Il concetto di intelligenza collettiva come chiave per affrontare le sfide dell’industria, nell’intervista a Emanuele Bellingeri, head of Asset Management Italy di Credit Suisse
Emanuele Bellingeri, head of Asset Management Italy, Credit Suisse
Ricerca di rendimento, contenimento dei costi, necessità di aderenza ai cambiamenti normativi e controllo del rischio sono temi che riguardano tutti i soggetti che popolano i mercati. Particolarmente pressanti risultano essere nell’attuale fase per gli investitori istituzionali. Un tema trasversale che può fungere da punto di partenza per capire, con l’aiuto di Emanuele Bellingeri, head of Asset Management Italy di Credit Suisse, l’evoluzione del rapporto tra investitori istituzionali e asset management è quello della sostenibilità.
“Se parliamo di portafogli che utilizzano building blocks, trovare la giusta soluzione è più semplice perché andiamo a scegliere dei prodotti con caratteristiche corrispondenti all’esigenza del cliente. Nel caso di mandati per investitori istituzionali abbiamo un surplus di complessità”, afferma Bellingeri. “I criteri Esg non sono in questo caso decisi dal portfolio manager e poi associati allo specifico profilo del cliente, ma spesso i modelli sono diversi: dalla scelta del benchmark ESG, alla fornitura di un universo investibile ESG da cui selezionare i titoli, alla condivisione di criteri ESG positivi (best in class) e negativi (esclusioni)”, aggiunge.
Quali sono le qualità necessarie per collaborare in maniera fruttuosa con un investitore istituzionale?
Innanzitutto, la flessibilità nell’approccio; indispensabile per riuscire a gestire esigenze molto specifiche. Questo è possibile solo con una squadra in grado di evolvere insieme ai bisogni del mercato. È ciò che sta accadendo anche in ambito di sostenibilità, con ognuno dei nostri portfolio manager che incorpora tale competenza, oltre ad appoggiarsi al team globale della divisione asset management di Credit Suisse.
In quale punto siamo del cammino verso la sostenibilità? Quale grado di consapevolezza riscontrate?
È difficile anche per noi dell industria avere chiarezza sul tema, al punto che a oggi non sembra esserci una visione condivisa su quelle che sono le best practice. Le scelte delle Casse e dei fondi pensione in tema ESG sono eterogenee: dalla internalizzazione di team dedicati all’ESG a soluzioni fatte in collaborazione con soggetti terzi (advisor e gestori) all’adozione di benchmark ESG. In tutti questi casi è sempre importante il confronto bidirezionale con il portfolio manager per la messa a terra della strategia.
Anche grazie alle forti spinte normative della UE gli istituzionali si trovano ancora una volta ad affrontare per primi le innovazioni finanziarie e gran parte dei mandati istituzionali che gestiamo può essere classificato art 8, tracciando una linea guida per l’evoluzione di tutta l’industria
Quali sono i bisogni, espressi o silenti, degli investitori istituzionali e quali sfide pongono agli operatori dell’asset management?
C’è un’esigenza di conoscenza della normativa e del mercato locale. Contemporaneamente, una ricerca e una capacità di operare con un’ottica globale è assolutamente necessaria in un contesto di investimento ad alto tasso di complessità. Un esempio può essere il lavoro fatto insieme ad un cliente istituzionale a supporto della ricerca dell’indice ESG che rispecchiasse al meglio la politica di sostenibilità dell’investitore, analizzando le metodologie ESG di vari indici e gli effetti sul portafoglio finale nonché la transizione e l’implementazione per tramite di una strategia passiva evoluta.
Questi sono lavori complessi che determinano un alto dispendio in termini di tempo e risorse. La sfida è allora tenere insieme due esigenze intuitivamente divergenti: da una parte c’è un trend di abbassamento delle fee e di crescita delle soluzioni passive, dall’altra una fortissima tendenza di personalizzazione dei portafogli, anche passivi. Restare competitivi raggiungendo questi due obiettivi è il vero obiettivo di ogni asset manager in questo momento, così come dell’industria nel suo complesso.
Qual è dunque la ricetta giusta per riuscirci?
Per una realtà come la nostra, che in Italia gestisce 13 miliardi di euro, le linee standard non esistono. Tanto il privato, quanto il professionale e l’istituzionale sono gestiti tramite mandati discrezionali e il solo modo per poterlo fare è avere le persone in grado di farlo, inserite in un modello organizzativo in grado di valorizzarle.
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