Tensioni geopolitiche, calo dell’offerta e forte aumento della domanda stanno spingendo il metallo rosso. BofA lo vede a 12 mila dollari entro il 2026, per Ofi Invest Am potrebbe schizzare del 30%
Il rame ha chiuso un’altra settimana da record con le quotazioni oltre 9.590 dollari, ai massimi da quasi due anni. I timori per l’approvvigionamento legati alle tensioni geopolitiche, la domanda oltre le attese dovuta alla ripresa delle manifatture Usa e cinese e il calo della produzione stanno infatti mettendo le ali a Dr. Copper. E molti analisti vedono rosa: la corsa sembra destinata a continuare almeno per i prossimi tre anni, alimentata dalle sfide dell’offerta globale e dal forte bisogno di questo metallo per la transizione energetica e per le tecnologie legate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Secondo gli esperti di Bank of America, ormai le correlazioni tra ferro e rame si sono interrotte, divergendo dai trend storici. Un andamento che gli analisti definiscono “sostenibile” proprio per il fatto che il metallo rosso ha assunto un ruolo centrale nelle nuove tecnologie, in particolare in quelle connesse alla decarbonizzazione. A questo si aggiunge poi che i tagli alla produzione si stanno traducendo in una contrazione dell’offerta che, assieme alla ripresa dell’economia globale, al restocking e ai tagli dei tassi d’interesse potrebbero spingere il prezzo “fino a 12.000 dollari alla tonnellata entro il 2026”. I rischi per questa previsione rialzista ovviamente non mancano, precisano gli analisti di BofA, a partire dal principale: un possibile “rallentamento degli investimenti verdi da parte della Cina”.
Più cauti i colleghi di Banca Mps, per i quali se è soprattutto la manifattura del Dragone a spingere al momento le quotazioni del rame, il secondo semestre potrebbe rivelarsi meno brillante. “Riteniamo più aderente al quadro fondamentale un range 8.500-9.000 dollari alla tonnellata per l’estate, anche se la politica produttiva cinese crea elevata incertezza e potrebbe giustificare un premio sul range sopra menzionato”, scrivono gli strategist che si attendono comunque un calo sotto quota 9.000 a partire da maggio.
Il prezzo potrebbe schizzare del 30% in due anni
Di parere completamento opposto l’head of Commodities di Ofi Invest Am, Benjamin Louvet, per il quale il 2024 potrebbe essere “l’anno uno del rame”, perché a partire dai prossimi mesi potremmo assistere a un vero e proprio rally. La prima ragione, secondo l’esperto, sta nel fatto che il livello delle riserve è tornato a essere molto basso. Inoltre, dal lato dell’offerta, numerosi fattori hanno colpito la catena produttiva: le tensioni in Cile hanno impedito il raggiungimento dell’output previsto, mentre a Panama la Corte Suprema ha giudicato incostituzionale il contratto firmato da Cobre Panama e First Quantum Mineral. “Per dare l’idea, l’attività mineraria in oggetto, che produce il 2% del rame nel mondo, è stata chiusa e non sarà riaperta almeno fino alle prossime elezioni, in programma per maggio”, chiarisce. A questo si aggiunge la decarbonizzazione: secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia occorrerebbero 80 nuove miniere per soddisfare in toto la domanda legata alla transizione energetica.
Sul fronte della domanda, oltre alla transizione energetica, secondo Louvet a spingere la richiesta di rame ci sono anche nuovi elementi legati ad essa. “Un esempio su tutti è lo sviluppo della rete elettrica, con molti governi, soprattutto europei, che solo recentemente hanno capito che non svilupparla potrebbe vanificare tutti gli sforzi”, osserva. Questo, a suo parere, andrà a sostenere gli investimenti nel mercato del rame: Pechino da sola ha stanziato 70 miliardi di dollari lo scorso anno e potrebbe arrivare a 500 nel 2030.
Infine, l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati. Nello specifico, Louvet evidenzia che per generare un GW in più a sostegno dello sviluppo dell’Ai, secondo le stime saranno necessarie tra le 50mila e le 65mila tonnellate di metallo rosso. “Supponiamo che gli Stati Uniti, dove si concentra circa la metà del mercato dell’Ai, ne incrementeranno lo sviluppo per ulteriori 5 GW ogni anno. Solo questo comporterebbe un incremento della domanda di 500mila tonnellate in tutto il mondo, pari al 2%”, analizza.
Secondo IFP Énergies Nouvelles nel 2050 il consumo di rame arriverà quasi ad eguagliare l’offerta massima disponibile sul pianeta: si stima che consumeremo circa il 90% delle risorse ad oggi conosciute. Per l’esperto di Ofi Invest Am, insomma, questi numeri bastano a convincere che il 2024 sarà il punto di partenza di una rapida ascesa della domanda di Dr. Copper. Una corsa “che potrebbe portare il prezzo a toccare la soglia dei 30mila dollari a tonnellata nell’arco di due anni (+30%)”, conclude.
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