Brasile, Bolsonaro convince i mercati
Un elemento chiave a cui si deve questa performance positiva è il ministro delle Finanze Guedes, che ambisce a riportare il Paese sulla strada della sostenibilità fiscale
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L’elezione in Brasile del candidato di ultradestra Jair Bolsonaro ha fatto storcere il naso agli osservatori politici progressisti, ma gli esperti di economia e mercati sono cauti: tutto sta a vedere se il governo farà le riforme promesse.
Per Verena Wachnitz, gestore del fondo T. Rowe Price Latin American Equity, una mancata riforma delle pensioni entro la fine del 2019 sarà uno dei principali fattori di rischio per il Brasile. L’esperta osserva che il partito di Bolsonaro ha solo il 10% dei seggi alla Camera e il 5% al Senato, e quindi dovrà formare una coalizione per portare avanti le sue promesse elettorali.
“La buona notizia sta nel fatto che l’Amministrazione uscente di Temer ha già fatto molto in termini di riforme”, spiega. E sulla carta anche l’agenda economica del neo presidente dovrebbe portare risultati positivi, legati a tagli e semplificazioni fiscali, privatizzazioni di aziende controllate dallo Stato e riforma delle pensioni. “Se da una parte le credenziali di Bolsonaro hanno luci e ombre”, il neopresidente parrebbe intenzionato a delegare la politica economica a Paulo Guedes, economista liberale che ha studiato a Chicago.
Secondo due esperti di Amundi – la senior economist Alessia Berardi e il global head of Emerging markets Yerlan Syzdykov – “la vulnerabilità del Brasile è principalmente legata alla situazione interna; quindi, l’impatto a livello macro dipenderà principalmente da come saranno implementate le riforme. Se il nuovo governo non darà segnali positivi a breve termine (una riforma pensionistica graduale sarebbe positiva), l’impatto potrebbe arrivare dalle decisioni di investimento derivanti dalla fiducia di imprese e consumatori. Nel caso in cui la riforma fiscale (c’è molto più da fare a tale riguardo, ndr) non venisse attuata, è probabile che vedremo impatti nel medio/lungo termine”. In attesa di vedere cosa farà il governo, Amundi le stime di crescita del Pil al 2% l’anno prossimo e all’1,8% nel 2020.
“In un Paese già polarizzato, i sindacati contrasteranno le riforme e le privatizzazioni – commenta Kim Catechis, head of global emerging markets di Martin Currie (Legg Mason) – E qualsiasi iniziativa anticorruzione risulterà in un periodo di stagnazione politica, in quanto i burocrati esiteranno a firmare provvedimenti che rischiano di farli finire in carcere”. Tuttavia, l’esperto sottolinea che l’economia in generale non è in una situazione del tutto negativa: anche se la crescita è in rallentamento e la disoccupazione cresce, “l’inflazione rimane a livelli storicamente bassi, e il Brasile non è in prima linea nella guerra commerciale Usa-Cina”, anzi ne trarrà vantaggi perché Pechino compra di più dagli agricoltori brasiliani. Inoltre, il Paese è un beneficiario netto dell’aumento dei prezzi del petrolio e delle materie prime.