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Briscoe (UBS Asset Management) spiega perché i mercati obbligazionari onshore cinesi hanno una bassa correlazione con i mercati globali
La crescita dei mercati finanziari cinesi in questo 2020 si palesa anche nel crescente interesse che gli investitori esteri manifestano verso le asset class dell’ex Celeste impero. Se l’investimento nell’azionario cinese è già da qualche anno un’idea con cui convivono molti investitori private, più recente è l’interesse verso il mondo delle obbligazioni cinesi, in special modo quelle onshore, cioè il cui valore nominale è espresso in renminbi (RMB).
“Le riforme dei canali di accesso, in particolare la creazione del Bond Connect e l’inclusione nei benchmark internazionali, hanno consentito l’apertura di canali di investimento portando capitali esteri sui mercati obbligazionari cinesi onshore”, spiega Hayden Briscoe, head of fixed income nell’area Asia Pacific di UBS Asset Management.
Secondo i dati della People’s Bank of China, da gennaio 2017 a fine giugno 2020 le partecipazioni degli investitori internazionali in obbligazioni cinesi onshore sono più che triplicate, passando da 800 miliardi a 2.570 miliardi di renminbi.
Una delle caratteristiche peculiari del mercato a reddito fisso cinese è la sua bassa correlazione rispetto ai diversi mercati globali. “La bassa correlazione delle obbligazioni cinesi è considerata un importante vantaggio di diversificazione per gli investitori globali”, sostiene Briscoe, sottolineando che il potenziale di questo mercato sia ancora tutto liberare: “l’influenza degli investitori esteri non è aumentata altrettanto: la loro quota di mercato è salita dall’1,8% nel 2017 al 2,7% a giugno 2020, soprattutto perché il mercato obbligazionario domestico è contemporaneamente cresciuto in tempi molto rapidi”.
Chi compra le obbligazioni cinesi onshore?
Secondo l’esperto di UBS Asset Management i principali acquirenti di obbligazioni onshore cinesi a fine giugno 2020 sono:
–Istituti di credito, in prevalenza banche domestiche cinesi (55% del mercato obbligazionario onshore).
-Asset manager (29%).
-Altri, ovvero enti statali e investitori corporate (11,3%).
-Investitori stranieri (2,7%).
-Compagnie assicurative (2%)
Un altro aspetto importante è la ripartizione degli investitori sui mercati cinesi onshore. “A dominare sono le banche, con la loro mentalità buy-and-hold, che detengono il 55% di tutte le obbligazioni in circolazione a giugno 2020”, spiega il fund manager della società svizzera.
L’esperto sostiene che nel caso degli investimenti bancari i periodi di detenzione dipendono spesso da fattori quali i tassi repo, la liquidità delle banche centrali e i costi di funding previsti, pertanto le partecipazioni delle banche propendono verso obbligazioni governative e semi-governative altamente liquide. “I titoli legati al credito sono assai meno liquidi e gli investitori bancari accrual-based hanno margini di spread di credito per compensare i costi di carry”.
Questa ridotta correlazione è destinata a rimanere tale?
“In sintesi, possiamo affermare che il mercato obbligazionario cinese sta non solo crescendo, ma anche cambiando rapidamente. La bassa correlazione dimostrata storicamente sarà soggetta alle pressioni che abbiamo delineato: crescente possesso estero, cambiamento strutturale del mercato ed evoluzione dell’approccio di politica monetaria della Cina. Tuttavia, dubitiamo che tali fattori faranno aumentare sensibilmente la correlazione tra l’obbligazionario cinese e i mercati globali nei prossimi tre-cinque anni, pertanto ci aspettiamo che nel prossimo futuro le obbligazioni cinesi continueranno a offrire i vantaggi di diversificazione che abbiamo illustrato”, conclude Briscoe.
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