Nella conferenza Assogestioni “CMU, il risparmio enabler della competitività europea”, Mario Nava della DG Reform conferma l’interesse di Bruxelles per il progetto. Ecco il futuro del dossier per industria ed esponenti delle istituzioni
Una costruzione imponente ed essenziale per sbloccare investimenti e competitività nell’Ue, innescando un circolo virtuoso che porti vantaggi tanto alle imprese quanto ai risparmiatori e alla stessa industria finanziaria: è questo lo scopo della Capital Markets Union, uno dei dossier più rilevanti a Bruxelles non solo a livello di regolamentazione finanziaria ma anche per promuovere un’Unione davvero forte a livello globale. Il tema è stato al centro del dibattito nella conferenza “CMU, il risparmio enabler della competitività europea”, che ha aperto il ciclo degli eventi targati Assogestioni nella seconda giornata del Salone del Risparmio.
I lavori sono stati introdotti dal Direttore Generale di Assogestioni, Fabio Galli, che ha sottolineato la centralità di questo progetto. Il dirigente ha sottolineato come alla base del progetto vi siano una visione sistemica e l’ambizione di coinvolgere tutti gli stakeholder per rendere competitivo il mercato comunitario, dove le quotate capitalizzano meno del 90% del Pil contro il 220% degli Stati Uniti. Ma Galli ha anche sottolineato quanto l’Italia possa avere un ruolo centrale nel fare scuola, come dimostrato dall’esempio virtuoso dei Pir: “Dobbiamo aspettare che sia l’Europa a muoversi? Credo invece che il nostro Paese possa innescare meccanismi autonomi, creando iniziative che hanno un impatto”.
Ma anche per la Commissione i tempi sono maturi
Mario Nava, Direttore Generale della DG Structural Reform Support della Commissione Europea, ha sottolineato l’importanza del progetto CMU per trasformare il risparmio generato nell’Ue in capitale al servizio dell’economia. “Nel 2015 è iniziato il percorso della Capital Markets Union con alcune iniziative ma il primo vero punto di svolta è arrivato nel 2019-2020 con l’High Level Group che ebbi l’onore di presiedere”, ha detto. E proprio su questa base la Commissione ha presentato mesi dopo il CMU Action Plan, di cui alcune iniziative sono state poste in essere con risultati diversi: meno efficaci sulla previdenza, più promettenti sugli strumenti alternativi come gli Eltif. Il funzionario europeo ha poi sottolineato l’importanza di un approccio concentrato sulle regole, sul loro recepimento e sull’implementazione ma anche su un’interazione della Commissione con gli stati membri. In Italia è accaduto con il dialogo sul Ddl Capitali mentre un esempio virtuoso all’estero è rappresentato dal lavoro con i Paesi baltici, che ha portato a unificare le borse dei tre Stati e ottenere risultati eccezionali in materia di attrazione dei capitali.
Secondo Nava, dunque, i tempi sono davvero maturi per dare slancio all’iniziativa. “Credo che stavolta sia diverso perchè da settembre noto un’attenzione politica sul dossier inedita”, sono state le sue parole. “C’è stato lo statement franco-tedesco, che invita a preparare una roadmap, quello Bce del 7 marzo e perfino quello dell’Eurogruppo di 15 giorni fa”, ha aggiunto. Quest’ultimo viene considerato significativo soprattutto perché “è molto concreto e parla di architettura, business, risparmio”. “C’è una dinamica nuova e la responsabilità della Commissione europea oggi è di tradurla in benefici per una ‘Economy that works for people‘”, ha concluso.
Dal fisco alla regolamentazione: i nodi per l’industria
Una tavola rotonda con esponenti del risparmio gestito e delle istituzioni ha poi esplorato l’importanza della Capital Markets Union per gli altri stakeholder: dalle imprese, che hanno bisogno di alternative valide al canale bancario, all’industria del risparmio gestito e fino agli investitori. Un dibattito che non ha mancato di rimarcare la rilevanza della leva fiscaleper portare i capitali verso l’economia reale.
Stefano Caselli, professore di Finanza dell’Università Bocconi, ha sottolineato l’importanza di colmare il gap tra Europa e Stati Uniti e la necessità di fare leva su diversi aspetti nel corso del percorso di costruzione della CMU: il coinvolgimento del sistema bancario, una maggiore capitalizzazione delle imprese per renderle più grandi e immuni ai rischi, una politica fiscale favorevole agli investimenti.
Sandro Pierri, ceo di Bnp Paribas IP e presidente di Efama, ha portato l’esempio della Francia e dei suoi sforzi nel costruire un ecosistema con player più grandi o comunque in grado di sostenere le transizioni in atto. Il tutto riflettendo su come occorra agire a livello della domanda ma su tre angolazioni diverse: “Come allunghiamo l’orizzonte temporale dei risparmiatori, come miglioriamo la qualità della consulenza finanziaria e come interveniamo sugli incentivi fiscali”. Se l’ultima questione è più complessa, perché si tratta di una materia che rientra nella competenza degli Stati membri, grandi passi avanti si possono compiere rispetto alla prime due passando da una logica di prodotto a una logica di portafoglio nell’approcciare il cliente.
Davide Serra, ad di Algebris, ha sottolineato come la disparità tra il modello Usa e quello europeo sia spieghi in parte con il fatto che “da noi c’è una cultura della protezione tale a spingerci a non prendere rischi”. Quanto alle soluzioni, l’attenzione del dirigente è ricaduta sui Pir come esempio dell’importanza della leva fiscale quale strumento per indirizzare gli investimenti sia rispetto all’attenzione che bisogna prestare per evitare che la regolamentazione produca un effetto negativo.
Marcello Sala, direttore generale del Dipartimento di economia del Ministero dell’Economia, ha invece parlato di quello che il dicastero sta facendo in tema di mercati di capitali. “La legge capitali è a sua volta un’evoluzione di una serie di lavori fatti negli anni precedenti e che hanno reso chiaro come occorresse ampliare il lavoro per lavorare su una serie di dimensioni”, ha dichiarato. Poi ha aggiunto: “Proprio perché stiamo parlando di Capital Markets Union e il mondo sta cambiando, non possiamo limitarci a seguire le best practice e ad adattare le regole al sistema italiano ma dobbiamo andare oltre”, ha aggiunto. Parole che, sulla scia di quanto detto da Galli, ribadiscono l’importanza di dare un esempio all’Europa. “Questo è il tipo di lavoro che stiamo cercando di fare, peraltro in tempi molto rapidi, perché non vogliamo arrivare quando il treno della CMU sarà già partito o qualcuno avrà già dettato le linee che dovremmo dettare noi”, ha concluso Sala.
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