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Dopo un anno di margini da record, si prospetta un altro anno d’oro per le banche italiane. La previsione arriva direttamente dall’ultimo outlook sul settore di S&P Global Ratings, che sottolinea come l’industria del credito tricolore sia destinata a sovraperformare quelle degli altri Paesi europei nel corso del 2024. Merito dell’ottima marginalità ma anche di un capacità di generare utili ben sopra la media del Vecchio Continente. Due fattori che aiuteranno a compensare le perdite su crediti e creeranno ampi cuscinetti contro altri shock.
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Secondo il documento, il rendimento ponderato del capitale proprio (common equity) attribuibile agli istituti di casa dovrebbe raggiungere circa il 14% per l’anno in corso mentre quello delle rivali britanniche e spagnole rischia di non superare il 12%. Ancora più basso il dato delle competitor francesi e tedesche, che promettono di fermarsi addirittura al 6% e al 7%. Contestualmente, il margine di interesse rimarrà in media superiore del 50%-55% rispetto alla pandemia e toccherà il picco quando il pieno effetto sui prestiti dell’aumento del tasso di offerta interbancario dell’euro si farà sentire: un evento che dovrebbe verificarsi nel primo trimestre.
Non solo redditività, però. I gruppi bancari italiani esaminati da S&P vantano tutti prospettive stabili e, malgrado il probabile rallentamento allo 0,6% dell’economia nazionale, la maggior parte di loro dovrebbe riuscire a chiudere l’anno con risultati d’esercizio positivi. Un percorso che, anche con un margine di interesse in calo da giugno in avanti, consentirà di arricchire gli accontamenti senza rinunciare alla distribuzione di dividendi. Le società hanno infatti già adottato misure per stabilizzare il reddito netto da interesse con strategie di coperture e replica dei portafogli, anche se lo scenario su cui queste misure sono tarate resta quello di un taglio dei tassi Bce. “Consideriamo l’industria tricolore meglio predisposta ad affrontare i cali rispetto al decennio passato”, ha detto l’analista di S&P Mirko Sanna. Che ha aggiunto come la visione dell’agenzia Usa sia dovuta a tre fattori: “Un più efficace controllo del rischio, aziende debitrici più solide e più ampie basi di capitale”. Una visione cui lo studio aggiunge però un precisazione: le differenze esistenti nella qualità del credito tra società diventeranno più evidenti nel momento in cui emergeranno i punti di forza relativi nella qualità degli attivi, nella raccolta e nel profilo di liquidità.
Costi e ricavi delle banche italiane dal 2019 al 2025 (stime). Dati in miliardi di euro. Fonte: Banca d’Italia, S&P Global Ratings.
Sebbene i tassi di insolvenza rimangano bassi e al di sotto delle aspettative, S&P ritiene probabile che le sofferenze aumenteranno nei prossimi trimestri. “L’effetto dell’inflazione elevata, dell’aumento dei tassi di interesse e dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento porterà inevitabilmente a un deterioramento della qualità degli attivi in Italia e altrove”, si legge infatti nel report. Si tratterà, però, di un aumento contenuto rispetto alla media dell’Eurozona: da 60-65 punti base del totale dei prestiti nel 2023 a 70-80 punti base nel 2024. Un risultato cui dovrebbero sommarsi anche i potenziali benefici derivanti dalle garanzie governative su oltre 200 miliardi di euro di finanziamenti concessi alle pmi e alle società più grandi come parte del Pnrr. “Queste garanzie forniscono un significativo cuscinetto per le perdite di credito nei prossimi due o tre anni poiché sono pari all’80%-100% del valore delle erogazioni coperte”, aggiunge il documento.
C’è poi anche un effetto benefico proveniente dal quadro macro. L’agenzia prevede infatti la graduale ripresa economica prevista oltre il 2024 sarà fondamentale per la qualità degli attivi. Sia perché il taglio dei tassi dovrebbe ripercuotersi positivamente sui tassi di insolvenza delle famiglie con mutui a tasso variabile, saliti allo 0,9% dallo 0,5%, sia perché il 70% dei mutui residenziali in Italia è stato acceso o rinegoziato prima della stretta Bce e quindi vanta un tasso fisso o altre condizioni comunque favorevoli.
Flussi dalle esposizioni performing e non performing. Dati in miliardi di euro. Fonte: Banca d’Italia, bilanci societari, Pwc, Ifis e S&P Global Ratings.
Un confronto tra lo NPE ratio delle banche italiane il Pil reale del Paese dal 2008 al 2025. Dati in percentuale. Fonte: S&P Global Ratings.
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I dati di S&P Global Rating arrivano nel giorno in cui l’Associazione bancaria italiana si è rivolta all’Unione Europea con un documento per chiedere interventi normativi. Tra le misure in gestazione a Bruxelles che “possono creare problemi”, il presidente di Abi Antonio Patuelli ha citato in particolare il pacchetto bancario e l’attuazione di Basilea. Entrambe riforme le cui misure attuative dovranno essere emanate dalle istituzioni e dalle autorità competenti (prevalentemente l’Eba o definiti attraverso future proposte legislative. “Trattandosi di regole che possono avere pesanti impatti sulle banche in termini di assorbimento di capitale e costi di implementazione, sarà importantissimo calibrare priorità e tempi di esecuzione per permettere agli istituti di adeguarsi senza compromettere l’efficacia del proprio compito di sostegno alla crescita”, spiega la lettera. Che aggiunge come, in quest’ottica, assuma particolare importanza anche “la revisione di alcune regole sulla ristrutturazione dei crediti”. Un versante sul quale “bisogna evitare assolutamente di ostacolare le misure a sostegno dei debitori in difficoltà, determinanti in una fase economica tanto incerta”.
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