Dai verbali di ottobre emerge che l’economia dell’Eurozona si contrarrà ma non in maniera profonda. De Guindos: potremmo essere vicini al picco di inflazione. Schnabel smorza l’ottimismo
La Bce va avanti con la sua politica restrittiva e solo una grave contrazione dell’economia potrebbe giustificare una pausa nella tabella di marcia dell’aumento dei tassi. Al momento, però, sul fronte economico le previsioni sembrano in lievissimo miglioramento, e all’orizzonte si intravede sì una recessione ma meno profonda e prolungata delle precedenti stime.
Philip Lane, capo economista della Bce
La crescita dell’area euro, dopo una stagnazione nel terzo trimestre, “per i due trimestri successivi punta verso un calo dell’attività economica”, si legge nelle minute della riunione di fine ottobre dell’Eurotower. La sintesi, fatta dal capo economista Philip Lane, tuttavia indica, grazie alla discesa nelle ultime settimane dei prezzi energetici e al mancato razionamento energetico che si era ipotizzato, “uno scenario molto diverso da quello di un periodo prolungato di crescita negativa” e dallo scenario avverso descritto nelle stime macroeconomichedi settembre.
Quindi, si legge, nel caso di una recessione mite, la Banca centrale europea “dovrebbe continuare a normalizzare la politica monetaria”. Potrebbe invece “decidere una pausa se vi fosse una recessione profonda e prolungata”. A fine ottobre però, le condizioni hanno portato “tutti i membri del Consiglio” a concordare che “è giusto continuare a normalizzare la politica monetaria rimuovendo l’accomodamento”.
Unanimità che invece non c’è stata sull’entità dell’aumento. Alcuni governatori avrebbero infatti preferito un rialzo inferiore a 75 punti base, “tenendo conto del fatto che l’aumento dei tassi sarebbe stato accompagnato da un segnale sulla necessità di ulteriori aumenti futuri, da una modifica della remunerazione della riserva obbligatoria e dall’adeguamento dei termini e delle condizioni delle Tltro III, tutti elementi che avrebbero comportato un ulteriore inasprimento della politica monetaria”.
Dunque, meglio optare per mezzo punto, secondo tali membri del board, per via del sentimento di mercato fragile, del rischio in aumento di un rallentamento significativo dell’attività economica e delle condizioni di finanziamento che si sono già notevolmente inasprite dall’inizio del processo di normalizzazione. Inoltre per tali banchieri centrali “un ritmo di inasprimento troppo aggressivo avrebbe potuto avere ripercussioni sulla stabilita’ finanziaria, sull’attività economica e, in ultima analisi, sull’inflazione”.
Dopo la pubblicazione dei verbali, le Borse europee hanno continuato a viaggiare in rialzo, sostenute anche dal fatto che l’Eurotower ha comunque ribadito che “il futuro percorso dei tassi dovrebbe basarsi sull’evoluzione delle prospettive dell’inflazione e dell’economia, secondo un approccio basato sulle singole riunioni”.
Luis de Guindo, vicepresidente della Banca Centrale Europea
E proprio stamattina, in questo senso, sono arrivate buone notizie dal vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, stando al quale l’inflazione incomincerà a diminuire nella prima metà dell’anno prossimo. “Forse siamo molto vicini al picco – ha detto – dipende da tanti fattori, tra cui l’andamento dei tassi, su cui è molto difficile prendere una decisione”. Dopo aver sottolineato che “il modello statistico è condiviso”, tra le diverse istituzioni de Guindos ha indicato che “il tasso di inflazione si potrà portare verso livelli pre-Covid tra il 6 e il 7%”. Tra gli elementi determinanti anche “le politiche fiscali e gli aiuti dei singoli governi”.
Una ventata di ottimismo immediatamente smorzata dalla collega tedesca Isabel Schnabel, secondo cui “le pressioni sui prezzi difficilmente si dissiperanno rapidamente” e le banche centrali “devono rimanere determinate a riportare l’inflazione al suo target in modo tempestivo, in modo da evitare che l’elevata inflazione si radichi nelle aspettative”.
Per l’economista tedesca, i dati fino a questo momento suggeriscono che lo spazio per rallentare il passo degli aggiustamenti resta limitato, “anche se ci stiamo avvicinando alle stime di un tasso neutrale”. La Bce dovrà quindi alzare ancora i tassi, “probabilmente in territorio restrittivo, per assicurarsi che l’inflazione torni ai livelli dei target di medio termine prima possibile”.
Ma a rincuorare gli investitori sono stati soprattutto altri verbali, quelli arrivati mercoledì sera dagli Usa, stando ai quali la Fed probabilmente rallenterà il ritmo del rialzo dei tassi d’interesse. Nell’ultimo meeting, infatti, la maggior parte dei componenti del Fomc ha dato di ritenere che “presto” sarà necessario un rallentamento della stretta, visto l’impatto della politica della Banca centrale sull’economia.
Nelle ultime quattro riunioni, la Fed ha alzato i tassi d’interesse di 75 punti base (ora sono al 3,75-4%, il livello piu’ alto dal 2008). “Una netta maggioranza dei partecipanti giudica che sia probabilmente appropriato, a breve, un rallentamento del passo dei rialzi”, si legge nei verbali. Rallentamento che “potrebbe ridurre il rischio di instabilità”. Per dicembre, gli analisti prevedono già un rialzo dei tassi Usa di 50 punti base.
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