Gli economisti dell’Eurozona lasciano invariate le attese sull’inflazione e limano quelle sul Pil. Per gli operatori una riduzione dei tassi a giugno è quasi scontata, ma il percorso della Fed non può essere ignorato
All’indomani del meeting ‘dovish’della Banca centrale europea, nuovi dati rafforzano l’ipotesi che i tassi d’interesse della Zona euro inizieranno l’agognata discesa nel corso della prossima riunione del 6 giugno. Se Eurostat ha confermato il rallentamento dell’inflazione a marzo in Germania e Francia (non in Spagna), i previsori professionali interrogati nel consueto sondaggio di Francoforte hanno confermato pienamente le loro attese di un calo dei prezzi e rivisto lievemente al ribasso le stime sul Pil. I trader hanno ormai pochi dubbi sul fatto che il ciclo di allentamento partirà prima dell’estate, come segnala la discesa dei rendimenti dei titoli di Stato europei. Tuttavia, secondo indiscrezioni all’interno del board dell’Eurotower, i falchi stanno spingendo perché alla prima sforbiciata segua una prudente pausa.
Nella Survey of Professional Forecaster della Bce per il secondo trimestre, le aspettative degli intervistati sull’inflazione complessiva per l’anno in corso e per i successivi due non sono cambiate. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo è infatti visto ancora al 2,4% nel 2024 e al 2% sia nel 2025 che nel 2026. Nessuna novità rispetto a tre mesi fa neppure nelle stime sul dato core, che esclude cibo ed energia, né in quelle più a lungo termine, invariate al 2%. Lievemente al ribasso invece sono risultate le previsioni sul Pil: i 61 economisti di società e istituti finanziari sondati da Francoforte si aspettano ora una crescita del blocco dello 0,5% quest’anno e dell’1,4% sia per il prossimo che per quello successivo. Rispetto a tre mesi fa si registra un calo di 0,1 punti per il 2024 e un aumento di 0,1 punti per il 2025, mentre non c’è variazione in riferimento al dato per il 2026.
Per i mercati la Bce taglierà senza badare alla Fed
Secondo gli investitori, un taglio dei tassi in giugno è quindi altamente probabile. Per gli analisti Lagarde seguirà un percorso differente rispetto a Powell, nonostante le attese per una sforbiciata nel corso della prossima riunione siano scese al 75%. Prima della pubblicazione del dato sull’inflazione Usa (risultata in crescita per il terzo mese consecutivo) si attestavano a circa il 90%. Tuttavia, anche a causa della situazione americana, l’allentamento non sarà aggressivo come la stretta che l’ha preceduto: l’attesa è ora di tagli per circa 75 punti base entro fine anno, contro i 90 stimati in precedenza.
Gli operatori hanno poi spostato le scommesse su una primo taglio dei tassi Usa da giugno a settembre e prevedono solo 40 punti base di riduzione entro dicembre, rispetto ai quasi 70 precedenti. Anche le scommesse su un allentamento nel Regno Unito sono state ridotte. Insomma, per gli investitori la Bce si muoverà per prima e in autonomia.
Autonomia che però non piace moltissimo a Francoforte, dove i banchieri sono ben consapevoli dei rischi associati ai tagli in solitaria. Secondo indiscrezioni raccolte da Reuters, infatti, all’interno del board si sta rafforzando il fronte di chi preme per una pausa nella riunione di luglio, data la ripresa dell’inflazione a stelle e strisce. Mentre le ‘colombe’ insistono sul fatto che gli Usa si trovano a dover gestire una situazione completamente diversa, sia dal punto di vista dei prezzi che della crescita, i ‘falchi’ ritengono che il probabile rinvio dell’allentamento da parte della Fed richieda invece cautela anche al di qua dell’Oceano. E che è meglio saltare un turno in estate piuttosto che dover poi correre ai ripari.
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