Tre su quattro stanno aumentando l’esposizione azionaria. Guerre e banche centrali dominano la classifica dei rischi, davanti all’inflazione. E il sentiment sull’Italia (ma non solo) resta nero
Le sorprese stavolta sono due: in cima ai timori degli investitori professionali italiani non c’è l’inflazione, ma la guerra, e nei portafogli si sta facendo maggiore spazio all’azionario. È quanto emerge da un sondaggio commissionato da WisdomTree, che ha coinvolto 600 professionisti in tutta Europa, dalle società di consulenza finanziaria wholesale ai gestori patrimoniali, fino ai family office, per un totale di 710 miliardi di euro di asset in gestione.
I rischi principali: guerra e banche centrali
Ebbene, i risultati rivelano che i conflitti geopolitici, una recessione globale e gli errori di politica monetaria sono considerati i rischi maggiori dagli investitori professionali. In particolarequasi due investitori italiani su tre, il 65%, percepisce i conflitti come il rischio maggiore nei prossimi 12 mesi. Seguono appunto una recessione globale (61%) e gli errori di politica monetaria (52%). Tre rischi che suggeriscono come i professionisti si trovino a fronteggiare un delicato equilibrio per proteggere i portafogli nel contesto attuale.
Nitesh Shah, head of commodities & macroeconomic research Europa di WisdomTree
“La guerra in Ucraina rimane in primo piano per molti investitori e la potenziale escalation delle tensioni tra Cina e Taiwan aggrava il già incerto scenario geopolitico – sottolinea Nitesh Shah, head of commodities & macroeconomic research Europa di WisdomTree -. I venti contrari che i portafogli devono sfidare quest’anno sono sembrati implacabili e, senza chiarezza su quanto dureranno i rischi, gli investitori dovranno prepararsi a maggiori incertezze. Questi ultimi però non amano l’incertezza, quindi il sentiment è decisamente avverso al rischio in questo momento, le banche centrali cercano di frenare l’inflazione e i governi tentano di stimolare la crescita economica e di affrontare le tensioni geopolitiche e il conflitto”.
Quanto all’inflazione, la maggior parte degli investitori professionali italiani, il 69%, prevede che il picco verrà raggiunto a breve, prima di dicembre 2022. Del 29% che crede invece che bisognerà attendere il 2023, il 23% ritiene che accadrà entro marzo. Per il 79% è inoltre possibile che l’inflazione in tutta l’Unione europea tocchi un picco compreso tra l’8 e il 9,9%. E in risposta, quasi un terzo degli investitori professionali italiani, il 31%, è convinto che i tassi d’interesse della Bce si attesteranno al 2,5% o su una percentuale più alta fra un anno.
Metà dei clienti italiani ha ridotto la propensione al rischio
Praticamente inevitabile, dato il contesto macro e geopolitico, l’altro dato che emerge dalla ricerca, ovvero che le preoccupazioni si riflettono nella propensione al rischio dei clienti. Negli ultimi 12 mesi, sempre in Italia, oltre la metà (54%) di questi ha ridotto la propria propensione al rischio, sebbene oltre un terzo (38%) si senta ancora a proprio agio con lo stesso livello di rischio.
“Generare rendimenti nel contesto attuale è particolarmente impegnativo, con i mercati azionari e i titoli obbligazionari che subiscono forti perdite quest’anno. Gli investitori devono pensare agli asset che contribuiranno alla protezione dei portafogli ora e che consentiranno loro di guadagnare quando il mercato cambierà”, osserva Pierre Debru, head of quantitative research & multi asset solutions Europa di WisdomTree, secondo cui ci sono ancora strumenti che gli investitori possono utilizzare per cercare protezione dai ribassi, superare la tempesta e crescere nel lungo periodo. “Le società di alta qualità, con un’elevata redditività combinata con solide credenziali di pagamento dei dividendi, sembrano essere quelle più adatte allo scopo”, assicura.
Come cambia l’asset allocation
In risposta alla volatilità e all’inflazione, gli investitori professionali hanno quindi rivisto le proprie allocazioni di portafoglio. Per prepararsi a un ulteriore aumento dell’inflazione tre su quattro, il 75%, intendono allocare o hanno già allocato gli asset sul segmento azionario. Si tratta di una percentuale superiore rispetto a quella registrata dagli asset storicamente considerati i più adatti per una copertura contro l’inflazione, come l’oro (23%), un ampio paniere di materie prime (32%) e le obbligazioni indicizzate all’inflazione (64%).
Tra coloro che investono già in materie prime (65%), quasi 8 su 10 (78%) lo fanno a scopo di diversificazione e il 49% come copertura dall’inflazione.
Non rallenta poi la voglia di sostenibilità. Nonostante il difficile contesto economico, il 77% prevede di rafforzare le allocazioni in strategie d’investimento focalizzate sui criteri Esg nei prossimi 12 mesi. Ma se l’inflazione dovesse rimanere persistentemente elevata, il 77% afferma che prenderebbe in considerazione di abbandonare le partecipazioni Esg a favore di strategie che storicamente abbiano costituito una copertura contro la corsa dei prezzi.
Il sentiment resta negativo
Quanto all’Italia, le previsioni restano grigie. Gli investitori professionali italiani certificati Cfa rimangono negativi sulle prospettive dell’economia domestica nei prossimi sei mesi, sebbene il Cfa Sentiment Index recuperi leggermente dai minimi dei mesi scorsi e si attesto ora a quota -61,2 punti, dai -64,3 di un mese fa.
Per il 71% la situazione attuale dell’economia italiana è negativa e solo il 29% vede l’economia tricolore in una condizione stabile. In termini di aspettative sui prossimi sei mesi, il 6,1% prevede un miglioramento delle condizioni macroeconomiche (-4,6% rispetto al mese scorso), il 26,5% stima condizioni invariate (+12,2% rispetto al sondaggio pubblicato ad inizio ottobre) ed il 67,3% prevede un peggioramento (-7,7% rispetto al mese scorso). La differenza tra coloro che risultano ottimisti sulle prospettive dell’economia italiana, rispetto ai pessimisti è pari a -61,2, un valore che appunto rappresenta il “Cfa Society Italy – Radiocor Sentiment Index” per il mese di novembre 2022. Il dato cresce di ulteriori 3 punti circa rispetto alla precedente rilevazione, risalendo dai valori minimi assoluti di tre mesi fa.
Rimangono nel complesso negative anche le view sul prossimo semestre per l’Eurozona e per gli Stati Uniti. Diminuiscono le percentuali di coloro che vedono l’inflazione in aumento mentre più del 40% (e del 73% in Usa) degli intervistati prevede una diminuzione del tasso di inflazione. Permangono le previsioni per un incremento dei tassi di interesse sulla parte breve delle curve, in particolare in Europa; sulla parte a lunga delle curve dei rendimenti, invece, gli operatori prevedono un rialzo per l’Italia e l’Eurozona mentre si controbilanciano le attese di aumento e diminuzione dei tassi in Usa dagli attuali livelli.
Ancora nere, infine, le attese sulle performance dei prossimi mesi dei mercati azionari in Europa, mentre si bilanciano quelle sulla borsa Usa. Per quanto riguarda il Forex, per la prima volta da mesi i professionisti finanziari prevedono un ribasso del dollaro contro l’euro. Sul petrolio atteso un ribasso dei corsi dai livelli attuali.
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