BoE shock: Pil inglese a -14%. Ma non agisce e delude i mercati
Tassi fermi e Qe invariato. Ma il board si spacca. Ora gli operatori si aspettano un intervento nei prossimi mesi
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Tempi duri per i sudditi di sua maestà, forse persino più complicati di quelli che attendono gli ex compagni dell’Unione europea. Il Pil della Gran Bretagna ha infatti registrato un tracollo senza precedenti, mettendo a segno ad aprile, mese di pieno lockdown, un calo del 20,4% rispetto a marzo e del 24,5% in confronto al 2019. Nei tre mesi la caduta è stata del 10,4% sui tre precedenti.
“In linea con molti altri Paesi del mondo, il coronavirus ha avuto un impatto profondo sulla nostra economia”, ha commentato il ministro delle Finanze, Rishi Sunak. L’Office of National Statistics ha dichiarato che il tonfo del Pil è il più grave mai visto e che tutte le aree industriali sono state colpite. Anche il commercio con il resto del mondo è stato pesantemente condizionato dalla pandemia.
E infatti nello stesso mese la produzione industriale è calata del 20,3%, sempre su base mensile, mentre quella manifatturiera è crollata del 24,3%. Dati peggiori rispetto a quelli del resto del Vecchio Continente e diffusi nel giorno in cui l’Eurostat ha confermato il -17,1% della produzione industriale di aprile dell’Eurozona.
Se la portata del tonfo non ha sorpreso più di tanto i mercati, che si aspettavano un risultato solo leggermente migliore, a preoccupare sono soprattutto le prospettive, tutt’altro che rosee per la maggioranza degli analisti, complici anche le notevoli sfide che attendono Boris Johnson e colleghi.
“I dati di oggi non sono necessariamente una sorpresa per i mercati: mostrano che il danno è stato un po’ più grande del previsto, ma la realtà è che gli investitori sono diventati abbastanza insensibili ai grandi numeri nelle ultime settimane”, commenta James Smith, developed markets economist di Ing, sottolineando però come comunque si tratti di cifre “scioccanti”.
Va da sé che questo tipo di caduta di attività è “praticamente senza precedenti, sia in scala che in velocità”, osserva l’esperto, secondo cui nel complesso “i vincoli di distanziamento sociale, la fiducia dei consumatori e delle imprese, nonché la Brexit, rappresentano una sfida per la ripresa economica del Regno Unito”.
Come sottolinea Andrew Wishart, economista britannico di Capital Economics, dal momento che il lockdown nel Regno Unito è stato allentato a maggio, aprile segnerà il punto più basso per il Pil. C’è da dire però, a detta dell’economista, che in confronto, il calo massimo del Pil è stato del 7% sia nella crisi finanziaria globale sia nella grande depressione. La ripresa sarà molto più complessa, avverte Wishart, secondo cui “il costo fiscale del collasso e l’impatto sul mercato del lavoro, compreso l’aumento del tasso di disoccupazione a oltre l’8% previsto, stanno appena iniziando a emergere”.
Fosche previsioni arrivano anche da Morgan Stanley, dove Jacob Nell e Bruna Skarica, ritengono che il Pil di sua maestà sarà del 25% inferiore rispetto ai livelli normali entro la fine del primo semestre. Ma i due esperti guardano alla BoE. Vista la contrazione profonda e dato che il recupero dell’economia sarà graduale, “vediamo piú stimoli” da parte della Banca centrale inglese, “incluso un aumento del Qe e un taglio dei tassi” di interesse, puntualizzano.
Sulla stessa lunghezza d’onda Nicolas Forest, global head of fixed income and member of the executive committee di Candriam, secondo cui questi numeri dovrebbero garantire un’estensione del QE di almeno 100 miliardi di sterline la prossima settimana.
“La nostra view sul Regno Unito è ancora molto negativa, date le sfide che esistono su molteplici orizzonti: la scarsa performance relativa nella gestione della crisi Covid, l’apparente mancanza di urgenza intorno alle negoziazioni con l’Ue su un futuro accordo commerciale e la sempre più improbabile proroga della scadenza”, mette in guardia, sottolineando come tutto questo si accompagni a un massiccio deficit fiscale, a un debito eccessivo rispetto al Pil e al deficit delle partite correnti che richiede finanziamenti. “Di conseguenza, ci manteniamo short sulla sterlina, poiché ci aspettiamo un ulteriore deprezzamento”, conclude l’esperto.