Private market, bond e gestione attiva: i family office rivoluzionano l’asset allocation
Per l’Ubs Global Family Office Report 2023, tensioni geopolitiche, tassi e inflazione stanno causando nei portafogli “il più grande cambiamento mai registrato”
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La Cina corre, ma gli investitori preferiscono andarci piano. Pechino ha pubblicato i dati relativi al primo trimestre 2023, il primo dopo le riaperture post-Covid, mostrando un Pil in rialzo del 4,5% annuo, contro il 2,9% di ottobre-dicembre e il 4% atteso dagli analisti. Su base congiunturale, l’aumento è stato del 2,2% rispetto allo 0,6% rivisto dei tre mesi precedenti e al 2,2% stimato. Merito anche dell’accelerazione delle vendite al dettaglio, che a marzo hanno centrato un rialzo annuo del 10,6%, più del 3,5% di gennaio-febbraio e del 7,6% del consensus.
Ma per i mercati non è ancora tempo di festeggiare. A preoccupare è infatti il dato sulla produzione industriale, cresciuta del 3,9%, ai massimi da ottobre e oltre il 2,4% combinato di gennaio-febbraio, ma sotto il 4% atteso. Un dato incerto a cui si aggiungono una serie di altre incognite. “Il mercato si aspetta una forte ripresa della Cina quest’anno, ma l’ottimismo appare eccessivo alla luce delle sfide e dei vincoli che il gigante asiatico deve affrontare”, sottolinea Silvia Dall’Angelo, senior economist di Federated Hermes, la cui previsione di crescita per quest’anno è tra il 5,5% e il 6%, meglio del 2022 ma ben al di sotto del pre-Covid.
Per l’economista, la riapertura avrà sì ricadute positive sulla crescita globale, ma in misura contenuta: l’economia cinese dovrà infatti affrontare una serie di sfide negli anni e nei decenni a venire. In primo luogo, secondo la Dall’Angelo, le politiche di stimolo fiscale e monetario saranno più misurate e mirate, in considerazione dei rischi in termini di stabilità finanziaria e dei minori rendimenti marginali delle misure tradizionali. “L’annuncio dell’ultimo Congresso Nazionale del partito di un obiettivo di crescita del 5% per il 2023 ha sorpreso i mercati, ma può essere interpretato come un tentativo di mitigare le aspettative di stimolo fiscale e monetario, da parte di autorità cinesi sempre più consapevoli dei vincoli entro i quali si trovano ad operare”, fa notare.
Pechino deve poi anche inoltre affrontare il problema fondamentale della transizione da un modello di crescita da mercato emergente, basato su investimenti ed esportazioni, a uno più avanzato, fondato sulla domanda interna. “La ripresa dovrà quindi essere trainata dai consumi piuttosto che dagli investimenti, il che dovrebbe limitare le ripercussioni sulla crescita e sull’inflazione globali”, evidenzia l’economista.
Ne deriva che, a detta della Dall’Angelo, la riapertura del Dragone solleverà in qualche misura la crescita globale, ma l’impatto sarà probabilmente limitato e temporaneo, come suggerito anche dalla recente enfasi posta dal governo sulla domanda interna e sull’autosufficienza. “Le ricadute esterne saranno probabilmente anche localizzate; da questo punto di vista, l’Europa è probabilmente meglio posizionata di altre regioni per trarne beneficio”, conclude.
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