Dopo il maggiore aumento salariale degli ultimi 33 anni, i mercati danno per scontata la svolta della politica monetaria. Per alcuni analisti, la banca centrale potrebbe agire già il 19 marzo
Dopo otto anni di tassi d’interesse negativi, il cambio di rotta della Bank of Japan appare imminente. L’esito delle trattative salariali di primavera ha infatti segnato con tutta probabilità il punto di svolta decisivo: le maggiori aziende del Paese hanno concordato un aumento delle retribuzioni del 5,28% per il 2024, il più alto degli ultimi 33 anni e oltre le attese, facendo prevedere un incremento delle pressioni inflazionistiche nei prossimi mesi. Dopo la tenuta della crescita, che alla fine dello scorso anno ha evitato di un soffio la recessione, per la banca centrale nipponica è quindi arrivato il tempo di abbandonare il programma di stimoli. Ma se alcuni analisti scommettono su un primo rialzo del costo del denaro in aprile, c’è chi non esclude sorprese già il 19 marzo.
Gero Jung, chief economist di Mirabaud Asset Management, non ha dubbi sul fatto che le maggiori pressioni sui prezzi, la crescita dei salari e un’economia più resiliente del previsto porteranno la banca centrale del Giappone a porre fine alla sua politica ultra accomodante. Quanto alla tempistica, invece, la sua opinione è meno netta. “Prevediamo che tale mossa verrà annunciata in aprile, anche se è possibile che venga presa una decisione in anticipo durante la riunione del 19 marzo”, è la view espressa dall’esperto.
Aadish Kumar, international economist di T.Rowe Price, punta su aprile: per il mese prossimo l’istituto centrale avrà a disposizione le previsioni aggiornate sull’inflazione e potrà quindi rinnovare il suo quadro di riferimento per le politiche. “Il nuovo framework mirerà a migliorare la sostenibilità rallentando l’espansione del bilancio, ad aumentare la flessibilità per rispondere alle sorprese positive dell’inflazione e a ridurre gli effetti collaterali degli strumenti non convenzionali”, spiega. L’esperto prevede un incremento del tasso di policy allo 0%, l’eliminazione dei riferimenti all’obiettivo di controllo della curva dei rendimenti dal comunicato e la conferma del tasso di riferimento dell’1% per i titoli sovrani a dieci anni. “È poi probabile che la BoJ mantenga una certa flessibilità e aggiusti il programma d’acquisto di obbligazioni in base alla volatilità e alla velocità dei rendimenti. Acquisizioni che verranno ridotte gradualmente nei prossimi mesi. Inoltre, mi aspetto che venga abbandonata la forward guidance per aumentare la flessibilità della politica monetaria”, precisa.
Anche Mark Dowding, Fixed Income cio di Rbc BlueBay Am, non esclude invece un ritocco dei tassi a marzo ed è convinto che la riunione della prossima settimana possa far salire i rendimenti a beneficio dello yen. “Nel prossimo trimestre, il nostro obiettivo per i Jgb a dieci anni è l’1%, prima di superare l’1,25% nel corso dell’anno. Prevediamo che l’aumento dei salari si ripercuoterà sull’inflazione e che anche i dati dell’Ipc saranno spinti al rialzo dalla spesa turistica”, afferma. Precisando che la chiave per i policymaker nipponici sarà quella di seguire un percorso attento e di assicurarsi di non rimanere troppo indietro rispetto alla curva nel caso in cui l’inflazione continui a sorprendere al rialzo.
Massimo De Palma, head of Multi Asset di Gam (Italia) Sgr, punta l’attenzione sulla corsa dell’azionario giapponese. Attualmente, con l’aumento dei salari, il timore è che la BoJ possa “determinare un forte apprezzamento dello yen”, sottolinea. Per l’esperto, l’equity nipponico “riuscirebbe a sopportare una reazione estemporanea della valuta ma, in caso di inversione radicale e profonda, potrebbero esserci ripercussioni sui corsi”.
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