Anche nella consulenza è forte il divario di genere per quanto riguarda prospettive, reddito e soddisfazione lavorativa. La ricerca Bocconi per Anasf e Jp Morgan AM
Anche nella consulenza finanziaria le donne tengono famiglia. Se infatti le professioniste sono poco più di un quinto del totale (dati OCF 2023), su queste grava anche il peso dei un nucleo familiare che spesso agisce da freno alla carriera. A fare il punto della situazione è uno studio condotto dall’Università Bocconi, e cofinanziato da Anasf e J.P. Morgan Asset Management, da cui emerge come il raggiungimento della parità di genere sia ostacolata dalla differenza tre fattori: prospettive, reddito e soddisfazione lavorativa.
Dal reddito alla carriera: donne frenate dai carichi familiari
La ricerca ha coinvolto 830 consulenti finanziari, di cui 585 uomini e 245 donne, con l’obiettivo di individuare gli ostacoli, i fattori demografici, familiari e lavorativi, le motivazioni e le attitudini che portano le donne a essere ancora sottorappresentate nella categoria. La prima evidenza che salta all’occhio è la netta differenza in termini di distribuzione tra fasce di reddito: il breadwinner della famiglia è infatti quasi sempre un uomo (l’87,1% dei professionisti contro il 46,9% delle colleghe).Indicativi in questo senso sono i dati relativi al congedo parentale all’interno del nucleo: il 90% circa degli uomini non ha usufruito di alcun congedo per la nascita dell’ultimo figlio, mentre lo ha richiesto una consulente su due. Un’evidenza che rimanda agli aspetti di conciliazione tra vita personale e impegno lavorativo, con lo studio che mostra chiaramente come il genere femminile abbia più difficoltà a concentrarsi sulle attività legate alla propria occupazione a causa delle responsabilità familiari di cui si fanno carico.
Un impegno gravoso che non può non pesare sulla soddisfazione personale e professionale. Gli uomini appaiono infatti più soddisfatti della propria vita: in una scala da uno a dieci, la loro valutazione media è di 8.1, contro il 7.9 delle donne. E lo sono anche a livello lavorativo, dove il punteggio medio resta di 8.1 mentre quello delle colleghe scende a 7.7. Secondo i ricercatori si tratta di dati che, per le donne, dimostrano come sia la soddisfazione professionale sia quella personale diminuiscano con l’aumento della stanchezza e dei conflitti tra le due sfere mentre aumentano al crescere del reddito personale. L’indagine ha poi analizzato le prospettive medie per i prossimi tre anni, in relazione alle aspirazioni di vita personale e lavorativa del campione e ha evidenziato come entrambi i generi ritengano mediamente probabile una progressione della carriera. Un’idea che risulta più diffusa laddove non siano presenti figli nel nucleo familiare.
“Su un tema così importante è necessario continuare a fare rumore e analizzare le evidenze dal punto di vista accademico”, ha sottolineato Andrea Aurilia, country head per l’Italia di J.P. Morgan Asset Management. Per questo, come evidenziato dal presidente Anasf Luigi Conte, la ricerca va intesa come un punto di partenza e non di arrivo: “È necessario iniziare a parlare di alterità e non più di diversità, valorizzando finalmente tutti gli sforzi per creare una dimensione di genere dove le prospettive siano molteplici e tra di loro complementari”.
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