Bond inflation linked, ecco perché possono sovraperformare
Questo tipo di obbligazioni sono un buon elemento di diversificazione del rischio e meritano un posto nell’ambito di un portafoglio multi-asset o multi-strategia
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Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Ago – Set 2018 |
È il momento giusto per investire in obbligazioni convertibili, che per la loro natura ibrida sono in grado di reagire meglio al rialzo dei tassi rispetto ai bond tradizionali. “Siamo convinti da qualche tempo che l’uscita delle banche centrali dalla politica di straordinario stimolo monetario non possa che causare un aumento della volatilità, e che i bond convertibili offrano un modo attraente per giocare questa dinamica di mercato”, dice Alina Epifantseva, fund manager convertible bonds di Edmond de Rothschild. Secondo la fund manager, oltre alla relativa immunità al rialzo dei tassi questa asset class “dovrebbe beneficiare del driver offerto dall’M&A grazie alla clausola di protezione dai takeover (la cosiddetta clausola “ratchet” anti-diluizione, ndr) incorporata nella struttura del bond”, di cui per esempio ha già beneficiato la biotech belga Ablynx in occasione dell’acquisizione da parte di Sanofi. Epifantseva preferisce bond convertibili semplici, con un profilo balanced e connotati da convessità, che reagiscono cioè maggiormente a un rialzo azionario che a un ribasso di pari entità. Tra le aree degli emittenti viene prediletta l’Europa, perché oltre ai buoni dati macro che supportano questi titoli, “siamo convinti che il re-rating dell’equity europeo continuerà grazie al sostegno da parte della Bce e dalle politiche strutturali che stanno portando in molti Paesi a un mercato del lavoro più flessibile e a riforme del sistema pensionistico”, argomenta Epifantseva. La fund manager precisa che, “nel nostro scenario che vede un proseguimento della crescita in Europa e tassi in rialzo, preferiamo emittenti ciclici che possano beneficiare della leva operativa, come finanziari, assicurativi e materie prime”.
Anche Francesco Lomartire, responsabile Spdr Etf per l’Italia, è ottimista su questa asset class: perché l’opzione di conversione in azioni offre ritorni incoraggianti, legati alle correlazioni positive delle azioni con i rendimenti; ma anche perché con i rischi geopolitici in aumento la natura ibrida di questi titoli, grazie alla presenza del bond floor, può aiutare a limitare le perdite. Ma su cosa puntare?
“Generalmente gli emittenti di bond convertibili appartengono a settori ciclici, sono più orientati alla crescita e rappresentativi del segmento mid cap, caratteristiche strutturali che vanno ad impattare sulle esposizioni dei portafogli”, osserva Lomartire. Normalmente, spiega l’esperto, chi si rivolge ai bond convertibili intende esporsi su società growth, a beta più elevato e con dimensioni più ridotte rispetto alle large cap. “Tali caratteristiche sono più presenti nei settori tecnologici, delle comunicazioni e dei beni di consumo ciclici”, aggiunge Lomartire. Un altro aspetto che contraddistingue questi titoli è il delta: se è basso questi titoli si muovono più in linea con le normali obbligazioni, se invece è alto tendono a essere più sensibili alle variazioni dell’azionario.
“Se si considerano i convertibili dal punto di vista obbligazionario, a un delta più elevato corrisponderà un valore dell’opzione maggiore e di conseguenza premi rispetto alla pura componente obbligazionaria più elevati. L’approccio che ci contraddistingue mira a riflettere nel portafoglio uno spettro molto ampio per includere bond sia con delta elevato sia a delta ridotto, per cercare di catturare quanto più possibile la caratteristica dei bond convertibili di partecipare ai rialzi
azionari in misura maggiore di quanto subiscano l’impatto dei crolli grazie alla componente obbligazionaria”, afferma Lomartire.