Morningstar Direct.
Un tempo questa strategia era appannaggio di investitori con grandi patrimoni ma oggi l’innovazione tecnologica, in particolare l’aumento della potenza di calcolo dei computer, e la diminuzione delle spese per il trading l’hanno resa accessibile a un più vasto pubblico.
Gli asset manager sembrano interessati a cavalcare la diffusione del direct indexing. Lo testimonia il fatto che dal 2020 alcuni grandi gestori americani abbiano acquisito società tecnologiche per offrire piattaforme di questo tipo. Il primo è stato JPMorgan, che ha comprato, nel dicembre 2020, 55ip, un operatore fintech specializzato in campo fiscale. Successivamente, sono scesi in campo BlackRock, con l’acquisizione di Aperio (il secondo più grande direct indexer negli Stati Uniti) e Morgan Stanley, che è entrato in Eaton Vance, il più grande operatore del settore per masse gestite.
A ottobre 2021, Vanguard ha fatto la sua prima acquisizione in 47 anni di storia. “Il gigante degli investimenti passivi ha acquistato Just Invest, una società poco conosciuta e l’ha trasformata in Vanguard Custom Indexing Management, un cambiamento che ha testimoniato il momentum favorevole per l’indicizzazione diretta, ma anche i progetti di Vanguard per far crescere in modo aggressivo la sua attività di consulenza”, ha commentato Jason Kephart, responsabile multi-asset rating di Morningstar, in un recente studio sul direct indexing.
I servizi della maggior parte di queste società si rivolgono agli individui con patrimoni più grandi, mentre Fidelity è stato il primo asset manager nel 2022 a mettere a disposizione questa soluzione per gli investitori americani con minori disponibilità (la soglia minima è di 5 mila dollari).
La corsa al direct indexing non è priva di ostacoli. “Man mano che più aziende entreranno in questo settore, perché la personalizzazione e gestione fiscale diventeranno più semplici, confrontare le diverse opzioni sarà come paragonare i menu delle differenti catene di ristoranti. Certo, ci sono piccole differenze, ma l’offerta centrale è molto simile”, dice Kephart. Detto in altre parole, è difficile differenziarsi. Questo, però, non vuol dire che gli investitori non abbiano un’ampia gamma di opzioni per rendere la loro esperienza unica.
I ricercatori di Morningstar sono convinti che il panorama del direct indexing si evolverà ancora. La nuova frontiera saranno le obbligazioni, anche se è più difficile negoziarle rispetto alle azioni, perché sono meno liquide. Inoltre, computer più potenti ridurranno i costi dell’indicizzazione diretta. Questo, insieme all’aumento della competizione, porterà a un abbassamento delle commissioni e delle soglie di ingresso per i clienti finali.
*Editorial manager di Morningstar
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