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L’analisi FIDA fotografa un settore che si prepara al decollo tra norme favorevoli e progetti pubblici. Tra i trend ricorrenti, la concentrazione sui mercati occidentali e un ruolo crescente della sostenibilità. Ecco la classifica dei migliori prodotti
*FInancial Analyst di Fida
Nel mondo degli investimenti, l’ingegneria finanziaria si fonde sempre più con l’innovazione per trasformare il tradizionale concetto di “cemento e acciaio” in vere e proprie architetture finanziarie capaci di generare rendimenti straordinari. Ecco allora che i fondi azionari specializzati in infrastrutture hanno progressivamente abbandonato il ruolo marginale di nicchia e si sono imposti come protagonisti di una rivoluzione silenziosa, in cui ogni operazione è studiata per disegnare le mappe del capitale del futuro. Per questo FocusRisparmio ha passato in rassegna i prodotti di categoria distribuiti in Italia alla ricerca dei best performer e di indicazioni sul possibili trend.
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Un universo in continua espansione
A tracciare i confini dell’universo di Osservazione è stata Finanza Dati Analisi (Fida), società di sviluppo applicazioni software per i servizi finanziari e analisi di dati nel risparmio gestito, che ha analizzato gli andamenti realizzati fino al 4 marzo 2025 dagli strumenti interessati. Quello che ne emerge è un ventaglio di oltre 300 strumenti a gestione attiva investibili, di cui un terzo disponibili alla clientela retail italiana, e oltre 40 ETF, di cui sei quotati su Borsa Italiana. Le società partecipate spaziano invece dalle reti di trasporto (autostrade, ferrovie, aeroporti e porti) alle aziende energetiche, oggi non più limitate alla sola produzione e distribuzione di elettricità o gas ma focalizzate anche sulle rinnovabili. Allo stesso tempo, quello delle telecomunicazioni viene fotografato come un settore in trasformazione: i data center, veri e propri templi della nuova economia digitale, stanno infatti diventano centri nevralgici dove i bit scorrono veloci e gli impianti idrici assumono un ruolo strategico nel garantire l’accesso a un bene essenziale.
E a fare da volano è la normativa italiana
Una vera e propria rivoluzione il cui propulsore viene individuato da Fida nelle tante iniziative avviate dalle autorità italiane negli ultimi anni. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con un impegno di oltre 20 miliardi di euro, ne costituisce l’esempi più rilevante: non è infatti solo un documento burocratico ma una mappa ricca di opportunità che trasforma gli investimenti infrastrutturali in volano di crescita. Nel frattempo, progetti come il piano di Ferrovie dello Stato per impianti fotovoltaici destinati a coprire una quota rilevante del fabbisogno energetico testimoniano come il settore stia rapidamente abbracciando la transizione ecologica. Un ulteriore tassello in questo mosaico finanziario lo rappresentano realtà come i Fondi Italiani per le Infrastrutture (F2i), che con la recente conclusione del Fondo V hanno raccolto oltre 1,5 miliardi di euro e rafforzato la loro leadership nel panorama degli investimenti ESG. Queste dinamiche non sono semplici operazioni di gestione patrimoniale ma autentiche sfide creative: chi sa leggere i codici genetici dei capitali diventa capace di disegnare le traiettoria dei prossimi decenni, fondendo sostenibilità e profitto in un unicum inscindibile.
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Dagli indici di categoria una fotografia positiva

Dopo aver tracciato il quadro di una rivoluzione silenziosa in cui le infrastrutture si trasformano in autentiche architetture finanziarie, l’analisi condotta da FIDA offre una disamina approfondita degli indici relativi a fondi ed ETF affiancati da un benchmark azionario europeo. Si tratta di metriche che testimoniano le diverse modalità operative e le sfumature di rischio-rendimento cui si associa l’investimento in questo settore, restituendo un’istantanea positiva. L’indice dei Fondi Azionari Infrastrutture, frutto di una gestione attiva e mirata, evidenzia ad esempio performance sorprendenti: un rendimento mensile attorno al 4%–5%, che diventa 79% su dieci anni, e una crescita annuale intorno al 25%. Questi risultati sono peraltro accompagnati da una volatilità contenuta: si registra, tra le altre cose, un’oscillazione dell’8% nell’ultimo anno e del 13% su periodi più lunghi mentre i drawdown non superano mai il 7% sul breve periodo. I rapporti di Sharpe e Sortino, rispettivamente pari a una media di due e sei sui 12 mesi, confermano inoltre la capacità di tradurre una gestione attenta in una solide prestazioni. In parallelo, l’indice degli ETF Azionari Infrastrutture presenta dinamiche leggermente meno brillanti. Le performance mensili si aggirano sul 3% e il rendimento annuo si attesta al 17%, mentre quello lungo termine risulta inferiore rispetto ai fondi attivi nonostante un incremento del 51% nel decennio. Anche in questo caso, la volatilità annuale si situa attorno tra il 9% e il 12% ma con una capacità ridotta di generare ritorni corretti per il rischio.
A completare il quadro l’Indice Azionario Infrastrutture Europa, utilizzato esclusivamente come benchmark, mostra una dinamica di breve periodo particolarmente vivace: performance mensili intorno all’8% e trimestrali al 7% ma a fronte di una volatilità significativamente più elevata, con oscillazioni annuali che raggiungono il 21% e drawdown del 23% in un anno. Si trattai di caratteristiche che sottolineano la natura più speculativa e meno omogenea dell’evoluzione del mercato azionario europeo nel settore infrastrutturale, fungendo da metro di paragone per valutare l’efficacia delle strategie gestionali adottate nei fondi e negli ETF.
La classifica dei fondi attivi

La classifica stilata da Fida rappresenta il top di gamma della categoria in termini sia di capacità gestionale sia di risposta alle dinamiche del settore. E il primo dato a emergere è l’importanza della gestione attiva, unita a una profonda conoscenza del comparto infrastrutturale, come fattore per ottenere rendimenti eccezionali e una solida gestione del rischio. Prendendo ad esempio il BNY Mellon Global Infrastructure Income, il cui rendimento mensile si aggira attorno al 5%, si osserva come esso abbia saputo tradurre le opportunità offerte dal comparto in un rendimento annuo vicino al 28%. Al pari dei suoi omologhi, il Raiffeisen Azionario New Infrastrutture ESG e il Russell Global Listed Infrastructure, questi fondi hanno registrato performance mensili che oscillano tra il 3% e il 6% e rendimenti a un anno compresi mediamente tra il 16% e il 28%, evidenziando una capacità non solo di cavalcare gli slanci del mercato, ma anche di contenere le oscillazioni, con drawdown a breve termine generalmente intorno al 6–7%.
L’analisi lookthrough dei portafogli effettuata con FIDAworkstation evidenzia una significativa convergenza nelle scelte d’investimento, con una serie di titoli ricorrenti che si distinguono per la loro frequente presenza tra i diversi fondi. In particolare, spiccano azioni di società riconosciute come veri e proprio pilatri del comparto infrastrutturale: da Enel a National Grid, da American Tower Corporation a Atmos Energy fino a Vinci e Iberdrola. Dallo studio emerge poi che i dieci titoli con il peso più elevato presentano posizioni individuali tra il 35% e il 40%. La composizione complessiva della top ten tende infine a rappresentare una quota significativa dell’esposizione totale del portafoglio, generalmente compresa tra il 60% e il 70%, a conferma di una marcata concentrazione del capitale su un numero limitato di esposizioni strategiche.
Sul fronte dell’esposizione geografica e valutaria, l’indagine rivela invece un profilo di elevata omogeneità. I titoli ricorrenti afferiscono prevalentemente a società con sede in Europa e Nord America, con una netta predominanza di strumenti denominati in euro e dollaro nonostante siano presenti esposizioni marginali in divise quali sterlina e yen. Quanto a costi correnti e commissioni, si possono osservare livelli che rafforzano il profilo competitivo di questi strumenti e permettono agli investitori di beneficiare di performance elevate senza gravosi oneri di gestione: il livello medio delle fees si aggira infatti sull’1,6%-2%. Un ulteriore tratto distintivo è infine rappresentato dal livello di sostenibilità, con veicoli come il fondo KIS che evidenziano un focus ESG.
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La classifica dei fondi passivi

Nell’ambito degli strumenti a gestione passiva, emergono invece dinamiche che riflettono approcci gestionali diversificati ma quasi sempre capaci di rispondere alle sfide e alle opportunità del settore. L’ETF Amundi IS MSCI Smart Cities ESG Screened si distingue ad esempio per una performance mensile attorno al 4% e per un andamento trimestrale simile, mentre il ritorno semestrale raggiunge il 17%. Risultati non dissimili da quelli year-to-date, pari al 5%, e annuale, pari al 21%. La volatilità, mediamente compresa tra il 10% e il 13% su orizzonti annuali e triennali, si accompagna a drawdown che variano dal 12% nel breve termine fino a circa il 36% su un periodo quinquennale. Anche l’iShares Smart City Infrastructure si configura come uno strumento particolarmente vivace, con risultati mensili e trimestrali rispettivamente attorno al 5% e al 4% ma pure una performance semestrale sul 15%. Il rendimento dell’anno corrente è intorno al 5% mentre quello a 12 mesi raggiunge il 19% e quello a 36 tocca il 30%. Pur presentando una volatilità annuale pari a zero, probabilmente dovuta alla particolare metodologia di calcolo, i valori sul medio termine si aggirano tra il 9% e il 15% mentre i drawdown si mantengono a livelli moderati.
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