“Brexit? Non è gioco a somma zero. Ecco come l’uscita di Londra danneggia l’UE”
18 aprile 2018
di Eugenio Montesano
Parla Jonathan Hill, ex commissario UE per l’Unione dei mercati dei capitali «spodestato» dal referendum che ha cambiato le sorti dell’Europa. Che, a suo dire, ha un’urgente bisogno di ripensare sé stessa. A causa della Brexit, e non solo. L’intervento al Salone del Risparmio.
L’industria europea del risparmio gestito si muove all’interno di un quadro globale molto complesso. E se il fine ultimo della crescita, così come del risparmio, non è l’incremento di un numero ma il miglioramento del benessere sottostante, questo deve coinvolgere tutti a partire dall’Europa, impegnata su tanti fronti tra cui quello della Brexit, campanello d’allarme suonato due anni fa a indicare un crescente orientamento dell’opinione pubblica verso le istanze di forze euroscettiche in costante affermazione nelle principali tornate elettorali, di cui quella italiana è solo l’ultima manifestazione.
Jonathan Hill, ex commissario dell’Unione Europea
Di questi temi ha parlato al Salone del Risparmio Jonathan Hill, ex commissario dell’Unione Europea responsabile per i servizi finanziari e l’unione dei mercati dei capitali ai tempi del governo del premier conservatore David Cameron. Allora sostenitore del Remain e poi dimissionario dopo la Brexit (gli è subentrato il lettone Valdis Dombrovskis), nel suo intervento al Salone Lord Hill ha inquadrato gli effetti dell’uscita del Regno Unito dall’UE in termini di sfide e opportunità.
Hill ha sottolineato come la Gran Bretagna “uscirà senz’altro dall’UE” nonostante il risultato delle elezioni dello scorso giugno abbia ridisegnato la mappa politica di Westminster assottigliando la maggioranza della premier conservatrice Theresa May. “I fondamentali dell’uscita non sono cambiati, i leader dei due principali partiti hanno preso un impegno solenne con gli elettori. Non ci sarà un altro referendum, anche l’opinione pubblica non ha cambiato drasticamente opinione”.
Secondo Hill, nei fatti Brexit si sta già dimostrando un processo “fortemente disruptive”, che porterà a una netta distinzione tra vincitori e vinti. “Saremo sicuramente fuori dall’unione doganale e dal mercato unico, perché sia per il Labour che per i Conservatori controllare l’immigrazione rimane una delle principali priorità politiche. Ma non è ancora chiaro dove finiremo nel trade-off tra la convergenza legislativa e commerciale e la divergenza in termini di obblighi di appartenenza all’Unione”.
Stando all’analisi del Lord di Oareford, alla fine la Gran Bretagna sceglierà la strada di un minore – o più limitato – accesso al mercato europeo a favore di una maggiore autonomia legislativa e gestionale. “Il Regno Unito dovrà trovare una nuova collocazione nel mondo, che non passi più da Bruxelles. Le decisioni chiave andranno prese nei prossimi mesi”.
Eppure questa disruption, questo forte stravolgimento “non significherà la fine di Londra come centro finanziario globale”, ha precisato Hill. “Il fintech offre enormi opportunità per la City dal momento che è più facile creare un ambiente favorevole all’industria dovendosi rapportare a un solo interlocutore, piuttosto che dover contemperare le esigenze di 27 diversi paesi”.
Allo stesso tempo Brexit sta cambiando anche le sorti dell’Unione Europea. “Le occasioni che Brexit offre all’Europa sono evidenti”, ha affermato Hill. “Nel breve periodo ci sono opportunità per le città europee di aprirsi alle società che avranno bisogno di una presenza sul continente, un processo a cui stiamo già assistendo”.
Ma nel lungo periodo, ha ammonito Hill, la frammentazione e il rischio di maggiore instabilità finanziaria rischiano di aumentare perché “la Gran Bretagna – contrariamente a quanto ritenevano gli stessi inglesi – aveva molta voce in capitolo negli affari europei e in particolare in merito ai servizi finanziari. Ora che quella voce è silenziata, chi prenderà le redini della difesa degli interessi dei mercati finanziari?”.
Non la Germania, ha spiegato Hill, “dal momento che i politici tedeschi non hanno difeso gli interessi del mercato unico dei capitali. La Francia è il candidato principale, ma l’approccio di Parigi sarà diverso da quello di Londra”. E l’italia? “Quando avrete un governo, forse…” ha scherzato il Lord conservatore.
Cos’ha invece portato Londra all’UE che ora si perderà? “Eravamo una forza liberale che faceva in modo che la legislazione europea tenesse sempre in considerazione gli effetti sul business. Anche per questo non è corretto assumere che Londra perderà senza dubbio lo status di primo centro finanziario globale. Al contrario, sarà in grado di mantenere la reputazione di piazza finanziaria molto ben regolata. Ma dobbiamo continuare a tenere una conversazione intelligente con tutti i possibili interlocutori. Anche l’UE non potrà fare a meno di considerare le necessità comuni, come quella della passportabilità degli strumenti finanziari”, cruciale nel processo di distribuzione transfrontaliera di prodotti di investimento come i fondi comuni.
“L’UE deve ammettere di aver perso la seconda economia del continente”, ha ribadito Hill. “Dare la colpa dell’uscita del Regno Unito esclusivamente alla decisione di David Cameron di tenere il referendum non è del tutto onesto”. Secondo l’ex commissario UE basta osservare i risultati elettorali in giro per l’Europa per rendersi conto che “ci sono domande a cui bisogna dare risposta, e forse Brexit è l’ultimo problema di un’Unione che va riformata con un sistema più flessibile di legislazione comunitaria ispirato ai criteri dell’accountability, il principio di responsabilità”.
Senza tacere delle forti divergenze tra i diversi paesi, che dovrebbero invece essere tutti sullo stesso piano. “Oggi trovo difficile credere che i 27 riescano trovare la forza di andare avanti con una voce sola, come dimostra la gestione dell’enorme problema dell’immigrazione”. Ciononostante, Hill ha affermato con certezza: “Non penso che altri Paesi europei seguiranno l’esempio della Brexit”. E in merito alla concentrazione della vigilanza in capo alle Esa e lontano dalle autorità nazionali il Lord dei Tory ha concluso che “bisogna ancora una volta essere chiari sulle regole e sui meccanismi di accountability”.
L’accentramento delle competenze di supervisione per ridurre le discrezionalità nazionali sarà uno dei temi del 2018, ma l’uscita del Regno Unito dall’Ue complica il quadro. Intervista a Julie Patterson, specialista di asset management regulation per KPMG.
“Il tempo in cui la City dirigeva tutto, anche la politica, è terminato”. In attesa che ripartano le trattative tra Londra e Bruxelles, il capo della sede londinese dello studio Legance riflette sul sentiment diffuso tra gli operatori finanziari. Nel Regno Unito attualmente non c'è piena sintonia tra governo e City.
L’alto funzionario italiano in Gran Bretagna sottolinea l’espansione di Milano come piazza finanziaria e le azioni per porre la città al centro della mappa europea dopo Brexit anche grazie al modello italiano di corporate governance, fiore all’occhiello del tessuto economico del Paese.
Il settore finanziario come “layer strategico” di sviluppo per Milano. Le iniziative per rafforzare la competitività della città come piazza finanziaria europea. Intervista a Giuseppe Sala, sindaco di Milano.
A oggi, i rapporti futuri tra Regno Unito e Unione europea non sono ancora chiari, come non sono chiare le prospettive economiche per il Paese né il suo futuro politico
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio