A marzo gli emittenti inadempienti calano a otto, ma il totale del trimestre tocca quota 37. L’Europa è la sola regione con i numeri più alti del 2023. La maglia nera va alle Tlc Usa, con 13 miliardi di debito insoluto
A marzo i default globali sono scesi a otto dai 15 registrati a febbraio. Tuttavia non è il caso di abbassare la guardia: il numero resta infatti ancora superiore alla media decennale in tutte le regioni. A tirare le somme è il report mensile di S&P, che evidenzia come da inizio anno il conteggio abbia toccato quota 37. Un dato in calo di tre unità rispetto allo stesso periodo del 2023 ma ancora decisamente al di sopra della media a dieci anni che è pari a 27.
Il rallentamento di marzo è “merito” degli Stati Uniti, di altre regioni sviluppate e dei mercati emergenti, che ora sono tutti al di sotto dei livelli dell’anno scorso. Lo stesso non si può dire invece per l’Europa, dove iI numero di default mensili è identico a quello di febbraio, con tre entità rivelatesi inadempienti. Non solo: il Vecchio Continente è anche l’unica regione in cui i default da inizio anno, pari a 11, sono superiori a quelli registrati nei primi tre mesi del 2023, quando il conteggio si era fermato a 7. Si tratta, sottolineano gli analisti dell’agenzia di rating, del numero trimestrale più nero dal 2008.
“L’aumento trimestrale riflette principalmente la necessità delle aziende di ristrutturare i propri debiti, con i settori dei media, dell’intrattenimento e dei prodotti di consumo che rappresentano circa il 36% del totale delle inadempienze del Vecchio Continente”, spiega Ekaterina Tolstova, S&P Global Ratings credit analyst. L’agenzia di valutazione Usa prevede che il tasso di default speculative-grade a 12 mesi per le emittenti corporate europee scenda al 3,5% entro dicembre di quest’anno, eguagliando quello registrato a fine 2023 e stabilizzandosi dopo un modesto aumento atteso nel corso dell’estate.
Negli Usa 33,2 miliardi di dollari di debito in default
La maggior parte del debito in default rimane comunque concentrato negli Stati Uniti, dove ha raggiunto i 33,2 miliardi di dollari nel primo trimestre di quest’anno, mettendo a segno un aumento del 53% rispetto allo stesso periodo del 2023. Colpa principalmente delle inampienze del settore telecomunicazioni, che da sole pesano per 12,8 miliardi di dollari. In Europa, invece, nonostante i numeri in aumento, il debito in default si è fermato a 1,5 miliardi di dollari, in calo del 63% rispetto ai 4,0 miliardi di dollari del primo trimestre dell’anno scorso.
I settori più in difficoltà
A marzo, un quarto dei default ha interessato nel settore delle telecomunicazioni, con due emittenti risultati inadempienti. A pesare in entrambi i casi, osservano gli analisti di S&P, sono stati sia i prolungati tassi di interesse elevati, che hanno limitato l’accesso ai mercati dei capitali, sia l’indebolimento della liquidità e dei rapporti di credito, che ha messo in luce le loro strutture di capitale più indebitate. Il comparto statunitense delle telecomunicazioni è ora in testa in termini di volume di debito insoluto, con circa 13 miliardi di dollari.
Nel frattempo, i settori più sensibili ai consumi, come quello dei prodotti di consumo (6 default) e dei media e dell’intrattenimento (7), hanno sofferto di una debole domanda, seguiti dalla sanità (5). Gli esperti di S&P precisano infine che tre quarti dei default di marzo provenivano da scambi in sofferenza (a fronte di un numero crescente di re-default) e che, nonostante un certo allentamento, le condizioni di finanziamento si confermano difficili per le aziende con strutture ad alto indebitamento e parametri operativi deboli.
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