Quello dei titoli a minore capitalizzazione è un universo ampio e con forti potenzialità, che dovrebbe riprendere a dare soddisfazioni dopo i recenti drawdown. Essenziale lo stock picking su titoli con visibilità degli utili e ricavi in crescita
È ancora un buon momento per investire in small cap? La risposta è che in una fase difficile come questa molto dipende “dall’orizzonte di tempo dell’investitore”, ma che per chi ha una visione di medio-lungo termine è un momento favorevole per prendere posizioni su questo segmento, purché lo faccia con un processo di stock picking attento alla crescita degli utili. A spiegarlo è Stéphanie Bobtcheff, fund manager e responsabile del team small e mid cap per La Financière de l’Echiquier, società con una forte expertise sui titoli a minore capitalizzazione.
“Se si ha un orizzonte di tempo di sei mesi, non è il momento ideale per investire in small cap. Ma per chi abbia un orizzonte più ampio, per esempio 3-5 anni, ci sono ottime opportunità in un universo molto ampio e diversificato, che offre molte occasioni di stock picking a ottime valutazioni”. Attualmente, argomenta Bobtcheff, i titoli a minore capitalizzazione sono percepiti come rischiosi. Di conseguenza, in una fase in cui è più elevata l’avversione al rischio, come quella attuale, titoli del genere tendono a essere venduti, come dimostra il fatto che “ultimamente si sono viste maggiori redemption sui fondi small cap rispetto a quelli che puntano sui titoli a larga capitalizzazione”.
Ma questa situazione è transitoria e riguarda il breve termine. Intanto, “Quando si investe nelle large cap – sottolinea Bobtcheff – lo si fa puntando ai rendimenti, mentre quando ci si posiziona sulle small lo si fa per i capital gain. Per questo motivo, credo che ci siano buone opportunità all’orizzonte, perché il mercato tende ad anticipare le tendenze future, e considerato che le nostre previsioni sono che l’inflazione sia vicina al picco e a un certo punto scenderà, e che ci sarà una pausa nel ciclo di rialzi dei tassi, riteniamo che sia un buon timing per iniziare a investire su questo segmento”.
Quello delle small cap, commenta l’esperta, è un universo ampio e interessante, con dinamiche di crescita più forti rispetto ai titoli a più alta capitalizzazione. Certo, bisogna muoversi con cautela e adottare un processo di selezione rigoroso. “Ora c’è molta incertezza sugli utili, ed è a questo aspetto che bisogna prestare molta attenzione. La chiave per i prossimi mesi sarà cercare le società con una forte visibilità sugli utili, con una generazione di bottom line non dipendente dal ciclo economico, e valutazioni non elevate. Il nostro focus è sul growth, ma con prezzi ragionevoli”, aggiunge Bobtcheff. Ma se gli ultimi due anni i driver della strategia sono stati i settori, ora che ci si avvicina a una probabile recessione e c’è minore visibilità sugli utili, occorre focalizzarsi maggiormente sullo stock picking.
“La performance di mercato saranno guidate dalla crescita degli utili. Se ci si concentra su società con fondamentali solidi e buone valutazioni, considerato il drawdown visto sull’equity e alla luce delle medie storiche questo si può considerare un buon momento di ingresso, purché ovviamente si abba un orizzonte ampio”, spiega Bobtcheff. Nel lungo termine, aggiunge la fund manager, “i vincitori sul mercato saranno i titoli con buona visibilità sulla generazione di utili, buon posizionamento competitivo, fondamentali solidi, forti fondamentali, in grado di consolidarsi sul mercato attraverso acquisizioni”. L’identikit ideale è una società con una buona crescita dei ricavi, almeno il 5%, un margine Ebit a doppia cifra, una leva contenuta e in ogni caso compensata da un adeguato cash flow.
Come già accennato, Bobtcheff ha una strategia focalizzata sul growth, basata sulla forte convinzione che “i titoli growth tendono a sovraperformare. Si potrebbe obiettare che non sia stato così per gli ultimi due anni, ma per chi ha una visione i lungo periodo il growth è il segmento su cui bisogna posizionarsi”.
Sugli specifici settori, Bobtcheff non si sbilancia: il processo di selezione non parte dalle considerazioni settoriali ma sullo stock picking dal basso, sebbene la tendenza sia di non investire in energia, commodity, banche e assicurazioni (effettivamente segmenti ascrivibili all’universo value). “Ma la maggiore esposizione ce l’abbiamo su industriali, medtech, e società tecnologiche”.
La strategia prevede anche il posizionamento di una parte del portafoglio, non oltre il 20%, su titoli molto innovativi con valutazioni più alte ma anche prospettive di crescita più aggressive, mentre un’altra porzione analoga viene allocata sui ciclici “soft”, purché con solidi fondamentali. In questa fase tuttavia il posizionamento sui ciclici sulle strategie small cap è sotto il 10%, visto che ci si trova in una fase di rallentamento globale, e c’è stata una diversificazione su titoli più difensivi come le telecom. Le strategie small cap di Lfde non prevedono l’uso di derivati, ma la funzione di protezione è perseguita con una certa percentuale di liquidità.
Per quanto riguarda il cosiddetto pricing power, cioè la capacità di riversare i rincari nei fattori i produzione sul cliente finale, Bobtcheff sottolinea che questo fattore “è molto importante, e tutte le società in cui investiamo sono caratterizzate da un forte potere di prezzo. Ma se guardiamo al 2023, ritengo che siano altri gli aspetti da guardare. I prezzi in alcuni casi stanno scendendo, le società hanno costruito scorte ampie e la domanda sta diminuendo, i colli di bottiglia delle supply chain dovrebbero migliorare. Nel prossimo futuro, l’elefante nella stanza non sarà più l’inflazione, ma la crescita della top line”.
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