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Per il falco tedesco, il “notevole” calo dell’inflazione fa escludere nuove strette. E rende possibile un taglio verso la metà del 2024. Oltre le attese i Pmi di novembre dell’Eurozona
“Quando i fatti mutano, io cambio idea”. Con queste parole Isabel Schnabel, uno dei falchi più inflessibili del board della Banca centrale europea, segna la svolta dovish della politica monetaria dell’Eurozona. Per l’economista tedesca, visto il “notevole” calo dell’inflazione, l’Eurotower può infatti escludere ulteriori rialzi dei tassi e potrebbe procedere con un taglio verso la metà del 2024. Il cambio di rotta è subito piaciuto ai mercati, che accolgono favorevolmente anche i Pmi di novembre migliori delle stime in Germania, Italia, Francia e Area euro. E iniziano a sperare in un atterraggio morbido per l’economia del blocco.
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Schnabel: “Improbabile un nuovo aumento dei tassi”
I dati sui prezzi di novembre sono stati “una piacevole sorpresa” e “hanno reso un ulteriore aumento dei tassi piuttosto improbabile”, ha spiegato la Schnabel in un’intervista a Reuters pubblicata sul sito della Bce. Per l’economista, la politica monetaria sta funzionando e i recenti dati sull’inflazione danno “più fiducia” in vista di un ritorno al target del 2% entro il 2025. “Questo è il nostro obiettivo principale”, ha scandito. Naturalmente l’economista tedesca ha ribadito che l’Eurotower deve restare vigile e dipendente dai dati, ma a pesare in questo momento è il fatto che la voce più influente del campo conservatore dei policymaker abbia rivisto le sue posizioni rispetto a ottobre. Solo un mese fa, nonostante il carovita fosse in discesa, la Schnabel non aveva escluso la possibilità di una nuova stretta. Ora, però, citando John Maynard Keynes, ha annunciato che la sua visione è cambiata.
Non escluso un taglio dei tassi verso la metà del 2024
Quanto ai mercati, che prezzano una sforbiciata già in primavera, per la Schnabel non c’è da stupirsi. “Sono fiduciosi che l’inflazione scenderà rapidamente e pertanto stanno scontando tagli anticipati e molto consistenti per il prossimo anno”. Le banche centrali, però, “sono più caute, e ritengo che debbano esserlo: dopo oltre due anni di inflazione superiore al target, siamo tenuti ad essere prudenti”, ha sottolineato. Questo non vuol dire una totale chiusura verso un allentamento, anzi: l’economista non esclude una riduzione del costo del denaro verso la metà del 2024.
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“Rimaniamo dipendenti dai dati e dobbiamo vedere cosa succederà”, precisa l’economista. Che aggiunge: “siamo stati sorpresi molte volte in entrambe le direzioni. Quindi, dobbiamo avere prudenza nel fare dichiarazioni su qualcosa che accadrà tra sei mesi”. In ogni caso, il costo del denaro deve rimanere sufficientemente restrittivo per tutto il tempo necessario a riportare il carovita verso l’obiettivo in modo sostenibile, evento atteso entro il 2025. “Secondo le proiezioni del nostro staff, l’attuale livello di restrizione è sufficiente” ma “dobbiamo ancora osservare qualche ulteriore progresso per quanto riguarda l’inflazione di fondo”, il cui calo “ha acquisito slancio solo di recente”, ha osservato.
Sì a un bilancio Bce più contenuto
La Schnabel si è detta poi favorevole a mantenere un bilancio ridotto e chiedere alle banche di prendere fondi in prestito dalla Bce. Con la probabile fine dell’era della bassa inflazione e dei tassi a zero, Francoforte deve ora decidere come fornire liquidità gli istituti dell’Area nei prossimi anni, se tramite prestiti oppure acquistando obbligazioni. Per il capo economista dell’Eurotower, Philip Lane, è necessario fornirne almeno una parte attraverso l’acquisto di obbligazioni o prestiti a lungo termine. Per l’economista tedesca, invece, è preferibile un sistema in cui le banche scelgano quanto prendere in prestito.
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Infine, per quanto riguarda la crescita economica, per la Schnabel la debolezza del Pil derivante dalla stretta monetaria sta aiutando a combattere l’inflazione, ma una recessione profonda o prolungata è improbabile.
A novembre Pmi migliori delle attese
A rafforzare la tesi di un atterraggio morbido dell’economia di Eurolandia sono stati i Pmi di novembre, migliori delle previsioni. L’indicatore composito dell’Area è salito a 47,6 punti, contro i 47,1 attesi e i 46,5 di ottobre. Un andamento analogo si registra per l’indice dei servizi, cresciuto da 47,8 a 48,7 punti, a fronte dei 48,2 stimati. In Germania il Pmi composito è aumentato a 47,8 punti, dai 45,9 precedenti e contro i 47,1 del consensus. Meglio delle previsioni anche il dato sui servizi, in rialzo da 48,2 a 49,6 punti, oltre i 48,7 attesi. Bene anche la Francia dove il Pmi composito è rimasto invariato a 44,6, ma sopra i 44,5 punti previsti. In rialzo invece l’indice del terziario, passato da 45,2 a 45,4 punti, contro i 45,3 del consensus. Resta in zona contrazione, ma sale più della stima degli analisti, anche il Pmi servizi italiano, che si è attestato a 49,5 punti. Il dato è in risalita dai 47,7 del mese precedente e rispetto ai 48,2 previsti. L’indice composito invece è passato da 47 punti a 48,1.
Eurozona, stabili le attese di inflazione dei consumatori
Infine, ad ottobre le aspettative dei consumatori sull’inflazione nell’Eurozona sono rimaste invariate, con i prezzi al consumo attesi in crescita del 4% nei prossimi dodici mesi e del 2,5% nel triennio. Il sondaggio mensile della Bce registra inoltre una leggera diminuzione sia delle aspettative di crescita dei redditi a un anno (dal +1,2% di settembre al +1,1% di ottobre) sia di quelle dei consumi (da +3,4% a +3,3%). Invariate all’11,4% le attese sul tasso di disoccupazione, mentre peggiorano leggermente le aspettative sulla crescita economica, che passano dal -1,2% di settembre al -1,3% di ottobre. In calo, infine le previsioni per i prezzi delle case (da +2,2% al +2%), mentre restano stabili al 5,4% quelle sui tassi dei mutui, il livello più alto da quando è iniziato il sondaggio nell’aprile del 2020.
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