Private market, bond e gestione attiva: i family office rivoluzionano l’asset allocation
Per l’Ubs Global Family Office Report 2023, tensioni geopolitiche, tassi e inflazione stanno causando nei portafogli “il più grande cambiamento mai registrato”
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Resta massimo il livello d’allarme per il rischio credito globale. È quanto rileva l’ultimo Credit Risk Monitor di Janus Henderson Investors, secondo cui il ciclo del credito continuerà a ridimensionarsi nei prossimi mesi e vedrà un’ulteriore volatilità degli spread. L’analisi utilizza un sistema a semaforo per valutare tre indicatori delle delle aziende e stabilire, in base a essi, come posizionare i portafogli: si tratta di flusso di cassa e utili, debito e costo del debito, accesso ai mercati dei capitali. Risultato: profondo rosso. E il conseguente avvertimento degli esperti: insolvenze in aumento, serve un’attenta selezione dei titoli.
“La recente volatilità si è concentrata sui tassi d’interesse piuttosto che sulla più ampia industria del credito. Mentre alcuni settori hanno subito pressioni e il cambiamento delle aspettative di rialzo dei tassi ha fatto vacillare i mercati. Le ramificazioni dell’inasprimento della politica monetaria avrebbero inevitabilmente causato la flessione o la rottura di alcune parti del sistema finanziario e la prima vittima è stata la parte più debole del tessuto bancario”, osserva Jim Cielinski, global head of fixed income di Janus Henderson Investors. Secondo lui, siamo a un punto critico in cui potremmo assistere a una svolta nel ciclo del credito. “I segnali a cui guardiamo per diventare più positivi sono un’inflazione core significativamente al di sotto del 4-5%, un’espansione della massa monetaria che inizi a scendere e a risalire e un allentamento della Cina e dei paesi emergenti, che fornisca una spinta alla crescita globale”, sostiene.
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Secondo gli analisti della società britannica, i riflettori puntati sulle garanzie renderanno ancora più rigide le condizioni di finanziamento e colpiranno la crescita economica. “La recente crisi bancaria ha esacerbato la tendenza alla restrizione del credito ma i criteri di garanzia si sono inaspriti già negli ultimi nove mesi. Tuttavia, ciò anticipa la probabile recessione”, si legge. Un inasprimento capace di deprimere il Pil degli Stati Uniti di appena tre o quattro decimi di percentuale ma che rischia comunque di danneggiare le parti dell’economia sensibili ai tassi. A partire dal settore immobiliare, da quello bancario e da alcune aree dei beni durevoli.
Quanto alle insolvenze, queste negli ultimi due o tre anni sono state praticamente inesistenti ma ora la situazione sta per cambiare: trattandosi di un indicatore differito, il quadro è destinato a peggiorare. L’entità del danno, stando all’analisi, dipenderà dall’esito della lotta all’inflazione delle banche centrali. “Un atterraggio più morbido combinato con un picco di inadempienze nei prossimi sei mesi che poi si annullerà è l’esito più probabile attualmente prezzato negli spread”, affermano gli esperti. In ogni caso, poiché il mercato prevede un aumento dei default, le società esposte a rischi di rifinanziamento e a tassi più elevati faticheranno. Salvo il caso di “atterraggio duro”, gli analisti considerano gran parte del mercato corporate ben isolato da qualsiasi risultato economico ma è inevitabile che, con l’aumento delle insolvenze, la selezione dei titoli diventi più critica.
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Infine gli utili. Questi hanno continuato a essere rivisti al ribasso, con una crescita nulla o negativa prevista per il 2023 in tutte le economie sviluppate ed emergenti, a eccezione di Eurozona, Cina e Giappone. Per Janus Henderson, una recessione data da un atterraggio morbido sarebbe la più dannosa ma anche una contrazione media basterebbe a intaccare i bilanci di molte aziende. “L’ipotesi di un atterraggio morbido è ancora possibile ma, fino a quando non ci saranno prove certe dell’inversione del ciclo del credito, il team creditizio di JHI rimane cauto sugli spread creditizi”, si sottolinea nel report.
Passando ai portafogli, la previsione è di una dispersione tra qualità del rating, settori e soprattutto aree geografiche. “A fronte di uno dei cicli di rialzo dei tassi più rapidi e aggressivi, gli Stati Uniti sono usciti indenni perché la crescita nominale è stata forte e molti americani hanno mutui bloccati al 2-3% oltre un reddito da lavoro stabile”, spiegano gli analisti. Una protezione che pare minore in regioni come il Regno Unito e l’Europa, dove il debito a tasso variabile risulta maggiore e l’inflazione ha colpito più duramente i redditi. A livello globale, la Cina e i mercati emergenti sono le prime regioni a implementare un allentamento della politica monetaria che potrebbe catalizzare la crescita globale. “Prevediamo una recessione generalizzata a tutti i settori e a tutte le aree geografiche”, avvertono gli esperti.
“Se si guarda a ciò che guida il valore nella fase finale delle recessioni, è improbabile che questa situazione sia diversa dai cicli precedenti. Attraverso un’attenta selezione dei titoli, gli investitori possono sfruttare l’estrema dispersione dei mercati. I soggetti più vulnerabili spesso subiscono gravi conseguenze, perché finiscono in difficoltà e vanno in default”, evidenzia Cielinski. Per l’esperto, però, il risultato è che si emerge con condizioni monetarie più favorevoli, insieme a società più forti che si comportano con cautela e cercano di ridurre la leva finanziaria. “Il settore bancario ne è stato un ottimo esempio. La scelta dei vincitori e dei vinti è ancora più critica verso la fine di un ciclo del credito”, conclude.
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