GSS bond, il 2024 chiude a quota mille miliardi. E il 2025 promette il bis
Si conferma il dominio delle obbligazioni green e degli emittenti europei. Ma sul nuovo anno pesano diverse incognite. Le analisi di S&P e MainStreet Partners
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La corporate governance d’Italia non è mai stata così vicina a colmare il gender gap. Ben il 43,5% dei board che guidano i gruppi finanziari quotati della Penisola è infatti rappresentato da donne. Lo rivela l’European Financial Services Boardroom Monitor, l’indagine EY sui cda delle società presenti nell’omonimo indice Msci, che evidenzia come il nostro Paese si collochi al secondo posto nella classifica generale. Un risultato sul quale, però, si intravede una macchia: il trend migliorativo pare in via riduzione in tutta Europa.
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Secondo lo studio, davanti al Belpaese si piazza solo la Francia: 46,6% è infatti la quota consiglieri d’Oltralpe appartenenti al gentil sesso. Tutti gli altri Stati analizzati restano dietro: dai Paesi Bassi (42,2%) alla Germania (39,7%) fino alla Spagna (39,4%). Eppure, quello che potrebbe essere accolta come una conquista rischia venire compromessa dalla tendenza recentemente registrata nel Vecchio Continente. Il 2023 ha infatti visto le nuove nomine femminili nei cda delle istituzioni finanziarie europee calare rispetto all’anno precedente: appena 44% contro il 51% del 2022. Un dato che Stefano Battista, Italy Financial Services Market leader di EY, interpreta come pausa fisiologica dopo l’incremento degli ultimi anni e il raggiungimento della soglia del 40% prevista dalla Women on Boards Directive. Anche se, per il nostro Paese, il manager vede uno spunto di riflessioni in più: “Poiché la vigente regolamentazione già prevede il rispetto di tale limite, la vera sfida sarà ottenere percentuali simili anche per le figure apicali”.
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Quanto al bacino di provenienza, EY rileva come un contesto sempre più dinamico e incerto abbia spinto le aziende del settore a ricercare profili che potessero integrare competenze tecnologiche o di sostenibilità. Anche in Italia, dove i neoconsiglieri esperti di digitale sono saliti dal 19% al 36% e quelli informati sul mondo Esg pesano per il 24%. Per Battista, si tratta di un trend coerente con il ritmo al quale l’industria sta facendo proprie innovazioni come la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale o il monitoraggio dei rischi cyber. Ed è certo che il fenomeno “troverà riscontro anche nella ormai prossima stagione dei rinnovi delle compagini consigliari nonché nell’attuazione di percorsi di training su temi tech al fine di mantenere le competenze dei board allineate a tali materie”. Luca Galli, che in EY è Business Consulting Leader, nota invece come la qualità dei board sia orami “un tema cardinale per gli investitori e i supervisor”.
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