Inclusa nel ranking Morningstar fra le Sgr più virtuose negli investimenti sostenibili, la società punta sul suo expertise per emergere nel “sovraffollato” mercato dei prodotti Esg
Pietro Martorella, country manager Italia di AXA Investment Managers
Oggi dichiarare una strategia d’investimento “sostenibile” è diventato quasi scontato, tanto il tema è diventato mainstream e alla portata di tutti. A concorrere alla popolarità di questi temi è stata senza dubbio la gran cassa di risonanza mediatica cui ha contribuito in modo essenziale la pandemia e – per certi versi – potremmo annoverare il fenomeno fra le sue (poche) esternalità positive.
Ma in realtà l’attenzione di chi gestisce patrimoni verso i criteri Esg inizia ben prima della pandemia. “Dai primi anni duemila”, spiega Pietro Martorella, country manager Italia di AXA Investment Managers, “quando gli investimenti sostenibili erano considerati una nicchia riservata ad alcuni investitori istituzionali”.
Oggi è cambiato tutto – dice il manager in un’intervista a FocusRisparmio – e l’inclusione dei criteri Esg è diventato un fenomeno “trasversale e integrato in tutti i livelli del processo d’investimento”.
Come notato da Morningstar in una recente analisi sugli impatti del nuovo Regolamento Sfdr nel mondo dell’asset management in Europa, Axa Investment Managers – il braccio operativo nel risparmio gestito dell’omonimo assicuratore francese – è fra i pionieri di questo approccio all inclusive e trasversale.
Dottor Martorella, quali sono i motivi di questa scelta strategica?
Nel mercato degli investimenti verdi è l’Europa che negli anni ha guadagnato la leadership mondiale e i gruppi francesi, fra cui Axa, hanno capito fin da subito la rilevanza di questi temi per il raggiungimento degli obiettivi strategici aziendali. Così l’attenzione dell’industria si è spostata dalla valutazione delle metriche finanziarie verso un approccio che include fin dall’inizio anche i criteri non finanziari, o Esg. Oggi la valutazione di un investimento viene effettuata integrando le due componenti.
Molte case di gestione scelgono questa via, così però si corre il rischio di un overcrowding dell’offerta. Come ci si differenzia?
È vero. Ritengo che per emergere oggi si debba pensare a un proprio posizionamento specifico nell’industria che identifichi chiaramente quali sono i valori e gli obiettivi specifici sui quali l’azienda punta. AXA IM si pone l’obiettivo di “agire in modo responsabile per ciò che conta per i propri dipendenti, per i propri clienti e per il mondo in cui viviamo”. Noi puntiamo sull’impatto che possiamo avere, grazie al nostro ruolo, sulla società e l’ambiente. Questi obiettivi devono essere misurabili ed il loro raggiungimento ci permetterà di emergere su un mercato sovraffollato in termini di offerta. Inoltre, mi aspetto che i nostri clienti e partner saranno sempre più selettivi. Dovremo essere in grado di offrire ai clienti e partner prodotti ma anche servizi all’altezza delle aspettative generate.
Quanti sono oggi i prodotti della vostra casa distribuiti in Italia eligible secondo il nuovo regolamento Sfdr?
Ad oggi il 90% delle nostre masse in gestione a livello globale è conforme ai sensi degli articoli 8 e 9 del regolamento sulla Sustainable finance. Nel dettaglio, il 5% (20 miliardi di attivi) dei fondi rientra nelle categorie dei fondi sostenibili e si classifica come articolo 9; l’85% (392 miliardi di attivi) dei fondi promuove finalità sociali o ambientali e integra criteri Esg, come da articolo 8; mentre il 10% (48 miliardi) dei fondi di integra e quantifica i rischi di sostenibilità, e pertanto si classifica ai sensi dell’articolo 6. Per quanto riguarda il nostro paese, oltre l’80% dei fondi registrati per il collocamento sul mercato italiano è allineato al nuovo regolamento. Ad oggi mettiamo a disposizione dei nostri clienti, partner e distributori, 89 fondi di cui ben 74 già conformi agli articoli 8 e 9 della SFDR.
Le sfide però non sono terminate: il prossimo anno è attesa l’entrata in vigore della normativa di secondo livello.
Noi siamo pronti ad accogliere la “fase due” del progetto europeo con favore. Siamo convinti che le norme tecniche – le così dette Rts (Regulatory technical standards) – faranno emergere chiaramente la differenza fra chi negli ultimi 10-15 anni ha creduto con convinzione e dunque fatto gli investimenti necessari ad includere i criteri Esg nei propri processi ed organizzazione e chi invece sta cavalcato il trend opportunisticamente. Siamo consapevoli che la gestazione del regolamento europeo sarà lunga, ma siamo convinti che l’introduzione di un ulteriore livello di reporting e misurabilità farà bene al settore facendo emergere chi ha le capacità di riportare e applicare quanto dichiara in termini di risultati ex-post.
Nonostante la pandemia il 2020 è stato un anno positivo per l’industria. Quali altri fronti aperti devono essere affrontati?
A causa della pandemia ci sono altre questioni più pertinenti all’industria che sono cadute nel dimenticatoio. Per esempio quella dei costi. Si tornerà a parlare di come offrire ai propri clienti dell’alpha ad un costo giusto e trasparente. Questo sarà, a nostro avviso, il campo di competizione del settore nei prossimi anni. Per quanto riguarda la nostra strategia globale, continueremo a rivolgerci a tutti i segmenti di clientela (istituzionale e retail) offrendo una gamma diversificata di prodotti e servizi conformi agli obiettivi di sostenibilità che ci siamo posti. Oggi con la competizione di Etf e gestioni passive, tassi bassi e spike di volatilità, ancor più che in passato, i clienti necessitano di gestori e strategie attive che diversifichino fra più asset class, siano flessibili possano anche giocare la carta del timing. To “walk the talk” e saper offrire il prodotto adeguato alle aspettative del cliente, al giusto prezzo, sarà la sfida nella quale si dovranno cimentare i gestori attivi nel prossimo futuro.
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