Il settore è solido ma occorrono approcci nuovi e più advisory. Per Passera (Illimity), “sarà l’innovazione a fare da spartiacque”. Geertman (Banca Ifis) “Superata la sfida del fintech”. E su quella delle big tech Belingheri (Bff) intravede un tema regolatorio. Credit crunch? “Non ci sarà”
Tante opportunità ma anche molte sfide. Prima tra tutte, ridisegnare i modelli di business all’insegna della consulenza e della tecnologia. È questa la prospettiva per l’industria italiana del credito secondo quanto emerso da Banking Leadership talk, l’evento EY che ha messo a confronto banchieri di spicco del panorama nazionale sul presente e il futuro del settore. Tra i temi toccati, anche lo scenario macro dei prossimi mesi e il suo impatto sugli istituti
La consulenza come diversificatore
A riflettere sulla centralità dell’advisory nel modello di business futuro è stato Massimiliano Belingheri, amministratore delegato di BFF Banking Group. Dal suo punto di vista, il nuovo contesto di tassi elevati pone gli operatori del settore nella condizione di dover ridefinire i propri modelli di servizio dopo un decennio di politica monetaria ultra-accomodante da parte delle banche centrali. “Dobbiamo riabituare le organizzazioni, perché ora devono rifocalizzarsi sui margini di interesse, e serve maggiore attività di consulenza ai clienti”. Un’opinione condivisa da Frederik Geertman, numero uno di Banca Ifis, che fa anche un discorso di equilibrio reddituale. “Dalla fine del Tltro ai minori acquisti di titoli di Stato, il tightening della Bce si sta esprimendo in tante altre forme che produrranno una scarsità di cash. All’effetto tassi si sommerà quindi un effetto prezzo e diventerà sempre più necessario diversificare le fonti di liquidità”.
La partita tecnologica
Per Corrado Passera, fondatore e chief executive di Illimity, la partita (anche quella della consulenza) si giocherà soprattutto sul fronte tecnologico. E Federico Ghizzoni, presidente di Rothschild & Co Italia, gli dà ragione: “Non si può vivere solo di tagli di filiali. Occorre lavorare sulla digitalizzazione dei processi, migliorare la raccolta e la gestione dei dati, implementare l’intelligenza artificiale e il machine learning sia per sviluppare prodotti nuovi sia per offrire servizi che non siano necessariamente finanziari ma facciano da apripista”. In questo senso, stando a quanto emerso dal pane, alcuni passi sono già stati compiuti e hanno permesso di vincere la concorrenza di altri operatori come le fintech. “Molti progetti lanciati da startup innovative hanno incontrato difficoltà e, nel complesso, le quote di mercato non sono cambiate di molto. Anzi, è successo più spesso che i grandi player abbiano integrato le loro soluzioni acquistandole coinvolgendole in accordi”, ha evidenziato Geertman. Più complessa da definire è apparsa invece la traiettoria dei Big Tech, con Belingheri che vede il loro possibile ingresso nel settore strettamente legato all’approccio regolamentare.
Niente credit crunch. Ma la Bce non tiri troppo la corda
Il dibattito è stato anche l’occasione per analizzare il contesto macroeconomico a partire dai dati forniti da EY. “Al momento prevediamo che l’inflazione in Europa non torni sotto il 2% prima del 2025, così come riteniamo che ci sia ancora spazio per qualche ritocco dei tassi con successiva stabilizzazione”, ha infatti detto Stefano Battista, Italy Financial Services Market Leader del gruppo. Che sull’industria ha puntualizzato: “Il credito bancario al settore privato è in rallentamento in Italia e crescerà complessivamente dello 0,6% nel 2023, per poi tornare al +1,3% nel 2024 e al +3,1% nel 2025”. Geertman, supportato dai colleghi, ha confermato questa prospettiva ma ha anche sottolineato come l’ipotesi di un credit crunch sia oggi lontana. “Alcuni indicatori mostrano scricchiolii nell’economia ma factoring e leasing, che sono due spie importanti sullo stato del sistema produttivo italiano, inviano buoni segnali: i tempi di pagamento nel primo ramo non si stanno allungando mentre nel secondo vediamo una crescita dell’erogato”. Allo stesso tempo, però, i banchieri predicano cautela. “Il rischio è che la Bce sottostimi l’effetto ritardato della stretta monetaria, continui ad alzare tassi e, alla fine, causi sia recessione sia contrazione del credito”. Un’opinione ribadita da Passera: “Siamo arrivati al punto critico in cui la ricerca della stabilità finanziaria può danneggiare quella economica. Bisogna dare tempo ai rialzi di produrre i loro effetti prima di deciderne di nuovi. Se Francoforte non lo farà, commetterà un errore”.
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