Commodities ai tempi del Covid. L’oro è ancora un bene rifugio?
3 aprile 2020
di Sofia Fraschini
3 min
Notz Stucki: “La way-out preferita dagli investitori ha subìto la volatilità dei mercati”. Ma per State Street è ancora un asset sicuro. E Goldman scommette: “Arriverà a quota 1800”
Rifugiarsi nell’oro è da sempre la wayout preferita dagli investitori per dribblare le grandi crisi. Un scelta spesso vincente anche se – nel caso dell’emergenza Covid – anche il metallo giallo ha dimostrato di non essere sempre immune dalla volatilità.
A metà marzo, nemmeno questa commodity ha retto all’ondata di panico che ha travolto i mercati finanziari. Il più classico tra i beni rifugio – che si era appena lasciato alle spalle la peggiore settimana da 37 anni – ha continuato a essere bersagliato dalle vendite, sfondando al ribasso la soglia dei 1.500 dollari l’oncia per scivolare ancora più giù, fin sotto 1.450 dollari. Negli ultimi giorni, poi, il trend si è invertito e l’oro ha raggiunto quota 1584 dollari (al 1 aprile).
Un trend che ha suscitato degli interrogativi: il più prezioso tra i metalli è davvero un bene rifugio? Gli analisti sono divisi sulla questione. “Nell’ultimo decennio – spiega Giacomo Calef di Notz Stucki – abbiamo osservato una correlazione negativa tra l’andamento del tasso reale (depurato dall’inflazione) del titolo di Stato americano a 10 anni e la quotazione dell’oro, quindi quando il tasso scendeva, l’oro saliva. Oppure, in altri termini, ad un’aspettativa di rialzo del tasso di inflazione corrispondeva una salita dell’oro. Ciò perché quest’ultimo viene tipicamente utilizzato dagli investitori nei periodi di inflazione in quanto permette di proteggersi dal deprezzamento della moneta. Tuttavia, nel corso di questo primo trimestre del 2020 abbiamo osservato che può essere molto volatile e può crollare assieme ai mercati”.
Alla base dell’ondata di vendite ci sarebbe infatti la riduzione della leva finanziaria (deleveraging). Quest’ultima ha portato coloro che si indebitano a dover fare cassa per ridurre le proprie linee di credito e per rispettare le cosiddette “margin calls”, ovvero i margini di garanzia che i broker richiedono agli investitori per mantenere aperto il proprio conto.
“Il risultato – spiega Calef – è che, similmente a quanto accaduto nel 2018, ovvero quando tutte le asset class avevano chiuso l’anno in negativo, nel momento in cui tutto crolla si crea una correlazione tale per cui risulta quasi impossibile salvarsi”.
Insomma, quando la barca affonda, l’oro non la tiene a galla da sola. Tuttavia, si tratta di movimenti che possono essere considerati temporanei e con perdite limitate. In questo difficile momento l’oro è una delle poche asset class (se non l’unica) che, da inizio anno, possiede ancor una performance positiva, con un +7,88% circa (al 30/3).
“Attribuiamo questo fenomeno insolito alla necessità degli investitori di raccogliere capitali alla luce del calo diffuso del valore degli asset. Alcune posizioni in oro, in realtà molto redditizie, sono state ridotte, ma stiamo già vedendo acquisti di ETF sull’oro. In sintesi gli investitori fanno sempre più affidamento sull’oro per la protezione e la diversificazione del rischio, ora più che mai.” commenta Marija Veitmane, Multi Asset Class Research Senior Strategist di State Street Global Markets. Guardando al futuro, nonostante i dubbi suscitati dalla volatilità elevata, anche Goldman Sachs ha consigliato di acquistare oro, affermando che “l’attuale situazione economico-finanziaria provocata dal Coronavirus è ideale per il metallo prezioso che, anche grazie al maxi-piano annunciato ieri dalla Fed, può raggiungere quota 1800 dollari l’oncia”.
Tutela della salute e previdenza balzano fra le priorità della clientela nel post-coronavirus. “Le Sgr più strutturate devono farsi trovare pronte per questi nuovi bisogni”, spiega Saitta (Intermonte)
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