Dopo anni di predominio del growth, dovuto non solo ai trend secolari ma anche ai tassi a zero, con il ritorno dell’inflazione è partita la rotazione di stile, che secondo gli esperti è destinata a durare. Tra i titoli preferiti, healthcare e finanziari
Dopo anni in cui i mercati finanziari avevano registrato il dominio incontrastato dei titoli growth, gli ultimi tempi hanno visto il value investing prendersi una rivincita e resistere meglio alla volatilità rispetto alle controparti a elevata crescita. Sicuramente l’inflazione è stata un elemento importante in questa dinamica, perché favorisce i titoli value rispetto a quelli growth. Ma l’interrogativo ora riguarda quanto questo scenario possa protrarsi, o se il ritorno di una maggiore attenzione ai trend secolari – sui quali tradizionalmente sono esposti i titoli growth – non porrà fine presto alla ripresa del value. E quali siano le migliori strategie di posizionamento da adottare.
Usa vs Europa
Intanto, nella dinamica generale si registra un disallineamento geografico, con una migliore performance dei titoli value Usa rispetto a quelli europei. Richard Halle, gestore di M&G (Lux) European Strategic Value Fund, tra i fondi che hanno meglio performato in Europa nel value investing, spiega questo decoupling alla luce delle diverse dinamiche nelle rispettive aree. “La ragione della sottoperformance del value nell’ultimo decennio è stata un po’ differente. Negli Stati Uniti, le società growth a grande capitalizzazione come i FAANGS hanno dominato il mercato. In Europa, invece, sono state le società di qualità più stabili a raccogliere capitali, in quanto la ricerca di rendimento degli investitori in un contesto di tassi d’interesse bassissimi li ha portati ad abbandonare le obbligazioni per passare a quella che viene percepita come la parte più sicura del mercato azionario. Pertanto, la rotazione verso il value sarà diversa nelle due regioni. Detto questo, ciò che accomuna le due aree è il fatto che la dispersione delle valutazioni si è ampliata a dismisura. La crescita a qualsiasi prezzo è altrettanto insostenibile della qualità a qualsiasi prezzo. Ora vediamo il riconoscimento universale che la valutazione ha un ruolo importante nella performance a lungo termine degli investimenti azionari”.
Per quanto riguarda il posizionamento, Halle ritiene che sia un errore quello di concentrarsi sulle “principali idee di investimento del fondo” perché è difficile capire quali saranno i titoli migliori (e i peggiori). “La cosa più importante per noi – argomenta il gestore- è avere in portafoglio molti titoli che riteniamo ‘sensibili alle buone notizie’. Questo è il caso attuale”.
Richard Halle, gestore del M&G (Lux) European Strategic Value Fund
La strategia di Halle è concepita sulla base della costruzione di un portafoglio ben diversificato “per contrastare alcune delle insidie intrinseche del value investing”, in cui lo stile value, combinato con una selezione di titoli e una costruzione di portafoglio attente, “sia in grado di produrre un alpha sostenibile per i nostri investitori finali. Per questo motivo, ci asteniamo deliberatamente dal detenere pochi titoli selezionati ad alta convinzione e limitiamo il sovrappeso in qualsiasi titolo al 3% del fondo”, aggiunge Halle. E alla domanda se ci siano attualmente delle opportunità da monitorare nel growth, il gestore risponde: “Neanche lontanamente”. Perché seppur in presenza di una rotazione verso il value, le valutazioni del growth non hanno raggiunto livelli particolarmente interessanti.
Una dinamica persistente
Gli esperti sembrano concordare sul fatto che la predominanza dello stile value continuerà a tenere banco sui mercati. Ne sono convinti gli esperti di T. Rowe Price, che non si aspettano un cambiamento di paradigma a breve. Secondo Ritu Vohora, Investment Specialist, Capital Markets della società, sulla crescita dei titoli growth, che nel recente passato era stata favorita da trend strutturali, bassa inflazione, bassi tassi di interesse e abbondante liquidità, potremmo “aver raggiunto un punto di flesso strutturale”. E anche se ci troviamo in uno scenario in divenire, “l’inflazione più persistente e l’aumento dei tassi modificano il panorama degli investimenti e favoriscono una rotazione più sostenibile verso gli investimenti orientati al value”.
Intanto, sottolinea Vohora, i titoli value continuano a trattare a sconto rispetto a quelli growth, nonostante la sovraperformance di quest’anno (l’indice MSCI World Value ha superato l’MSCI World Growth di oltre 15 punti percentuali). Infatti, “il premio del rapporto P/E per il growth rispetto al value è attualmente pari al 61%, ancora ben al di sopra della mediana del 36% degli ultimi quattro decenni. Ciò lo colloca nell’87° percentile delle osservazioni dal 1984. Inoltre, gli spread di valutazione nella maggior parte dei Paesi sono ancora al di sopra dei livelli storici medi, presentando buone opportunità per gli investitori orientati al value”. Tuttavia, aggiunge Vohora, è importante comprendere i rischi secolari e concentrarsi sui fondamentali.
Più cauto Sebastien Mallet, portfolio manager del T. Rowe Price – Global Value Equity Fund, il quale afferma che, guardando avanti, sono tre gli scenari che si potrebbero profilare. “Nel primo torniamo a un contesto simile a quello degli ultimi dieci anni: l’inflazione scenderà così come i tassi di interesse e i titoli growth torneranno a sovraperformare. Nel secondo vediamo un eccesso di debito, fattori demografici sfavorevoli, ma un maggiore focus sugli obiettivi green. In questo caso vedremo un buon bilanciamento tra growth e value, dato che resteranno operative le logiche che hanno sostenuto il growth, ma i metalli e le materie prime necessarie alla transizione saranno di beneficio per il value. Nel terzo scenario tutto cambia: l’inflazione resta elevata e i governi introducono politiche in linea con la MMT (modern monetary theory, ndr), vediamo una svolta green e la Cina porta avanti il processo di deglobalizzazione”. Uno scenario che sosterrebbe un aumento dell’inflazione, a beneficio del comparto value. Non è possibile vedere quale scenario prevarrà, ma per Mallet “al momento i segmenti più interessanti sono healthcare, utility e finanziari, i settori che sovrappesiamo rispetto al benchmark”.
Punta sul value anche Laurence Bensafi, deputy head of RBC Emerging Markets Equity di RBC Global Asset Management, il quale ricorda che tra il 2010 e il 2020 molti fattori avevano concorso a creare un contesto sfavorevole per questo stile di investimento: una mancata ripresa dalla crisi finanziaria globale, i bassi tassi di interesse e l’ascesa della new economy. Poi ci sono stati diversi elementi che hanno innescato la rotazione verso il value: prima l’arrivo dei vaccini per il Covid e l’elezione di Biden negli Usa, che hanno scatenato un “relief rally”; poi la stretta cinese sul settore Internet; la nuova consapevolezza che l’inflazione non sarebbe stata un fenomeno transitorio; infine, l’invasione russa dell’Ucraina, che ha scatenato la crisi energetica e riacceso i timori su una persistenza dell’inflazione. “A nostro avviso, la rotazione non è finita e continuerà sulla base di valutazioni ancora eccessive, di dati deludenti sugli utili provenienti dal settore tecnologico e di una rivalutazione dei titoli finanziari e ciclici. I settori ciclici dell’industria, dell’energia e dei materiali sono pronti a godere dei benefici derivanti dal processo globale di decarbonizzazione, un movimento che sta rapidamente raggiungendo la massima priorità a livello mondiale”, conclude Bensafi.
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