L’industria arranca ma l’Istat vede rosa
A marzo la produzione delude le attese e cala dello 0,1% su febbraio. L’Istituto di statistica: “Prospettive favorevoli per l'economia italiana nei prossimi mesi”
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La primavera economica sta arrivando. E con il Recovery, per l’Eurozona sarà estate piena. Parola della Commissione europea che sulla spinta delle vaccinazioni in aumento, delle restrizioni in calo e dei fondi comunitari in vista, ritocca al rialzo il Pil Ue, Italia compresa. L’economia dell’Unione si espanderà del 4,2% nel 2021 e del 4,4% nel 2022, quella della Zona euro crescerà rispettivamente del 4,3% e del 4,4%. “Un significativo miglioramento” rispetto alle stime di febbraio scorso, scrive Bruxelles nelle consuete Previsioni economiche di primavera, visto che allora la crescita si fermava intorno al 3,5%, e anche se i tassi variano tra Paesi “tutti gli Stati membri dovrebbero vedere le loro economie tornare ai livelli pre-crisi entro la fine del 2022”.
“L’economia crescerà in modo robusto quest’anno e il prossimo”, assicura il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, secondo cui le prospettive sono migliori delle attese per due fattori: un rimbalzo più forte del previsto nell’attività globale e nel commercio e l’impulso del Recovery. In particolare, la stima è che i fondi Ue spingano la crescita dell’1,2% nel periodo 2021-2022, e anche se l’incertezza resterà elevata finché la pandemia continuerà a pesare sull’economia, i rischi sono ora considerati “ampiamente bilanciati”.
Per quanto riguarda l’Italia, le vaccinazioni e l’allentamento delle restrizioni stanno aprendo la strada alla forte ripresa nella seconda metà del 2021. “Gli investimenti sostenuti dall’Ue dovrebbero portare l’economia su un percorso di espansione sostenuta, che dovrebbe consentire alla crescita di tornare al livello pre-pandemia entro la fine del 2022”, scrivono i tecnici di Bruxelles che rivedono al rialzo il Pil tricolore a 4,2% quest’anno (4,5% la previsione del Governo) e 4,4% il prossimo.
Quanto al debito pubblico, questo è destinato a salire nel 2021 “a causa del protrarsi del sostegno pubblico”, ma poi comincerà a scendere dal 2022: toccherà il 159,8% quest’anno, per poi calare a 156,6% il prossimo. Anche il deficit salirà a 11,7%, ma nel 2022 ripiegherà a 5,8%, “grazie al calo della spesa pubblica e l’accelerazione dei ricavi”. L’occupazione invece, “in parte al riparo dallo shock pandemico grazie alla Cassa integrazione, dovrebbe aumentare solo nel 2022”, ma nel frattempo il totale delle ore lavorate dovrebbe recuperare rapidamente una volta che le restrizioni verranno allentate. Il tasso di disoccupazione dovrebbe quindi rimanere, secondo Bruxelles, intorno al 10% nel periodo di previsione “a causa del ritorno di la forza lavoro ai livelli pre-pandemici”.
“I numeri più recenti suggeriscono che la ripresa dell’attività economica stia guadagnando slancio. Mentre i vari Paesi dell’Eurozona lavorano in modo diverso alla riapertura delle rispettive economie, gli ultimi dati suggeriscono che la tendenza al rialzo sta continuando”, commenta Gero Jung, chief economist di Mirabaud Am, citando la crescita consistente delle vendite al dettaglio di marzo e gli ultimi sondaggi nel settore dei servizi che suggeriscono un leggero rafforzamento dell’espansione.
“Nel settore manifatturiero, l’ottimismo è prossimo ai massimi storici – sottolinea -. Ci aspettiamo che questa tendenza positiva continui con la riapertura delle principali economie, una forte domanda repressa che attende di potersi esprimere, alti tassi di risparmio accumulato durante la crisi e politiche fiscali di sostegno ai lavoratori (ad esempio, la Spagna ha recentemente prorogato il proprio regime di congedi fino a fine settembre)”.
“Per quanto riguarda le ultime business survey, la fiducia degli investitori è aumentata considerevolmente. L’indice Pmi dei servizi segnala un miglioramento molto incoraggiante in Francia e Spagna, dove entrambi gli indici suggeriscono un aumento dell’attività”, conclude Jung.
Per Andrew Paisley, investment director european equities di Aberdeen Standard Investments, è il momento giusto per puntare sulle small cap del Vecchio Continente, spesso più agili e meno burocratizzate delle loro controparti più grandi. “Molte di queste sono attività imprenditoriali a conduzione familiare – evidenzia -. Ciò significa che prendono decisioni risolutive che consentono loro di adeguarsi e di crescere nei periodi di forte e improvvisa instabilità. Di contro, per le aziende più grandi in genere è più difficile cambiare direzione quando i mercati attraversano fasi di turbolenza. Questa dinamica ha creato vincitori e vinti”.
Ecco quindi che diventa fondamentale un’attenta gestione attiva, soprattutto considerando le nuove esigenze nate con il cambio di abitudini dovuto alla pandemia e le aziende che sono state in grado di coglierle. “Ad esempio, via via che il lavoro da casa diventa realtà, i dipendenti investono in progetti di miglioramento e rinnovo di case/uffici – spiega Paisley -. Tra le small cap in grado di soddisfare questa domanda figurano Grafton, società britannica del settore delle costruzioni, Kesko, società finlandese del settore alimentare al dettaglio e del fai da te, e Fluidra, società spagnola di forniture per piscine”.
Ma non solo. L’esperto vede occasioni anche tra le small cap collegate al settore dell’e-commerce, come la tedesca Jungheinrich e la svedese Troax, oppure in quelle aziende che offrono soluzioni ‘dietro le quinte’ nel campo dell’automazione, come la svizzera Komax, o ancora tra i nomi di qualità, come il produttore tedesco di elettrodomestici Rational.
Anche stando ai dati BlackRock relativi alla raccolta globale degli Etp di marzo, ciò che emerge è la rinnovata voglia di azionario Ue. I flussi sono infatti saliti a 3,8 miliardi di dollari, il livello più alto da luglio 2020. “Vi sono segnali di un ampliamento della domanda – scrivono gli analisti -, supportati dagli investitori internazionali che iniziano a orientarsi verso le azioni europee: infatti, nel mese di aprile, gli afflussi per i prodotti quotati negli Stati Uniti hanno rappresentato l’86% del totale della raccolta sull’azionario europeo, superando i flussi dei prodotti quotati in Emea, per la prima volta da agosto 2020”.
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