Eurozona, l’inflazione concede una tregua. Ma non alla Bce
A marzo prezzi in frenata al 6,9%, sui minimi da 13 mesi. Ma sale il dato core. S&P: “A maggio nuovo aumento dei tassi”
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Lo spettro di una nuova crisi finanziaria non ferma la Banca centrale europea, che è rimasta coerente a quanto e ha deciso di alzare i tassi d’interesse dell’Eurozona di 50 punti base nella speranza di riportare un’inflazione “ancora troppo elevata” verso il target del 2%. Vista la tempesta scoppiata sui mercati in scia al crack Silicon Valley Bank, il board dell’Eurotower ha però preferito non esporsi nuovamente con anticipazioni sulle prossime mosse di politica monetaria. E, anzi, ha ribadito che le decisioni verranno prese sulla base dei dati, meeting per meeting.
“Non è possibile in questo momento determinare su quale sentiero andremo avanti”, ha scandito la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa, precisando che 3-4 governatori non hanno sostenuto la scelta sui tassi “non perché contrari in principio, ma perché volevano più tempo per monitorare la situazione”. Così mentre il tasso sui rifinanziamenti principali sale al 3,50%, quello sui depositi al 3%, e quello sui prestiti marginali al 3,75%, la bufera bancaria che soffia sui mercati è entra nel comunicato del board Bce cancellando l’ormai noto passaggio sull’intenzione di voler continuare “ad aumentare i tassi di interesse in misura significativa a un ritmo costante”.
“Il Consiglio direttivo segue con attenzione le tensioni in atto sui mercati ed è pronto a intervenire ove necessario per preservare la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria”, hanno scritto i governatori, assicurando che il settore bancario dell’Eurozona “è dotato di buona capacità di tenuta, con solide posizioni di capitale e liquidità”. “In ogni caso”, viene precisato, l’istituto centrale “dispone di tutti gli strumenti necessari per fornire risorse a sostegno del sistema finanziario dell’area dell’euro, qualora ve ne sia l’esigenza”. “Abbiamo dimostrato in passato” che la Bce può “mostrare creatività se ci fosse una crisi di liquidità, ma non la vediamo attualmente”, ha sottolineato Lagarde, ribadendo che il settore è più forte del 2008 grazie alle regole di Basilea 3.
Intanto, la decisione di tenere la barra dritta sui tassi viene spiegata con le nuove stime degli economisti dell’Eurotower. L’inflazione è vista al 5,3% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025 ma restano intense le pressioni di fondo: l’indice al netto dei beni energetici e alimentari ha continuato ad aumentare a febbraio e gli esperti della Bce si attendono una media del 4,6% nel 2023, livello più elevato di quello anticipato nelle proiezioni di dicembre. In seguito dovrebbe ridursi al 2,5% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. A dicembre la stima era di un aumento dei prezzi pari all’8,4% nel 2022, al 6,3% nel 2023, al 3,4% nel 2024 e a 2,3% nel 2025. Per quanto riguarda la componente core, le proiezioni scorse parlavano per gli anni a venire di un tasso al 3,9%, al 4,2%, al 2,8% e al 2,4%.
Quanto alla crescita, i tecnici di Francoforte prevedono ora un Pil dell’Eurozona in aumento dell’1% nel 2023 e dell’1,6% il prossimo anno e nel 2025, contro il +0,5% e +1,9% delle stime dello scorso dicembre. “Sebbene l’economia resti debole ci aspettiamo una ripresa nei prossimi anni”, ha spiegato Lagarde, sottolineando che i rischi sono “orientati al ribasso”.
Per Sylvain Broyer, chief economist Emea di S&P Global Ratings, aumentando il costo del denaro di mezzo punto percentuale, l’Eurotower ha fatto ciò che deve fare una banca centrale con un mandato di stabilità dei prezzi, quando l’inflazione, al netto delle componenti volatili dell’energia e degli alimenti, è più che doppia rispetto al target. Per l’economista, infatti, “le potenziali fragilità del sistema bancario devono essere affrontate con strumenti di politica monetaria diversi dai tassi di interesse. E la Bce ha a disposizione molti di questi strumenti”. Quanto al futuro, con l’inflazione che dovrebbe rimanere al di sopra dell’obiettivo fino al 2024 e il Pil visto nuovamente in crescita l’anno prossimo, Broyer intravede entro l’estate un aumento del tasso sui depositi al 3,50% dall’attuale 3,0%, “ma con prudenti incrementi di 25 punti base”.
“Un rialzo dovish dello 0,25% avrebbe potuto far preoccupare il mercato, inducendolo a credere che ci fosse davvero il rischio di un fallimento del sistema bancario Ue in scia al contagio dagli Stati Uniti in Svizzera”, nota Altaf Kassam, Emea head of investment strategy & research di State Street Global Advisors. Che aggiunge: “Viste anche le spiacevoli sorprese relative ai dati sull’inflazione di inizio anno, un rialzo di mezzo punto sembrava adeguato”. Tuttavia, secondo l’esperto, una concessione al rapido inasprimento delle condizioni finanziarie sembra essere la sospensione della forward guidance a favore di un approccio dipendente dai dati nelle singole riunioni.
Secondo Katharine Neiss, chief european economist di Pgim Fixed Income, la dichiarazione del board contiene un notevole spostamento verso un tono più dovish, sottolineando la dipendenza dai dati e rinunciando a segnalare successivi rialzi dei tassi. “Si tratta di un cambiamento importante che apre le porte alla possibilità che questo aumento sia l’ultimo, almeno per il prossimo futuro”, spiega l’esperta. “In effetti – aggiunge – un cambiamento nei fondamentali macro potrebbe giustificarlo: in Europa l’erogazione di credito all’economia reale si basa maggiormente sulle banche e quindi, a parità di altre condizioni, le recenti turbolenze si tradurrebbero in condizioni finanziarie più rigide che altrove. Inoltre, secondo l’ultima indagine sui prestiti bancari della Bce, le condizioni finanziarie si stavano già rapidamente irrigidendo e l’economia interna non si sta surriscaldando come quella Oltreoceano”.
Per Anna Stupnytska, global macro economist di Fidelity International, ora bisogna vedere se la strategia scelta da Lagarde riuscirà a riportare la calma sui mercati e se sarà sufficiente a gestire eventuali ulteriori ricadute. “Ciò che ci appare chiaro ora è che i problemi del settore bancario, pur concentrati in quelle che potrebbero essere storie idiosincratiche, sono comunque un sintomo dello scenario di politica monetaria molto più rigido creato dalle banche centrali negli ultimi mesi”, avverte l’esperta. Che conclude: “La portata dell’inasprimento delle politiche da parte della Bce e della Fed è già sufficiente a provocare un hard landing. Entrambe devono procedere con estrema cautela da qui in poi, in modo flessibile e aperto”.
Anche la Stupnytska punta l’attenzione sull’ultima indagine sui prestiti bancari della Bce per il primo trimestre del 2023, che ha già mostrato un significativo inasprimento delle condizioni di credito e una domanda di prestiti più debole. “Prevediamo ora che le vulnerabilità del settore bancario emerse negli ultimi giorni avranno un impatto diretto sulla disponibilità delle banche a fornire credito, portando a condizioni di finanziamento ancora più restrittive che a loro volta colpirebbero l’economia reale potenzialmente prima e più duramente del previsto”, spiega l’esperta. A questo proposito, secondo lei, ulteriori rialzi dei tassi sarebbero probabilmente un errore di politica monetaria che alla fine richiederebbe una rapida correzione di rotta nei prossimi mesi. “Monitoreremo da vicino i Cds bancari poiché questo costituisce ora il principale indicatore di condizioni di finanziamento più restrittive”, conclude.
“La Bce è stata hawkish nel breve e dovish nel lungo”, sostiene Fabio Fois, responsabile Investment Research & Advisory di Anima Sgr. Per lui, “la conferma dei 50 punti base è stata scelta obbligata perchè l’inflazione core non lascia tranquilli e i dati anticipatori dell’attività economica come l’indice Pmi dicono che l’Eurozona non sta andando bene”. “Se avesse agito diversamente, Francoforte si sarebbe tirata addosso la crisi finanziaria mentre così manda un segnale di forza sulla tenuta del sistema bancario”, nota ancora il manager. Che riguardo il rischio di crisi sistemica degli istituti di credito aggiunge: “Le difficoltà delle banche, che probabilmente caleranno in termini di valutazione e concederanno meno credito nei prossimi mesi, fanno paradossalmente gioco alla Lagarde in quanto aumentano la possibilità che la politica monetaria funzioni e raffreddi l’economia”. “Ecco perchè i mercati hanno premiato l’approccio dell’Eurotower e ora intravedono il picco dei tassi”, ha concluso Fois.
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