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Per S&P, la crisi si diffonderà al mondo cripto ma non ai mercati tradizionali. Per CheckSig servono regole: “Quello dei crypto-asset è, ancora oggi, un Far West dove spesso manca la trasparenza”
C’è chi paventa una Leheman Brothers delle criptovalute, chi dice che dopo i casi precedenti (leggere alle voci Terra e Celsius) è solo l’ennesima dimostrazione che quello degli asset digitali è un Far West da evitare. E c’è chi invece pensa alla lezione da trarne per evitare il prossimo crash. Certo è che il collasso di Ftx, terzo crypto-exchange al mondo con una valutazione di 32 miliardi di dollari, passato al rischio insolvenza in meno di una settimana, qualche domanda e qualche strategia la impone.
La storia è nota e parte solo qualche giorno fa, il 2 novembre, quando emergono dubbi sulla solvibilità del bilancio di Alameda Research, società di trading fondata da Samuel Bankman-Fried, già ideatore di Ftx, considerato un prodigio delle cripto. Il debito di Alameda, 8 miliardi di dollari erogati da Ftx, sarebbe infatti in gran parte garantito da Ftt, token emessi proprio dal crypto-exchange. Da lì una valanga: il panico, il blocco dei prelievi, la promessa d’aiuto, poi ritirata, da parte di Binance, fino all’attesa di un cavaliere bianco. Con il risultato che per ora gli unici a pagare sono stati azionisti e clienti, i cui risparmi sono ancora bloccati. O forse spariti.
Inevitabile l’impatto sull’intero mercato delle cripto, con il Bitcoin che ha bruciato in pochi giorni oltre il 25% del suo valore, scendendo ai minimi dal 2020.
S&P: nessun contagio per la finanza tradizionale
Dunque gli investitori guardano ora soprattutto alle ripercussioni che potrà avere la vicenda Ftx. Secondo gli analisti di S&P, la crisi si diffonderà nell’ecosistema delle risorse digitali, ma i rischi di contagio per la finanza tradizionale sembrano per ora contenuti. Anzi, l’effetto del crash acuirà l’impulso normativo.
“Ftx questa settimana ha avuto richieste di rimborso materiali, secondo quanto riferito, superiori ai 6 miliardi di dollari ed ha smesso di essere in grado di soddisfare le richieste dei clienti a causa di problemi di liquidità”, sottolineano gli esperti S&P. Un duro colpo, insomma, per la credibilità dell’industria delle criptovalute.
“La scomparsa di una società considerata uno degli attori più affermati del settore può consolidare la percezione dell’industria delle criptovalute come uno spazio immaturo e altamente rischioso – si legge nel report -. Il rapido deterioramento di uno dei più grandi scambi di criptovalute probabilmente acuirà la determinazione dei politici ad affrontare la protezione degli investitori, la condotta del mercato e la stabilità finanziaria. L’obiettivo delle autorità di regolamentazione di promuovere anche l’innovazione può passare in secondo piano rispetto a queste priorità”.
Nonostante ciò, ribadiscono da S&P, è improbabile che i problemi di Ftx e altre potenziali debolezze del settore abbiano un impatto materiale sui mercati finanziari tradizionali o sull’economia globale, “con l’esposizione della finanza tradizionale verso entità focalizzate sulle criptovalute che rimane limitata”, viene sottolineato.
“Più regole e trasparenza subito: a rischio anche la finanza tradizionale”
Per Michele Mandelli, managing partner di CheckSig, siamo solo di fronte all’ennesima dimostrazione di come l’universo dei cripto asset necessiti di un passo in avanti nella regolamentazione e nella trasparenza. Anche per i potenziali effetti a catena che possono riversarsi sui mercati tradizionali. “Da un lato Bitcoin non è più presenza trascurabile nel bilancio di numerose banche e fondi d’investimento, mentre dall’altro fondi azionari, banche, private equity e venture capital hanno esposizioni consistenti ai crypto-exchange privati e quotati, essendo azionisti o creditori”, avverte.
L’esperto fa notare che operazioni tra parti correlate come quelle che hanno portato al naufragio di Ftx sarebbero state sotto la lente di vigilanza e organi regolamentari in un contesto di finanza tradizionale, evitando una crisi così repentina di un colosso.
“Quello dei crypto-asset è, ancora oggi, un Far West dove spesso manca la trasparenza, e questa opacità non permette a clienti e investitori degli exchange di valutare a pieno il rischio di controparte a cui si espongono quando scelgono la piattaforma su cui operare o investire. Questo fa impennare il rischio di vedere i propri asset congelati per una crisi di liquidità”, osserva Mandelli.
“La trasparenza e la regolamentazione sono per questo sempre più una necessità impellente nel mondo dei crypto-asset e la pietra angolare da cui costruire questo nuova fiducia è quella della prova di riserva, che nel caso di Ftx è venuta a mancare – conclude l’esperto -. Si tratta di una verifica indipendente condotta da una terza parte, che garantisce che il depositario detenga le attività che dichiara di possedere per conto dei suoi clienti. Una scelta che però fanno ancora troppi pochi player del settore, e che dovrebbe essere invece uno standard di mercato”.
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