Eurozona, la seconda ondata frena la ripresa: -7,3% il Pil 2020
Per Ifo, Istat e Kof, nel quarto trimestre -2,7%. Il recupero è atteso timido nel primo trimestre 2021 (+0,7%) e più deciso nel secondo (+3,0%). Ma c’è “elevata incertezza"
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Nonostante le prospettive “incoraggianti” derivate dai vaccini, il Covid seguita a far paura e i suoi effetti sull’economia continueranno ad essere pesanti. Non si lascia andare all’ottimismo la Banca centrale europea nel suo ultimo bollettino, dove mette nero su bianco che per raggiungere l’immunità servirà ancora tempo e che dunque la pandemia “continua a offuscare le prospettive economiche mondiali”. Per questo il board di Francoforte continua a vigilare, rimanendo pronto ad agire nuovamente se necessario, e raccomanda ai governi di non fermare il sostegno fiscale, pur lanciando l’allarme sulla sostenibilità dei bilanci di alcun Paesi, Italia in primis.
Secondo gli economisti dell’Eurotower, la seconda ondata e le conseguenti misure di contenimento a partire da metà ottobre “dovrebbero determinare un nuovo calo significativo dell’attività nel quarto trimestre, sebbene in misura molto inferiore rispetto a quanto osservato nel secondo trimestre di quest’anno”. Il bollettino specifica poi che il settore manifatturiero continua a mostrare una buona tenuta, mentre nel comparto dei servizi l’attività è ancora fortemente frenata dall’incremento dei tassi di contagio e dalle nuove restrizioni. “In un contesto caratterizzato dalla debolezza della domanda e da un significativo sottoutilizzo della capacità produttiva nei mercati del lavoro e dei beni e servizi, l’inflazione rimane molto bassa”, si legge.
Nel complesso, i dati più recenti e le proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti dell’Eurosistema a dicembre 2020 segnalano un impatto della pandemia sull’attività economica più pronunciato nel breve termine e una debolezza dell’inflazione più duratura rispetto a quanto precedentemente previsto. Ed è in tale contesto che, lo scorso 10 dicembre, il consiglio direttivo ha deciso di ricalibrare i propri strumenti di politica monetaria: in particolare il rilancio a 1.850 miliardi di euro del piano di acquisti di debito per l’emergenza pandemica, esteso “almeno sino alla fine di marzo 2022”, e il potenziamento dei maxi-finanziamento Tltro-III per il credito all’economia. Strumenti che, appunto, il board è pronto ad adeguare, anche per assicurare che l’inflazione continui ad avvicinarsi stabilmente all’obiettivo.
E veniamo ai governi. L’Italia, assieme a Spagna, Francia e Slovacchia, registrerà nel 2021 i disavanzi “più elevati” nell’Eurozona con percentuali superiori al 7,5% del Pil. Tuttavia, “in ragione della brusca contrazione dell’economia dell’area dell’euro, un orientamento di bilancio ambizioso e coordinato rimarrà essenziale fino a quando non si registrerà una ripresa duratura”spiega la Bce, dopo che la Commissione europea, per Belgio, Grecia, Spagna, Francia, Italia e Portogallo, ha chiesto attenzione alla sostenibilità di bilancio a medio termine.
Francoforte avverte però che “il sostegno di bilancio dovrebbe tuttavia continuare a rimanere su livelli elevati” e “finché l’emergenza sanitaria persiste e la ripresa non è in grado di autoalimentarsi, sarà importante prorogare le misure temporanee al fine di scongiurare la possibilità di variazioni brusche e significative (cliff effects)”.
Il bollettino parla anche delle misure adottate nell’area euro per mantenere i posti di lavoro, che “hanno raggiunto livelli senza precedenti nei primi mesi dopo l’inizio della pandemi”, con oltre il 33% di tutti i lavoratori dipendenti in Francia interessati da una riduzione dell’orario di lavoro, il 30% in Italia, il 21% in Spagna e il 15% in Germania. Livelli che, dopo una discesa temporanea, sarebbero tornati ad aumentare nel quarto trimestre.
La Bce sottolinea che tali misure “contribuiscono a mantenere stabile l’occupazione nel breve periodo” ma “comportano anche un determinato livello di perdite secche (quando sovvenzionano posti di lavoro che non sarebbero stati persi) e di effetti di esubero (quando sovvenzionano posti di lavoro improduttivi)” e “potrebbero ridurre l’efficienza allocativa dell’economia se utilizzati su larga scala per un periodo di tempo prolungato”. Per questo, è l’avvertimento, loro durata dovrebbe essere “limitata nel tempo, al fine di non ostacolare la necessaria ristrutturazione economica”.
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