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L’87% dei ceo e dei cfo si aspetta la recessione ma non ha paura. Il 38% punta sulla riqualificazione del personale. Sicurezza ed equità salariale sono ormai una priorità. La ricerca Mercer
Puntare sulle competenze e garantire ai propri dipendenti un alto livello di benessere aziendale. È la ricetta su cui puntano ceo e cfo globali per superare la crisi attuale e la recessione all’orizzonte. Il contesto di alta inflazione e tensioni geopolitiche sta infatti presentando alle aziende nuove sfide che mettono in discussione le scelte pianificate in precedenza. E ormai risulta chiaro a tutta la C-Suite che le strategie di crescita aziendale e di tutti i processi HR vanno ripensate radicalmente, con un focus maggiore su salute e produttività. La svolta emerge da un’indagine condotta da Mercer tra oltre 400 ceo e cfo in Europa e nel mondo, che hanno spiegato quali azioni hanno intenzione di mettere in campo per posizionare le proprie attività e le strategie della forza lavoro per il 2023.
La recessione non fa paura ma è caccia di talenti
Ceo e cfo non vedono la recessione come un ostacolo alla crescita, ma a loro parere tra le priorità vanno ripensati i modelli dei talenti. A fine 2022, l’87% degli executive aveva forte sentore di crisi e riteneva che l’economia mondiale fosse già in recessione o stesse per entravi. Per questo emerge con evidenza che la maggior parte dei top manager sta mettendo in atto strategie volte a rafforzare la resilienza delle imprese e a gettare le basi per una crescita sostenibile a lungo termine in vista di una recessione globale.
Nonostante le previsioni di crescita e il forte impegno per raggiungerla, la maggior parte delle aziende a livello globale sta pianificando una riduzione della forza lavoro per ottimizzare il personale in vista delle sfide che dovranno affrontare. Eppure, allo stesso tempo, crescono le preoccupazioni circa il recruiting dei talenti e la disponibilità delle competenze necessarie per soddisfare la domanda e tenere il passo con la crescita. Tanto che il 38% dei ceo e dei cfo prevede di accelerare con le iniziative volte alla riqualificazione. Una consapevolezza che porta al ripensamento radicale dei modelli di talenti, vera sfida del 2023, che vede nella ricerca di partnership e nella spinta sulle acquisizioni le strategie utili a colmare il gap delle competenze.
Equità salariale: la vera scommessa per il futuro
Per mitigare il rischio in risposta alle pressioni recessive, il 56% delle organizzazioni si sta focalizzando sul controllo dei costi e il 43% sull’aumento della responsabilità degli impiegati. Il 68% delle società quotate in borsa e di quelle con oltre 15.000 dipendenti, e il 57% delle società in generale, prevedono infatti di intervenire sulla forza lavoro, riducendone i costi e migliorandone produttività e benessere. D’altra parte, nonostante la quasi certezza di una recessione nel 2023, metà delle organizzazioni prevede di aumentare il proprio budget per le assunzioni. Un terzo degli intervistati adotta un approccio mirato pur se particolarmente sfidante: fornire un salario dignitoso, benessere finanziario, sicurezza del lavoro, equità salariale e benessere totale. Un terzo degli executive ritiene che garantire l’equità salariale sia una sfida significativa per il futuro.
Intelligenza artificiale sì, ma guidata dall’essere umano
La crescente disponibilità di dati in azienda dà sempre più spazio alla possibilità di avvalersi dell’intelligenza artificiale. Il 57% dei ceo e dei cfo prevede di aumentare l’uso dell’IA e dell’automazione in caso di recessione più profonda. Ma con una certa inquietudine e senza escludere mai l’intervento umano. Meno di un terzo sta riprogettando il lavoro per aumentare l’automazione, affidando le mansioni più strategiche al lavoro degli esseri umani.
Benessere come priorità
Tra le principali preoccupazioni di molti ceo e cfo spicca il benessere, che sta influenzando la pianificazione aziendale per il 2023. Dall’indagine emerge infatti che la sicurezza delle persone ha un’importanza superiore a molti altri fattori, tra cui la volatilità dei mercati finanziari e i sempre più elevati costi energetici. Uno dei motivi è evidenziato nello studio Global Talent Trends di Mercer che ha mostrato come la percentuale di dipendenti che si sentono energici al lavoro sia scesa dal 74% al 63% nei due anni di picco della pandemia. I dipendenti che si considerano in forze nei propri ruoli (cosa che si traduce in una maggiore produttività) sono tre volte più propensi nel dichiarare che le loro aziende offrono loro soluzioni per il benessere mentale e la prevenzione del burn out.
E i leader e i manager aziendali sono sempre più consapevoli dell’impatto che la cattiva salute fisica, mentale e finanziaria dei dipendenti può avere un impatto negativo sulle prestazioni dell’organizzazione. Sebbene un terzo degli executive a livello globale stia comunque pianificando una riduzione degli investimenti nel benessere della persona in caso di recessione più profonda, la maggior parte delle aziende sembra non essere miope di fronte alle categorie più deboli come giovani con famiglie, lavoratori prossimi alla pensione, disabili e altre categorie. Alcune organizzazioni stanno già pagando indennità per il costo della vita in aumento, ad esempio con aiuti per il pagamento delle bollette energetiche o l’erogazione di buoni spesa o buoni benzina. Infine, quando si tratta di pensionamento, quasi la metà dei dirigenti aumenta i contributi del datore di lavoro e un altro 45% incoraggia i dipendenti ad aumentare i risparmi per la pensione.
“L’incertezza economica mette l’intera C-Suite di fronte a scelte difficili”, spiega Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia, che sottolinea come ormai il tema delle competenze non è più solo una questione delle Risorse Umane, ma “viene affrontato su tutti i tavoli con un’attenzione, da una parte al taglio dei costi, dall’altra al trattenimento delle competenze che servono oggi e che soprattutto faranno la differenza domani”. “Lo studio mostra anche -conclude Morelli – come il tema del benessere in ufficio sia uscito dagli uffici marketing e sia entrato come prassi e strategia trasversale. Perché se si sta bene in azienda, si è anche più felici e produttivi.”
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