La survey Natixis IM: il 43% teme di non riuscire a conservare i clienti e il 33% ha già perso masse importanti. Ma c’è ottimismo: si prevede una crescita media del 12,4% nei prossimi tre anni
Le sfide non mancano, a partire dal cosiddetto great wealth transfer, ma la view dei consulenti finanziari globali sul futuro resta ottimista. Il previsto passaggio generazionale di 84mila miliardi di dollari nei prossimi vent’anni è infatti considerato una “minaccia esistenziale” per la propria attività da quasi un professionista su due (46%), che teme di perdere clienti. Così come preoccupano i cambiamenti demografici a lungo termine e i continui rischi economici di breve periodo. Ma ci si sta preparando, tanto che le attese sono di una crescita dell’11,5% nel prossimo anno e in media del 12,4% nei futuri tre. È quanto emerge dalla Survey 2024 Financial Professionals di Natixis Investment Managers, che evidenzia anche un altro fronte sfidante, eppure ricco di opportunità: quello della crescente domanda di private asset da parte degli investitori.
Great wealth transfer: un terzo dei consulenti ha già perso un patrimonio significativo
Secondo l’indagine, che ha coinvolto 2.700 professionisti del settore finanziario in venti Paesi, tra tutte le sfide da affrontare per far crescere la propria attività, il mantenimento dei patrimoni correnti è considerata la più critica. Quattro consulenti su dieci (43%) sono infatti sempre più preoccupati di non riuscire a conservare le ricchezze dei coniugi dei clienti o degli eredi della prossima generazione. Ma quello che più colpisce è che un terzo (33%) dichiara di aver già perso masse significative a causa del ricambio generazionale. Per questo, in previsione del great wealth transfer, la fidelizzazione e la lungimiranza sono diventate delle priorità. Complessivamente, se è il coniuge ad ereditare, gli advisor riescono a mantenere i rapporti nel 72% dei casi, ma quando il patrimonio passa ai figli la percentuale cala al 50%. Per favorire la fidelizzazione, quindi, otto su dieci (82%) discutono regolarmente con i clienti della pianificazione patrimoniale familiare e offrono una serie di servizi accessori, tra cui trust e pianificazione patrimoniale (54%), servizi personalizzati come consulenza di carriera e networking (47%) e consolidamento dei conti gestiti (30%).
Quanto ai patrimoni, i consulenti globali sono consapevoli della necessità di acquisirne di nuovi, ma attualmente vi dedicano solo il 9% del tempo. Inoltre, nonostante le preoccupazioni per il trasferimento della ricchezza e la conservazione degli asset, la metà ignora i clienti tra i 18 e i 34 anni (54%). L’unica eccezione a livello globale è rappresentata dall’area LATAM, dove due terzi (67%) dei professionisti si concentra su questa fascia demografica. Invece, per quanto riguarda la lungimiranza, sette advisor su dieci (72%) affermano di rivolgersi soprattutto a coloro che hanno tra i 35 e i 49 anni, mentre l’85% preferisce quelli tra i 50 e i 59.
Tra tassi, massimi di mercato e rallentamento della crescita, i consulenti finanziari hanno dovuto poi affrontare un anno di elezioni controverse a livello globale. Tuttavia, il 72% è convinto che i fondamentali sottostantisiano più importanti dei risultati delle urne. Inoltre, più della metà (54%) considera l’esito delle prossime presidenziali già prezzato dal mercato. In prospettiva, il debito pubblico è il rischio maggiore per sei su dieci (64%) e circa tre quarti (74%) afferma che i tassi persistentemente elevati lo rendono ancora più insostenibile. Con il continuo rally dei listini, quasi la metà (42%) ritiene che il pericolo maggiore per i propri clienti è quello di inseguire i rendimenti tentando di individuare il timing di mercato. E molti avvertono che, dopo una lunga corsa al rialzo, gli investitori dovrebbero essere consapevoli delle aspettative irrealistiche (29%). Nel 2023, i clienti avevano risposto di attendersi che i loro investimenti avrebbero guadagnato il 12,8% in più rispetto all’inflazione nel lungo periodo. Quest’anno, per gli advisor è più realistico aspettarsi un guadagno del’8,3% in più rispetto all’inflazione, con un divario di aspettative del 54%.
“I consulenti hanno imparato l’arte di gestire i portafogli attraverso le turbolenze e devono continuare ad adattarsi alla velocità e alla frequenza dei cambiamenti dei fattori macro e di mercato”, commenta Marco Barindelli, head of Italy di Natixis IM. A suo parere, tra tutte le insidie all’orizzonte, la più critica è quella di mantenere le attività correnti in portafoglio. “I professionisti devono adattare ancora di più le loro strategie per attrarre la nuova generazione di investitori. Trovare più tempo per approfondire le relazioni e le offerte di servizi di pianificazione finanziaria sarà fondamentale per il successo nel lungo periodo”, mette in guardia.
Continua intanto a crescere la domanda di asset privati. Tre advisor su dieci ritengono infatti che sia una delle principali aree di espansione per la propria attività. E oltre la metà (56%) prevede di includerli in portafoglio entro i prossimi cinque anni, mentre aumenta la consapevolezza dei vantaggi: il 56% ritiene chequesta asset classa abbia migliorato i risultati per i propri clienti. Tuttavia, due terzi (65%) individuano la sfida maggiore nella difficoltà di costruire un portafoglio di asset privati su larga scala. Senza contare che è ormai necessaria una maggiore educazione degli investitori, dal momento che sette adivisor su dieci (72%) affermano che i clienti non comprendono il periodo di detenzione proprio dell’investimento privato. Nonostante questo, oltre due terzi (68%) dei consulenti finanziari globali sottolineano che una maggiore disponibilità di prodotti liquidi li porterà a segnalare più spesso gli asset privati. Gli interval fund sono una di queste opzioni, e per quattro su dieci (40%) tale struttura è essenziale per aiutare gli investitori ad accedere all’asset class. All’orizzonte si profilano però anche nuovi prodotti promettenti per gli investitori retail: secondo sei professionisti su dieci (60%) i fondi evergreen sono un buon modo per includere i private asset nei portafogli.
Reddito fisso, questo sconosciuto
Altra sfida dell’attuale contesto di mercato è la scarsa comprensione degli investitori in merito ad obbligazioni, tassi di interesse e investimenti fixed income. Prova ne è il fatto che per quasi nove advisor su dieci (89%) è stato difficile aumentare le allocazioni a reddito fisso nei portafogli. Con i tassi ai massimi da quindici anni, due quinti (43%) hanno avuto difficoltà nel mostrare ai clienti i vantaggi rispetto alla liquidità, e poco più di un terzo (39%) le ha riscontrate nello spiegare i benefici di un aumento dell’esposizione obbligazionaria in generale. Secondo quasi quattro su dieci (39%), ciò che rende la situazione più complicata è la mancanza di conoscenza dell’asset class da parte dei clienti. Per il 37%, infine, una dura sfida è rappresentata dal fatto che gli investitori dichiarano di preferire altri prodotti, come i mercati monetari e i certificati di deposito, mentre il 36% ritiene che, con i rendimenti della liquidità ai massimi da quindici anni, i clienti non abbiano propensione al rischio.
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