Carnevale Maffè (SDA Bocconi): “MiFID II alle porte. Per consulenti e gestori, l’opportunità più grande”
15 dicembre 2017
di Eugenio Montesano
4,30 min
Nell’anno della “tempesta perfetta” della consulenza finanziaria, la direttiva europea aumenta la complessità della professione offrendo agli advisor la possibilità di fare un vero e proprio “salto di qualità”, spiega il professore di strategia della School of Management dell’università meneghina.
“L’Europa sta allargando il mercato della consulenza finanziaria. La MiFID II richiede certamente più professionalità, ma al contempo getta le basi per far emergere l’eccellenza professionale. Solo gli impreparati hanno paura di questa sfida, mentre i professionisti più competenti e tecnologicamente solidi guardano alla MiFID come a un’occasione per intercettare i portafogli dei risparmiatori rimasti finora bloccati dall’investimento in titoli di stato o bond bancari”.
Lungi dall’essere una minaccia, la MiFID II certifica l’importanza della consulenza come elemento cruciale dell’asset management in Italia e in Europa. A due settimane dall’entrata in vigore della direttiva, Carlo Alberto Carnevale Maffè riflette sulla “grande spinta al merito e all’aggiornamento” che la direttiva rappresenta per consulenti finanziari e gestori patrimoniali.
Come cambia il mercato della gestione del risparmio post-MiFID II? La direttiva MiFID II procede di pari passo con la Capital Market Union, in un percorso che l’Europa sta intraprendendo per togliere dal portafoglio della raccolta bancaria le obbligazioni e affidarlo ai fondi. In Italia abbiamo un record europeo di vendita delle obbligazioni bancarie che è destinato a ridursi notevolmente. Questo sia a causa della BRRD (“Bank Recovery and Resolution Directive, la normativa europea sulla risoluzione delle crisi bancarie, ndr) sia perché con la MiFID II le banche tradizionali non saranno più in grado di vendere quegli strumenti. Ciò asciugherà centinaia di miliardi di impieghi dei risparmiatori da un’asset class che di fatto per il segmento retail si sta estinguendo – il che è una buona cosa. Quindi se da un lato è vero che l’Europa aumenta la complessità del mestiere di consulente finanziario, dall’altro amplia anche il mercato rendendo contendibile quote del portafoglio degli italiani che sedevano nel cassetto delle banche.
Qual è il suo consiglio per consulenti e gestori, gli incumbent dell’industria italiana del risparmio gestito? Cosa fare per farsi trovare pronti a rispondere alle novità introdotte dalla MiFID? MiFID 2 non va temuta, non è una minaccia per chi fa questo lavoro bensì è una richiesta di responsabilità e di consapevolezza che affida un compito di straordinaria importanza ai consulenti, da svolgere seguendo regole più chiare e trasparenti. I miei suggerimenti sono di abbracciare la tecnologia e i suoi strumenti, fondamentali per aumentare la frequenza dei contatti con i clienti. Non basta la stretta di mano due volte all’anno o l’allocazione accidentale, ma bisogna intraprendere un dialogo permanente. Ai consulenti dico: i robo-advisor non dovete temerli, dovete assumerli. I robot non sostituiscono gli esseri umani, ma liberano tempo e risorse permettendo loro di fare lavori che non ha senso affidare alle macchine.
Aggiungo poi che gli advisor non devono avere paura neanche della trasparenza sulle commissioni, che è in grado di ampliare la remunerazione dell’intermediazione di valore – cosa che succede da sempre nei servizi professionali. Basta pensare ai medici: non vado dal medico che costa meno, vado da quello che mi salva la vita. L’idea che la remunerazione sia un valore fondamentalmente uguale per tutti, correlato solo ai volumi, è un’idea superata. Oggi la remunerazione di un professionista deve essere correlata al valore, alla qualità e alla professionalità del servizio, non ai volumi. Altrimenti vince la mietitrebbia della raccolta, e questo non è un modo per premiare il merito.
I consulenti finanziari italiani sono pronti per entrare nella nuova era MiFID? In larga parte non lo sono, ma non lo sono neanche le banche. Questo anche a causa della complessità della MiFID II, che si muove su due fronti: il back-end delle banche, cioè i sistemi che dovrebbero essere pronti a usare i big data e i data analytics per sfruttare al meglio la quantità di nuovi dati che si dovranno raccogliere in sede di profilazione e durante tutta la durata del rapporto professionale intrattenuto con il cliente.
Ed è qui che entra in gioco il front-end rappresentato dal dialogo costante col cliente finale, che nel regime introdotto da MiFID II richiede una valutazione di adeguatezza decisamente diversa in termini di criteri e di approfondimento del profilo del cliente, di raccolta e di freschezza delle informazioni. Il tema a vero valore aggiunto è proprio quello dell’adeguatezza.
Se a questo aggiungiamo l’introduzione, a maggio 2018, della GDPR (General Data Protection Regulation, il regolamento europeo sulla protezione dei dati e della privacy, ndr) associato alla PSD2 (Payment Services Directive) volta a creare un mercato unico e integrato dei servizi di pagamento digitali, in partenza a gennaio, possiamo osservare che il 2018 sarà davvero l’anno della “tempesta perfetta” del dato digitale bancario. A mio avviso il mercato italiano non è ancora pronto a spiegare queste cose ai clienti e a elaborarle in termini efficienti all’interno delle banche. Questo comporta che se le banche e le reti non spingono sull’innovazione per fare un buon lavoro in questi ambiti, a farlo sarà qualcun altro.
Si riferisce alle società fintech? La MiFID II può spianare la strada ai servizi alternativi altamente tecnologizzati di investimento e consulenza? Questi servizi non sostituiranno i consulenti, ma ciò che ci aspettiamo che avvenga – non subito, ma nell’arco dei prossimi due o tre anni – è che la robo-advisory possa comprimere i margini in quanto mette sotto pressione l’aspetto commissionale. Detto questo, il robo-advisor interessa soprattutto a una frazione giovane e ancora limitata della popolazione, con molto meno patrimonio, per cui l’effetto ponderato di questi canali ha un impatto limitato in termini di portafoglio complessivo indirizzabile, almeno nel breve periodo. Ma sono convinto che la robo-advisory sarà una prassi comune per i servizi di investimento così come ora lo sono, in altri ambiti, Booking.com o TripAdvisor.
La MiFID prevede una netta demarcazione del servizio di consulenza rispetto a quello di collocamento e vendita dei prodotti, ma in passato lei ha affermato che in Italia la consulenza non si sa valutare. La consulenza è un servizio che richiede consapevolezza anche da parte dei clienti? Certo, come mostrano chiaramente le indagini Consob e i dati di Standard & Poor’s: l’Italia ha i risparmiatori più ricchi e più impreparati, il massimo livello di patrimonio e il minimo di conoscenza finanziaria. C’è un gap colossale da lato della domanda, che si colmerà progressivamente ma ci vorrà del tempo. La consulenza richiede clienti consapevoli e disposti a riconoscerle il giusto valore, e del resto i migliori professionisti non hanno mai tenuto nascosto il costo dell’intermediazione e della distribuzione. Che però oggi rappresenta l’anello debole della catena del valore dell’asset management, nonché il più inefficiente, basato com’è su logiche di volumi. Non è giusto remunerare un consulente solo in proporzione alla quantità di asset in gestione: va invece remunerato sulla base della qualità del servizio che offre, misurato in termini di professionalità, frequenza dei contatti con i clienti, gestione dei flussi di dati e, solo in ultima analisi, della performance. Perché anche la scelta di non investire è un servizio che vale tanti soldi.
Un servizio che la MiFID II contribuirà a valorizzare. Oggi paradossalmente questa scelta non viene remunerata, essendo sussidiata dalla vendita di prodotti. Dal 2018 invece la consulenza dovrà essere progressivamente più trasparente e i clienti dovranno imparare a pagare il consulente anche quando questi gli consiglia di non investire. Un medico non è incentivato a riempire i pazienti di farmaci: la sua consulenza può prevedere anche di non prendere medicine, se non servono. I consulenti devono essere messi in condizione di fare lo stesso, e la MiFID II è un grande passo avanti nella direzione di una maggiore valorizzazione del servizio.
Per respingere le pressioni dei newcomer del fintech ed essere pronti a un’eventuale ingresso nell’industria finanziaria di tech giant come Apple e Google, gli asset manager tradizionali devono muoversi per soddisfare le esigenze digitali dei clienti.