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Puntare esclusivamente sulle società “pure players” come Tesla potrebbe essere limitante, non solo dal punto di vista del portafoglio
Daimler, Volvo e Volkswagen, ma anche Toyota e Stellantis (Fiat Chrysler/Psa): sono i nomi dei grandi produttori di automobili tradizionali su scala globale, ma pochi sanno che sono anche fra le aziende che più investono nella transizione sostenibile e nei nuovi veicoli elettrici.
Daimler e Volvo si sono poste l’obiettivo di produrre per il 50% auto elettriche entro rispettivamente il 2025 ed il 2030, mentre Volkswagen mira a vendere 1,5 milioni di veicoli elettrici all’anno entro il 2025.
Da ultima, si è inserita in questa pattuglia anche Ford che ha promesso di vendere solo auto elettriche in Europa e in Gran Bretagna entro il 2030: tutte le auto avranno l’opzione elettrica o ibrida entro il 2026, ed entro la fine del decennio le vetture vendute nel Vecchio Continente saranno elettriche. Ford è impegnata a investire 22 miliardi di dollari a livello globale per la tecnologia elettrica entro il 2025.
“Complici i risultati stellari in Borsa negli ultimi 12 mesi, oggi quando si pensa alle auto elettriche il primo nome a venire in mente è Tesla”, confermano Pietro Sette e Liron Mannie, research analyst di MainStreet Partners. Ma non è l’unica opportunità che si presenta per chi vuole cavalcare il trend della transizione ecologica nel settore automotive.
“La sostenibilità è in effetti un tema centrale in ogni settore dell’economia e guardando in particolare agli impegni delle case automobilistiche citate si può ben comprendere la portata del cambiamento”, aggiungono gli esperti.
Il ruolo dei green bond. Queste società hanno deciso di iniziare programmi di emissioni di green bond, uno strumento sempre più considerato la norma per finanziare la transizione energetica, contraddistinto da un elevato livello di trasparenza dei dati sulle metriche di impatto annuale e fortemente cresciuto negli ultimi anni – basti pensare che tra il 2014 e il 2019 i collocamenti annuali sono aumentati ad un ritmo medio del 40%.
“Per l’investitore, includere nel proprio portafoglio posizioni sui green bond vuol dire monitorare meglio l’impatto ambientale del proprio capitale, e contenere il rischio di un suo mal utilizzo, contribuendo a garantire una più efficace ed effettiva transizione energetica del settore dei trasporti”, spiegano Sette e Mannie.
Passando invece all’investimento azionario, puntare esclusivamente sulle società “pure players” come Tesla, oggi con corsi azionari che già scontano una importante crescita, potrebbe essere limitante non solo dal punto di vista del portafoglio, ma anche del suo contributo alla transizione verso un mondo sostenibile.
“Si possono infatti individuare sui listini azionari le società che hanno migliorato la propria impronta ambientale, sia incrementando la produzione di auto ibride ed elettriche, che efficientando il processo produttivo. In questo caso è infatti opportuno concentrarsi piuttosto che sulla tipologia di auto vendute, su come queste vengano prodotte, analizzando alcuni KPIs ambientali. Questi ci permettono a loro volta di ottenere un’immagine chiara della catena produttiva e di valutarne il livello di sostenibilità. Tra le aziende che reputiamo si stiano muovendo nella direzione giusta troviamo, ad esempio, Toyota Motor e Stellantis, che si distinguono per un utilizzo moderato di acqua ed un livello di emissioni di gas serra inferiore rispetto ai propri pari”, dicono gli esperti.
I rischi
Nonostante i target di decarbonizzazione rappresentino un importante allineamento strategico delle case automobilistiche tradizionali alla nuova regolamentazione ambientale Ue, e agli sforzi richiesti per contenere il cambiamento climatico, identifichiamo diversi rischi che lasciano intendere come la strada da percorrere sia tutt’altro che in discesa.
Per gli analisti di MainStreet Partners in primis c’è il rischio regolamentare, ovvero di non rientrare nei target Ue sulle emissioni massime di gas serra per auto prodotta, che ha infatti portato nel 2020 ad una multa di 100 milioni di euro per Volkswagen. “Un’altra indicazione utile in materia regolamentare ci viene fornita dalla Tassonomia Europea, “dizionario” delle attività sostenibili in corso di approvazione, che definisce “sostenibili” solamente veicoli che emettono meno di 50g di CO2/km – riportano gli esperti. Una riduzione della soglia di CO2 definita dal Regolamento UE non è da escludere nel medio periodo e le case automobilistiche continueranno ad essere caldamente incoraggiate ad allineare le proprie strategie con l’obiettivo europeo di ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030”.
Un secondo rischio di cui tenere conto è quello tecnologico. Secondo Sette e Mannie è inevitabile che processi di reshaping aziendale portino con sé difficoltà ed imprevisti. In questo caso, dipenderanno in buona parte dal ri-orientamento di competenze ingegneristiche dai motori tradizionali a sistemi di software code-driven, da cui dipende il successo di un’auto elettrica.
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