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Secondo la società, gli istituti stanno affrontando una crisi di fidelizzazione. Colpa della scarsa personalizzazione, delle difficoltà nell’onboarding e delle inefficienze dei contact center
Per le banche retail non è mai stato così difficile trasformare i clienti potenziali in clienti reali. Tra inefficienze dei processi di onboarding, difficoltà nel personalizzare il rapporto e deludenti esperienze con i contact center, ben tre quarti dei titolari di carte di pagamento si dichiarano infatti insoddisfatti e sono pronti a cambiare istituto. È quanto emerge dal World Retail Banking Report 2025 del Capgemini Research Institute, che mostra gravi lacune nell’attrattività degli istituti tradizionali nei confronti dei nativi digitali.
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La crisi di fidelizzazione
L’indagine ha coinvolto 200 dirigenti senior, settecento membri di team di marketing e ottomila clienti di età compresa tra i 18 ed i 45 anni, evidenziando una forte crisi di fidelizzazione. Basti pensare che appena il 26% dei titolari di carte è soddisfatto del servizio e quasi uno su due abbandona il processo di onboarding a causa dei passaggi troppo macchinosi. E poichè il il 73% dei titolari è motivato principalmente dall’accesso a esperienze esclusive o programmi di cashback e premi, i manager stanno correndo ai ripari dando priorità a esperienze omnicanale ma anche accrescendo l’offerta di premi e incentivi.
I clienti cercano esperienze personalizzate…
Il report sottolinea come il settore bancario stia attraversando un’importante trasformazione, guidata dalla diffusione dei pagamenti contactless e remoti. I regolamenti istantanei da conto a conto (A2A) sono al centro del cambiamento e, secondo i dirigenti del settore, potrebbero ridurre del 15%-25% la crescita futura del volume delle transazioni con carta. Oggi queste ultime non sono più solo mezzi di pagamento ma strumenti finanziari completi, spesso l’unico elemento fisico della banca in possesso del cliente. E l’88% dei manager a livello globale considera l’espansione dell’offerta di premi e incentivi come il metodo più efficace per aumentare il coinvolgimento dei clienti e migliorarne la soddisfazione.
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…ma le banche faticano a differenziarsi
Non tutti i programmi fedeltà, però, raggiungono l’obiettivo: il 50% dei clienti è infatti indifferente e il 24% insoddisfatto. Ne deriva che l’attaccamento alla propria banca è basso e che tre su quattro potrebbero facilmente cambiare, dato che gli istituti retail faticano a differenziarsi nonostante dispongano di ampie fonti di dati per personalizzare l’esperienza. In questo senso, i team di marketing citano come principali sfide la forte concorrenza da parte delle banche di nuova generazione e di altri fornitori di carte di pagamento (83%), messaggi inefficaci e proposte di valore poco chiare (72%), una conoscenza insufficiente della clientela (66%) e un processo di richiesta delle carte troppo complesso (34%). “Per attrarre e mantenere i digital-native, particolarmente attenti alla user experience, è necessario un cambio culturale da parte degli operatori che metta i clienti al centro di ogni fase del journey delle carte di pagamento, dalle campagne informative al processo di onboarding fino ai programmi fedeltà”, avverte Dario Patrizi, financial services director di Capgemini in Italia. Per l’esperto sono i contact center il vero tallone d’Achille: “Per potersi differenziare, le banche devono trasformarli in hub intelligenti focalizzati sull’engagement e in grado di stupire positivamente”, chiarisce.
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Un onboarding troppo faticoso
Altra criticità per cui le banche stanno perdendo una quota significativa di potenziali clienti è il processo di onboarding. A livello globale, infatti, quasi la metà dei nativi digitali (47%) abbandona la procedura a metà percorso a causa di un’esperienza insoddisfacente. Non solo. Allo stesso tempo, solo il 3% dei team di marketing ritiene questo processo davvero fluido. E la percentuale sale al 6% nelle Americhe, mentre scende al 2% nell’area APAC e all’1% in Europa. Tra le maggiori difficoltà spiccano il fatto che il 75% dei clienti fornisce una documentazione incompleta, causando ritardi, e che il 75% degli istituti incontra ostacoli nella verifica dell’identità dei richiedenti. Inoltre, il 61% è sopraffatto dal volume di domande a causa della mancanza di automazione. Attualmente, evidenzia il report, meno di un terzo (29%) della raccolta dati è completamente automatizzato tramite A o Gen AI mentre il potenziale di queste tecnologie è enorme. Tanto che il 41% dei dirigenti prevede di dare priorità alla digitalizzazione e delle procedure di richiesta di prodotti e servizi.
Perché puntare su contact center intelligenti
I contact center giocano poi un ruolo cruciale nella percezione del brand. Tuttavia, l’indagine rivela che solo il 24% dei clienti si dichiara soddisfatto delle interazioni con questi servizi. Molti segnalano ad esempio tempi di attesa lunghi, comunicazioni incoerenti e una scarsa integrazione tra canali digitali e filiali. Garantire un’esperienza fluida attraverso tutti i touchpoint è invece essenziale per offrire un servizio efficiente, tanto che l’86% dei dirigenti prevede di dare priorità alle esperienze omnicanale nei prossimi dodici mesi proprio per migliorare il coinvolgimento dei clienti.
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Secondo Capgemini, la modernizzazione dei contact center digitali permetterà agli istituti di ridefinire il loro impatto e gestire un volume elevato di interazioni. Fondamentale è il contatto proattivo. Il 43% dei clienti si rivolge infatti agli operatori per segnalare carte smarrite o rubate: sfruttare i dati per anticipare le necessità e offrire assistenza tempestiva può migliorare l’esperienza. Cruciale sarà anche la risoluzione di problemi in tempo reale. Sono ben il 48% coloro che chiedono supporto per l’attivazione della carta: le banche dovranno dotarsi di opzioni di self-service basate su intelligenza artificiale per risolvere più rapidamente i problemi. Infine, con il 65% dei clienti che contatta gli operatori per contestare transazioni, importante è anche il supporto basato sul sentiment: l’analisi di questo tramite AI può infatti interpretare tono e intenzioni per offrire soluzioni empatiche e su misura.
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