Boom della finanza green. L’Ocse: “Fondi più resilienti”
Corrono gli investimenti verdi: 30mila miliardi di asset, +30% in tre anni. Ue in testa. E con il Covid i fondi sostenibili hanno performato meglio degli investimenti tradizionali
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Se non ci fosse stata la pandemia a monopolizzare il dibattito politico ed economico globale, probabilmente non avremmo sentito parlare di altro che di cambiamento climatico e di sforzi per contrastarlo. Anche con l’incognita del virus a tenere in sospeso economie e dinamiche sociali, tutti i Paesi G20 si sono di fatto impegnati a favore di un futuro “carbon neutral” per promuovere una crescita sostenibile per le generazioni future. Queste considerazioni hanno spinto gli esperti di Goldman Sachs a coniare un termine particolarmente eloquente, “Carbonomics”, per definire proprio l’economia che gira intorno alla riduzione delle emissioni di CO2, e analizzarne le relative opportunità di investimento.
“I cambiamenti politici, le legislazioni e le regolamentazioni, combinati con l’innovazione tecnologica, offrono un’enorme opportunità di investimento potenziale mentre il mondo procede verso la decarbonizzazione dell’energia, della mobilità, degli edifici, dell’agricoltura e delle industrie”, commentano gli esperti di Goldman Sachs Global Investment Research, che hanno pubblicato un’ampia riflessione sulla confluenza tra investimenti e decarbonizzazione, “in particolare su quattro settori di attività (ricerca azionaria, fundamental equity, investimenti alternativi di credito e selezione di manager ad architettura aperta)”.
Le dinamiche appena descritte rendono la sostenibilità un tema di investimento destinato a restare centrale. Gli investimenti sostenibili, osserva Michele Della Vigna, Global Investment Research Goldman Sachs, sono in fase di crescita, “con 103.000 miliardi di dollari statunitensi di asset in gestione a sostegno dei firmatari dei Principles for Responsible Investment (PRI)”, mentre “i fondi con le migliori performance Esg hanno generato 320 punti base di alpha all’anno in più di quelli con le peggiori performance Esg a partire dal 2012, secondo l’analisi GS SUSTAIN. Stimiamo che il crescente interesse dei mercati dei capitali nei confronti del cambiamento climatico stia determinando un movimento sismico nell’allocazione del capitale, con un prezzo implicito dell’anidride carbonica di 40-80 Dollari per tonnellata per i nuovi sviluppi degli idrocarburi”, afferma Della Vigna.
In questo quadro, un tema centrale è quello delle energie rinnovabili, che stanno trasformando il settore energetico e rappresentano “una delle opportunità di investimento più interessanti economicamente nella nostra curva di decarbonizzazione”, sottolinea Della Vigna. “La nostra ricerca suggerisce che l’energia rinnovabile diventerà la più grande area di investimento energetico nel 2021, superando per la prima volta nella storia l’estrazione di gas e petrolio, e che la tecnologia pulita può generare 16.000 miliardi di dollari di investimenti in infrastrutture verdi e creare 15-20 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo entro il 2030”.
Un ruolo chiave verso un’economia a zero emissioni spetta anche all’ascesa dell’idrogeno pulito, una tecnologia “che fornisce soluzioni di decarbonizzazione nelle parti più impegnative della curva dei costi della Carbonomics, tra cui il trasporto a lungo raggio, l’acciaio, i prodotti chimici, il riscaldamento e l’immagazzinamento di energia a lungo termine”, argomenta l’esperto. Senza dimenticare la necessità di reinventare la mobilità, a partire dal trasporto su strada – destinato a essere rivoluzionato da elettrificazione, guida autonoma e idrogeno pulito – per arrivare al settore aereo, che “si trova in cima alla nostra curva dei costi della Carbonomics ed è uno dei settori più difficili da decarbonizzare. I carburanti biologici, i carburanti sintetici e il miglioramento dell’efficienza sono parti fondamentali della soluzione”, spiega Della Vigna.
Secondo il team Fundamental Equity di Goldman Sachs Asset Management, la transizione verso un’economia a emissioni zero “potrebbe avere una portata simile alla rivoluzione industriale americana, ma potrebbe correre a una velocità della rivoluzione digitale, che riteniamo sia un’argomentazione estremamente valida per gli investitori in cerca di esposizione”, riflette Alexis Deladerriere, head of International Developed Markets Equity di Gsam, aggiungendo che alla base di questa valutazione ci sono tre fattori determinanti: l’aumento del sostegno dei governi a favore della transizione energetica e della sostenibilità; gli impegni del settore privato; il cambiamento nei comportamenti dei consumatori, che diventano sempre più consapevoli dell’importanza delle proprie scelte di consumo. “Il cambiamento delle preferenze ha stimolato l’innovazione, dando vita a nuove strategie presso le aziende esistenti o ad aziende completamente nuove (ad esempio Beyond Meat, che produce carne “plant-based”) per rispondere a questa domanda.
Per Jon Yoder, Co-Head di Gsm aCredit Alternatives Group, una delle opportunità più interessanti è rappresentata dall’energia solare. “Le aziende, i governi e gli istituti scolastici cercano sempre più spesso di procurarsi energia da impianti di produzione di energia rinnovabile”. E i progetti solari “sono spesso il miglior tipo di impianto di generazione per soddisfare questa domanda crescente”, perché consentono di produrre energia a un costo inferiore di quella proveniente da impianti convenzionali che può essere venduta con contratti a lungo termine e tariffe fisse. “Gli investitori in progetti di energia solare raccolgono i flussi di reddito a lungo termine prodotti dalla vendita di energia elettrica nell’ambito di questi contratti. Inoltre, gli acquirenti sono generalmente controparti investment grade e i rendimenti che gli investitori possono ottenere sono spesso migliori dei rendimenti derivanti dal possesso di obbligazioni con duration analoga emesse dagli acquirenti, creando così un interessante rendimento aggiustato al rischio nell’attuale contesto di bassi rendimenti”, spiega Yoder. E aggiunge: “Un potenziale vantaggio aggiuntivo è che i futuri progressi tecnologici aumenteranno probabilmente i rendimenti degli investitori su questi progetti. Ad esempio, se in futuro i pannelli solari raggiungeranno il doppio della loro potenza e la metà del loro costo, i progetti solari esistenti potranno essere “ripotenziati” per aumentare in modo significativo la produzione”, prosegue.
Per quanto riguarda i rischi, come quello dell’oscillazione dei valori dei flussi di reddito in base alle aspettative sui tassi di interesse, “questo rischio è parzialmente mitigato dall’eccesso di spread che gli investitori in progetti solari stanno guadagnando oggi e dal potenziale che questi spread si restringano in futuro per compensare gli aumenti dei tassi. Il rischio può anche essere parzialmente mitigato dalle potenzialità di miglioramento delle tecnologie che creano una maggiore produzione di energia dai progetti”.
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