Private market, bond e gestione attiva: i family office rivoluzionano l’asset allocation
Per l’Ubs Global Family Office Report 2023, tensioni geopolitiche, tassi e inflazione stanno causando nei portafogli “il più grande cambiamento mai registrato”
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La partita è tutt’altro che chiusa, ma per ora le colombe risultano in vantaggio e il prossimo 4 maggio la Banca centrale europea potrebbe procedere con un aumento dei tassi dello 0,25%. Stando ad alcune indiscrezioni di Reuters, i governatori favorevoli una linea più morbida nella guerra ai prezzi starebbero infatti avendo la meglio per due ragioni. La prima è l’accresciuta incertezza del quadro dopo le turbolenze bancarie che hanno colpito Credit Suisse e lambito Deutsche Bank. E la seconda è che i precedenti rialzi del costo del denaro devono ancora mostrare appieno il loro effetto sull’economia dell’Eurozona.
Dirimenti per la decisione finale Francoforte restano i dati sull’inflazione di aprile e i risultati dell’indagine trimestrale sui prestiti bancari della Bce, entrambi in agenda martedì 2 maggio. Ma la tesi prevalente è che sarebbe più lungimirante rallentare il ritmo e avvicinarsi al picco a piccoli passi per poter meglio aggiustare il tiro man mano. Anche perchè un tasso di deposito al 3%, come quello attualmente in uso all’Eurotower, è già sufficiente a rallentare crescita. Ecco quindi che mercati si attendo ritocchi 25 punti base a maggio e giugno, più un terzo analogo aumento entro settembre.
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Il board di Francoforte resta comunque profondamente diviso, con una piccola minoranza favorevole alla pausa che si oppone a un’agguerrita compagine orientata al ritocco di mezzo punto percentuale. Ultimo a dare voce ai falchi è stato il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, che in un’intervista alla Cnbc ha ribadito la necessità di proseguire con la linea dura. “Non c’è contraddizione tra ciò che dobbiamo fare sul versante della stabilità dei prezzi e su quello della stabilità finanziaria. Abbiamo strumenti diversi per affrontare i due problemi”, ha detto il banchiere tedesco, sottolineando come si tratti anche di un messaggio importante per i mercati finanziari. “Siamo molto impegnati nella lotta contro l’inflazione. Lo step dei 50 punti base è stato più o meno una conseguenza senza contraddizioni a ciò che facciamo per la stabilità finanziaria e a ciò che facciamo per la stabilità dei prezzi”, ha aggiunto.
D’altra parte i prezzi nell’Area euro restano su livelli elevati, con la componente core che continua a non dare segnali di rallentamento. E anche le previsioni non sono rosee: stando all’Economic Experts Survey, l’indagine trimestrale condotta tra gli economisti globali dall’Ifo Institute e dallo Swiss Economic Policy Institute, il carovita a livello mondiale raggiungerà il 7% quest’anno e il 5,9% il prossimo. “Le aspettative per il 2023 sono quasi identiche a quelle espresse nel sondaggio di inizio anno. E per il 2024 e il 2025 sono leggermente aumentate”, ha spiegato Niklas Potrafke dell’Ifo, precisando che le previsioni per quest’anno sono sotto la media mondiale in diverse regioni, tra cui l’Europa occidentale (5,3%), il Nord America (5%) e il Sud-Est asiatico (5,1%).
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Buone notizie arrivano, poi, anche dal fronte dell’economia di Eurolandia. A febbraio la produzione industriale del blocco è infatti salita dell’1,5% a livello tendenziale, mentre nell’Ue è cresciuta dell’1,4%: il mese precedente l’incremento era stato rispettivamente dell’1% e dello 0,4%. Per la Zona Euro si tratta di una dato è migliore dell’1% atteso dagli economisti. Su base annua la produzione ha registrato invece un aumento del 2%, dopo il +0,9% di gennaio e rispetto al +1,5% stimato. Male l’Italia, che segna un calo dello 0,2% su gennaio e del 2,3% sul 2022. Corre invece la Germania, che mette a segno un progresso del 2,1% su base mensile. Bene anche Francia (+1,1%) e Spagna (+0,6%).
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