Secondo il co-fondatore e cio della società il comparto è il migliore al mondo per catturare il potenziale di crescita associato a quei business che modelleranno economia e società nel prossimo futuro. Necessario, però, un effettivo approccio di lungo periodo
“Alla luce di 25 anni di esperienza posso dire che le small e mid cap europee sono oggi il migliore comparto in cui investire con uno stile growth”.
Molti sono gli avvenimenti che si sono susseguiti nell’ultimo triennio, ma secondo Cyrille Carrière, co-fondatore e cio di Lonvia Capital, rappresentata in Italia da Amchor IS, non sono cambiati i trend di lungo periodo.
“Healthcare, digital, software e automazione sono i luoghi in cui trovare le storie aziendali con le migliori prospettive di crescita. Settori in cui l’Europa possiede una leadership non sempre riconosciuta in termini di know-how di cui dobbiamo essere orgogliosi e che ci vede molto avanti rispetto anche agli Usa”, spiega.
“Molte sono le realtà in cui investire e la loro dimensione è prevalentemente quella delle small e mid cap. È in questo segmento di mercato che si trovano i campioni globali dell’innovazione. La nostra missione è quella di individuarli presto nel loro percorso di crescita e potere così sfruttare il loro potenziale di espansione e insieme l’effetto dell’interesse composto che si dispiega restando investiti con un orizzonte di lungo periodo”, aggiunge Carrière.
Ripercorriamo i tre anni dalla fondazione della società. Un periodo con vari fattori di incertezza, sia interni che esterni ai mercati
Il 2020 e il 2021 sono stati due anni fantastici per i nostri fondi (la gamma di Lonvia è interamente focalizzata sul segmento delle small e mid cap europee con tre fondi attivi di stile growth). Nonostante il Covid abbiamo riportato ottime performance e una continua crescita delle masse. Questo perché le compagnie da noi selezionate operano in ambiti critici e strettamente necessari per il funzionamento e lo sviluppo di economia e società.
Nel 2022 e 2023 i rialzi dei tassi hanno determinato un effettivo problema considerando il nostro stile di gestione. Una fase in cui le piccole e medie imprese dall’alto potenziale in termini di innovazione, a cui corrispondono azioni a lunga duration e con una forte attesa di crescita che può arrivare al doppio o triplo in un solo anno, hanno sofferto inevitabilmente. L’impatto del repentino rialzo dei tassi ha, inoltre, causato un riposizionamento degli investitori con effetti negativi su flussi e valutazioni.
Questo ha penalizzato la performance complessiva che rimane comunque molto superiore rispetto a quella del mercato. Le prospettive complessive di investimento rimangono, però, inalterate.
Quali sono le basi del processo di un processo di investimento in grado di selezionare i campioni dell’innovazione?
Il nostro obiettivo è arrivare a quelle società che possiedono il prodotto giusto nel giusto momento e il cui management è capace di reinvestire sulle basi della crescita futura. Ricerchiamo quindi player europei di nicchia con in nuce già il destino di leader globali di mercato. Per questo motivo il nostro orizzonte di mantenimento di un titolo si avvicina spesso ai 10 anni.
Questo ci pone in atteggiamento di relativa indifferenza rispetto a tutti quei fattori esterni che non possiamo controllare, come politica monetaria o le tensioni internazionali, per concentrarci interamente sulla selezione che consiste nella valutazione dei piani aziendali e nella capacità di metterli in pratica.
Quando ho iniziato la mia carriera come analista mi trovavo in un ambiente molto influenzato dalle view macroeconomiche. Nel passaggio al ruolo di gestore la mia decisione è stata di fare esattamente l’opposto a partire dalla consapevolezza che cercare di prevedere avvenimenti su cui hanno scarsa visibilità anche i diretti protagonisti, come ad esempio le banche centrali, non è un buon modo per decidere come investire.
Negli oltre due decenni di attività come sono cambiate le aziende?
Dopo la grande crisi finanziaria del 2008 c’è stato un grande dietrofront sull’utilizzo di debito con una grande riduzione complessiva a partire dalla consapevolezza che l’eccessiva esposizione nei confronti del sistema bancario rappresentava un grosso rischio. Noi oggi investiamo in compagnie che per il 65% sono cash positive e le uniche società che possediamo con debito in bilancio sono quelle che sono state impegnate in acquisizioni.
Guardando avanti, che anno sarà il 2024? Quali sono le attese?
C’è oggi un eccesso di preoccupazione sulla capacità delle aziende di sostenere i bisogni in termini di finanziamento. Dobbiamo considerare che i tassi, sebbene molto più alti rispetto a 2 anni fa, sono ancora moderati e un’azienda con un business profittevole non ha alcuna difficoltà a sostenerli.
Il pessimismo che si vede sui mercati non è, a nostro avviso, giustificato. Parlando con il management delle aziende che abbiamo in portafoglio abbiamo segnali del percorso discendente dell’inflazione che non rappresenta più un problema. Il rallentamento della crescita è un fatto, sia in Europa che negli Usa, ma le banche centrali hanno ormai fatto gran parte del lavoro e la stabilizzazione in corso lascia intravedere un possibile ritocco al ribasso dei tassi nei prossimi mesi. Le valutazioni di molte aziende del nostro comparto di interesse riflettono scenari drammatici che allo stato attuale non sono all’orizzonte e questo rappresenta una grande opportunità per investitori e gestori.
Dove si concentrano oggi le migliori opportunità di crescita tra le small e mid cap europee?
Un settore di grande interesse per noi è quello delle aziende dell’healthcare fornitrici delle grandi big pharma continentali. Biotech, diagnostica e medtech sono ambiti in cui l’Europa ha leader assoluti in segmenti di nicchia. La digitalizzazione è certamente un altro elemento in connessione in particolare all’automazione 4.0 e all’elettrificazione. In termini geografici i Paesi nordici sono quelli in cui troviamo attualmente il maggior grado di innovazione.
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