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Una ricetta tanto semplice quanto rivoluzionaria, un approccio personalizzato basato su una conoscenza approfondita del cliente con un’unica regia complessiva e una visione implementata da più specialisti
Nicola Ronchetti, ceo di Finer, all’Efpa Italia Meeting 2019
È finito il tempo dei battitori liberi, degli ‘highlander’ della consulenza. “Da soli non si può più lavorare in maniera efficace, bisogna aggregare le competenze. La parola chiave per chi vuole continuare a giocare nella serie A della consulenza finanziaria è ‘inclusione’”.
Ne è convinto Nicola Ronchetti, ceo della società di ricerca finanziaria Finer che dal palco dell’Efpa Italia meeting 2019 di Torino ha presentato i risultati di un sondaggio che ha coinvolto 1.429 consulenti finanziari da 16 paesi dove Efpa è presente o lo sarà a breve (12 già esistenti, in attesa che si aggiungano Portogallo, Lussemburgo, Olanda e Turchia).
“La consulenza non balla più da sola”, afferma Ronchetti. “La consulenza olistica che gestisce a tutto tondo le tematiche care al cliente lavorando in team con altri professionisti è già una realtà in Italia, Germania, Francia e Repubblica Ceca”.
No al consulente tuttologo dunque. “La consulenza olistica necessità di una sua architettura. Non si può sapere tutto di pianificazione finanziaria e patrimoniale, consulenza fiscale, successoria, protezione previdenza e gestione di asset illiquidi”. Il consulente deve saper includere le competenze diverse e portarle all’attenzione del cliente. “Gli strumenti vanno conosciuti approfonditamente e maneggiati con cura”.
Sempre più spazio va dato all’inclusione di competenze distinte, alla formazione delle competenze e alla loro formalizzazione e valorizzazione economica, step in cui secondo Ronchetti è importante che le mandanti affianchino i consulenti finanziari.
“In Italia un quarto dei consulenti dichiara di farlo già, ma senza mettere per iscritto obiettivi, timing e proposta commerciale, mentre tutto deve avere un riscontro in termini economici”.
Altro tema importante è dato dalla formazione. “Nessuno nasce con le conoscenze acquisite”, sottolinea Ronchetti. “Il valore della formazione non può essere sottostimato, e la certificazione svolge un ruolo essenziale”. Del resto sono gli stessi consulenti finanziari ad ammettere il bisogno di ricevere una formazione più specialistica (il 42% dei consulenti italiani lo indica).
Esistono dunque ampi spazi di miglioramento nella preparazione rispetto ai prodotti e ai servizi non standardizzati, che non attengono esclusivamente alla gestione del portafoglio finanziario dei clienti. “La preparazione è demandata al singolo ma questo tipo di attività deve essere seguito anche dalla mandante”, sottolinea Ronchetti, “e al consulente vanno dati gli strumenti per farlo”.
Effetto millennial: sia clienti che colleghi
Secondo Ronchetti la gestione della generazione dei millennial “rappresenta la più grande opportunità del mondo della consulenza finanziaria: saper dialogare con il più importante segmento a livello globale potrà garantire un futuro alla professione del consulente finanziario”.
Il valore aggiunto della tecnologia
Nel corso del suo intervento, il ceo di Finer si è soffermato anche sull’integrazione dei Robo-advisor (RA), un’occasione per apportare valore aggiunto alla consulenza soprattutto nell’ambito della valutazione di adeguatezza e profilazione del rischio.
Lo sviluppo dei RA nel mercato ha ampi spazi di crescita secondo gli intervistati, per quanto questi strumenti non sostituiranno mai le competenze dei consulenti in carne e ossa e, dunque, “non balleranno da soli”, afferma Ronchetti. “Gli advisor completamente automatizzati non hanno ragione di esistere. O sono robo-for-advisor, oppure servono al consulente per assisterlo nel rapporto col cliente”.
I vantaggi sono due, “consentire ottimizzazione del processo e gestione costi, e stabilire un canale di comunicazione in modo continuativo e da remoto”. Mentre gli elementi negativi “sono la mancanza di sintonia ed empatia e della gestione dell’emotività del cliente”, come afferma il 60% dei consulenti italiani interpellati e il 58% della media Efpa Europe.
Ma se è vero che i RA non sostituiscono il fattore umano, è altresì vero che l’integrazione del digitale nel rapporto consulenziale porterà valore aggiunto. Lo dice l’83% dei consulenti Efpa Europe, e in Italia la percentuale sale al 90%. “I RA non vanno dileggiati, vanno conosciuti e utilizzati. Non vanno temuti ma sfruttati al fine della consulenza olistica e in chiave MIFID 2”, suggerisce Ronchetti.
Lunga vita alla consulenza finanziaria dunque, “purché sappia rinnovarsi di continuo cogliendo le opportunità e le innovazioni offerte della rivoluzione digitale”, conclude Ronchetti, “tenendo sempre la barra a dritta ma anche consapevole che la rotta va modificata di continuo, la destinazione no”.