Investitori istituzionali in fuga dal dollaro
Trump ha annientato la propensione al rischio a favore di bond e liquidità. E la parola d’ordine è cautela. Il biglietto verde? Non è più un rifugio. Gli Institutional Investor Indicators di State Street
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Sta per calare il sipario sul primo semestre del 2022. E l’azionario ha poco da festeggiare. L’S&P 500 è in calo, dall’inizio dell’anno, di circa il 20% e rischia di archiviare i primi sei mesi come i peggiori dal 1970, quando perse il 21,01%. Regina indiscussa dei timori degli investitori resta l’inflazione che, complici le banche centrali, potrebbe presto portare l’economia globale in recessione. Eppure sono in molti a pesare che per l’equity non sia ancora il momento di alzare bandiera bianca.
“Un sentiment negativo è predominante, mentre gli eccessi delle precedenti fasi di mercato rialzista vengono meno e, nonostante tutto, l’indice Vix è cresciuto in maniera limitata. Almeno per quanto riguarda il fronte azionario, si tratta di un mercato ribassista relativamente ‘ordinato’ e non certo di una fase di panico”, commenta Lewis Grant, senior portfolio manager global equities di Federated Hermes.
Secondo l’esperto, infatti, per chi adotta una prospettiva di lungo periodo, la storia non è cambiata: i mercati in calo offrono valutazioni più interessanti per le società di alta qualità che presentano un vantaggio competitivo. “La chiave per gli investitori sarà capire quali sono i nomi che hanno questo vantaggio competitivo e se sono gli stessi nomi in grado di sopravvivere a questo contesto inflazionistico”, afferma.
Grant non ha dubbi, ad esempio, che il movimento verso un’economia e una società più sostenibili continuerà ad andare avanti. “Continuiamo a ritenere che le società che generano ricavi sostenibili, come quelle che seguono i dettami che discendono dagli SDGs delle Nazioni Unite, abbiano un vantaggio strutturale di crescita rispetto agli omologhi – afferma -. E riteniamo anche che saper individuare quelle società che aumentano la propria attenzione sul tema della sostenibilità, vale a dire quelli che per noi saranno i cosiddetti leader di domani, rappresenti un’eccezionale opportunità di mercato. In generale, per superare l’attuale tempesta, la diversificazione continuerà a rivelarsi di cruciale importanza”.
Non si lascia impressionare dai segni meno neppure Marco Oprandi, head of cross asset solutions di Cirdan Capital, per il quale la probabilità che si verifichi una recessione nei prossimi 12 e 24 mesi è rispettivamente del 30% e del 50%. In ogni caso, a suo parare le attuali prospettive di recessione sono di natura ciclica, in quanto dettate dalle politiche anti-inflazione delle principali banche centrali.
“In questo panorama – spiega quindi Oprandi – prediligiamo i titoli del settore bancario, che reputiamo possano beneficiare del corrente aumento dei tassi. Mentre, considerando i forti ribassi per il settore energetico, stimiamo che i titoli energetici siano ‘scontati’ rispetto al loro valore e potenziale. Una categoria di azioni che vediamo come interessante in questo periodo di incremento dei tassi di interesse sono quelle con short duration, le quali sono solite generare una buona parte dei cash-flows nel breve termine, rendendole più competitive rispetto agli asset risk-free, come i Treasury bond”.
René Kerkhoff, fund manager, analyst internet, tech, retail & automotive di DJE Kapital, si sofferma sulle aziende tecnologiche sottolineando come l’attuale sell-off, e quindi le valutazioni molto più convenienti in un settore in cui le tendenze strutturali di fondo sono intatte, potrebbero ora portare a un aumento delle fusioni e delle acquisizioni.
“Nel settore tecnologico, le aziende specializzate in cybersecurity sono particolarmente interessanti – assicura -. A causa della crescente digitalizzazione delle aziende e dell’attuale conflitto in Ucraina, anche la vulnerabilità agli attacchi informatici sta aumentando in tutto il mondo. La domanda di soluzioni di sicurezza informatica aumenterà almeno quanto il tasso di digitalizzazione delle aziende, semplicemente per proteggere la proprietà intellettuale. Di conseguenza, il settore sta affrontando investimenti elevati, tanto che il fatturato globale della sicurezza informatica potrebbe aumentare di quasi il 60%, raggiungendo i 345 miliardi di dollari entro il 2026. Tanto più che a gennaio, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato che le aziende e le istituzioni governative dovranno convertire le loro reti in un’architettura a fiducia zero entro il 2025”.
Non solo. Secondo Kerkhoff, esistono interessanti opportunità di investimento anche per i fornitori di cloud e software, spesso caratterizzati da margini elevati e ricavi ricorrenti. Certo, al momento è necessario analizzare esattamente quali sono le società tecnologiche in cui vale la pena investire. Ma un’eventuale recessione potrebbe addirittura favorire i titoli tech. “L’inflazione si raffredderebbe, la pressione dei tassi d’interesse diminuirebbe e la crescita potrebbe tornare a essere finanziata in modo più conveniente. Un altro elemento a favore dei titoli tecnologici è la loro minore dipendenza dai prezzi delle materie prime e dalle catene di approvvigionamento, che di solito riescono a trasferire bene gli aumenti di prezzo ai clienti”, conclude.
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