Investitori istituzionali in fuga dal rischio: meno azioni USA e più cash
A febbraio lo State Street Risk Appetite Index è tornato a zero. Via dal tech a stelle e strisce, piace l’equity europeo. Resta lo scetticismo sul reddito fisso
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L’impatto della guerra Russia-Ucraina sulle materie prime resterà elevato, al di là dei cali segnati da quelle energetiche nelle ultime settimane. L’inflazione invece dovrebbe aver superato il picco e nei prossimi mesi potremmo assistere a un calo dovuto ai prezzi dell’energia e di alcuni beni e servizi volatili, fermo restando quella sottostante non mostra ancora segnali di rallentamento. È la view di Filippo Casagrande, head of insurance investment solutions di Generali Asset & Wealth Management, che traccia un bilancio di questi primi tre mesi di conflitto, dando qualche indicazione su come rivedere l’asset allocation.
L’esperto sottolinea come, dopo le pesanti perdite subite durante il mese di aprile sia nel comparto obbligazionario sia in quello azionario, si sia registrato nella seconda settimana di maggio un timido accenno di recupero.
“I tassi core – fa notare -, dopo essere saliti di altri 10-25 punti base nella prima settimana, sono tornati a scendere.” L’irripidimento delle curve, a detta di Casagrande, dovrebbe però essere temporaneo: l’aumento dei tassi Bce e Fed dovrebbe infatti favorire un nuovo appiattimento, con una possibile re-inversione della curva statunitense.
“Gli spread pubblici e privati hanno continuato a muoversi al rialzo, ma quelli pubblici hanno ritracciato in misura più marcata nella seconda settimana – prosegue -. Lo spread Btp-Bund, dopo aver sfondato quota 200 pb, è sceso nuovamente in area 190 pb. Per contro, gli spread del credito hanno segnato aumenti significativi: +17 pb per l’investment grade europeo, +47 pb per l’high yield europeo. Negli Stati Uniti, in forte rialzo l’hy (+70 pb), che finora si era difeso bene in termini relativi”.
Per quanto concerne il mercato azionario, l’indice Msci World ha segnato un ulteriore calo del 3,2% dai livelli di fine aprile. “A guidare i ribassi – evidenzia l’esperto – ancora una volta in comparto growth (-5,4% in Europa vs un calo dell’1,1% segnato dal value), con il Nasdaq in calo del 4,2% ma in rialzo del 6% dai minimi segnati nel mese. Male anche la Cina (Msci China -6,9%), dove pesano le dure politiche di lockdown contro il Covid”.
Ora, secondo Casagrande, rispetto allo scenario di fine aprile si comincia a registrare un certo affaticamento nelle dinamiche di crescita che comincia a pesare sulle aspettative di rialzo dei tassi. “Si potrebbe trattare di una prima importante stabilizzazione dei tassi governativi (almeno statunitensi) e se dovessimo vedere una diminuzione della volatilità dei tassi, questo potrebbe favorire un ritorno dei flussi in questa classe di attivi, stabilizzando così il mercato obbligazionario governativo”.
Per quanto concerne, invece, gli attivi più rischiosi, Casagrande frena e segnala che l’incertezza rimane elevata. “L’aumento dei tassi reali ha sì portato ad una riduzione dei multipli di borsa, ma non abbiamo fin qui assistito ad una correzione delle stime di crescita degli utili delle imprese – afferma -. In caso di un proseguimento dei segnali di rallentamento della crescita, ciò si tradurrebbe in pressioni al ribasso sulle stime, potenzialmente pesando quindi sui listini azionari e i settori a maggior beta del mercato del credito”.
Dunque, l’esperto mantiene un sottopeso nella componente azionaria. “Gli aumentati rischi sulla crescita pesano sull’attrattività di questa classe di attivi, nonostante un calo già significativo dei multipli di borsa – argomenta -. La maggiore correzione del comparto growth e dei listini americani rispetto al comparto value e alle borse in Europa avvenuta nell’ultimo mese è stata significativa e suggerisce una maggior cautela nei posizionamenti relativi all’interno di questa asset class”.
Passando all’obbligazionario, per Casagrande le soglie psicologiche del 3% per il tasso decennale Treasury e dell’1% per il Bund rappresentano un possibile livello per spostarsi verso un atteggiamento più costruttivo sui governativi. “Il trade-off tra politiche monetarie restrittive e impatto sulla crescita diventa infatti sempre più evidente, e ciò potrebbe scoraggiare ulteriori spinte al rialzo dei rendimenti. Manteniamo una preferenza per le parti lunghe rispetto alle parti brevi, dove i rendimenti possono ancora muoversi verso l’alto in ragione delle politiche monetarie di Fed e Bce”, puntualizza.
Al tempo stesso, l’esperto continua a cercare occasioni di investimento nel mondo obbligazionario non-governativo. In particolare, tra le nuove emissioni nel credito investment grade di qualità, particolarmente a sconto e quindi a spread molto interessanti, che possono essere il modo migliore per aggiungere esposizione credito. “Con lo stesso principio e attenzione alla selezione – aggiunge -, alcuni nomi nella fascia meno rischiosa del comparto high yield europeo risultano attraenti. Ribadiamo la maggiore cautela sul mercato high yield americano, i cui spread rimangono ancora compressi relativamente al mondo europeo ed emergente, nonostante i rialzi degli ultimi giorni”.
Confermato poi anche l’interesse verso il comparto dei bond emergenti in valuta locale, dove i rendimenti offerti sono molto elevati grazie all’azione preventiva della maggior parte delle banche centrali emergenti. “I bond emergenti in valuta locale sono una delle poche categorie di attivi che mostra ritorni positivi dall’inizio dell’anno e riteniamo che ciò possa continuare – assicura -. Similmente, anche i listini azionari emergenti sono meglio posizionati a quelli dei paesi sviluppati e le valutazioni relative ancora vicine ai minimi storici suggeriscono che sia un buon momento per considerare un’allocazione maggiore a questa classe di attivi”.
Infine i private assets, debito ed equity. Qui Casagrande va avanti nell’allocazione, ma con un forte focus su specifici settori e geografie.
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