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Anticipazione del magazine di settembre/ottobre di FocusRisparmio, in uscita il 02/10/2024
Dopo l’approvazione in Consiglio dei Ministri lo scorso 30 agosto, è in vigore dal 25 settembre il decreto legislativo che recepisce la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), direttiva europea a disciplina della rendicontazione societaria di sostenibilità
Taglia il traguardo anche in Italia la CSRD, che amplia e approfondisce gli obblighi relativi al reporting delle informazioni di carattere non finanziario introdotti nella normativa dalla “Non Financial Reporting Directive – NFRD” (Direttiva 2014/95/UE), attuata in Italia dal D. Lgs. 254/2016. La nuova direttiva sostituisce al termine “informazione di carattere non finanziario” quello di “sostenibilità aziendale”, riconoscendo il valore e la centralità delle questioni relative ad ambiente, società e governance nell’attività di impresa.
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CSRD in Italia: 4000 le imprese coinvolte
La CSRD, modificando e approfondendo le modalità di rendicontazione, disciplina l’obbligo di comunicazione di informazioni tradizionalmente considerate di carattere non finanziario oltre le imprese di grandi dimensioni, estendendo il perimetro applicativo a PMI quotate e imprese di Paesi terzi. In Europa, si stima che le imprese coinvolte dalla nuova disciplina di rendicontazione di sostenibilità passeranno da 11.700 a circa 50.000, mentre nel solo territorio nazionale saranno coinvolte circa 4000 aziende, a fronte delle 208 aziende che nel 2023 hanno pubblicato la dichiarazione non finanziaria (DNF) [GA1].
La disponibilità di informazioni sufficientemente granulari, aggiornate, confrontabili e rilevanti circa l’integrazione delle variabili ambientali, sociali e di governance (ESG) nell’attività delle imprese rappresenta la chiave di volta per l’attuazione di scelte di investimento sostenibile a supporto della transizione ecologica.
Un iter che dura da due anni
Il percorso, di cui quest’ultima tappa rappresenta il punto di arrivo, parte in realtà da lontano. Risale infatti al dicembre 2022 la conclusione dell’iter comunitario e la conseguente pubblicazione della direttiva nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. L’entrata in vigore della CSRD è del 5 gennaio 2023 con applicazione a partire da gennaio di quest’anno. Nel 2024 ha avuto inizio dell’iter di recepimento della direttiva nell’ordinamento giuridico nazionale, avviato con la consultazione sullo schema di decreto nel mese di febbraio, ed è terminato a settembre con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo attuativo della direttiva.
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Cosa prevede la normativa
La CSRD ha l’obiettivo di accrescere la trasparenza sulle performance di sostenibilità delle imprese, facilitando l’accesso degli investitori a informazioni standardizzate e comparabili, di favorire un’integrazione maggiore e più consapevole delle questioni legate alla sostenibilità nelle decisioni strategiche e operative aziendali e, infine, di allineare le imprese agli obiettivi climatici dell’UE, in linea con il Green Deal Europeo e gli impegni per il 2050 di zero emissioni nette. Il decreto riprende l’obbligo introdotto dalla direttiva per società di grandi dimensioni e piccole e medie imprese quotate a fornire le informazioni necessarie a comprendere l’impatto dell’impresa sull’ambiente e società, nonché sul modo in cui tali questioni e le pratiche di governance influenzano la strategia, le prestazioni, i risultati e la situazione dell’impresa.
La rendicontazione di sostenibilità non rappresenterà un’informativa separata, ma sarà integrata nelle relazioni di gestione, in modo da fornire una visione olistica delle performance aziendali, e sarà soggetta ad attestazione di conformità effettuata dal revisore legale o dalla società di revisione. Inoltre, per consentire l’accesso semplice e gratuito da parte di tutti gli stakeholder alle informazioni di sostenibilità, la società dovrà pubblicare la rendicontazione sulla sostenibilità anche sul proprio sito internet o, in mancanza, renderne disponibile una copia cartacea a chi ne faccia richiesta.
Applicazione in più tappe
L’applicazione degli obblighi di rendicontazione avverrà in più tappe e secondo la scansione temporale prevista dallo stesso decreto di recepimento. In particolare, la prima applicazione dal 1 gennaio 2024 coinvolge le imprese già soggette alla DNF, ovvero le grandi imprese e le organizzazioni madri di grandi gruppi con più di 500 dipendenti, mentre l’anno successivo l’obbligo si estenderà alle grandi imprese e imprese madri di gruppi di grandi dimensioni anche non quotate che superano specifici limiti dimensionali, in termini di fatturato, stato patrimoniale e numero di dipendenti. Dal 1 gennaio 2026 saranno coinvolte anche le PMI quotate, escluse le microimprese, soggette ad un regime proporzionale e semplificato di rendicontazione e che godranno della possibilità di opt-out fino al 2028. Infine, dal 1 gennaio 2028 l’obbligatorietà riguarderà le filiali e le succursali di società extra UE che generano ricavi nel territorio dell’Unione superiori a 150 milioni di euro. Le imprese non quotate di grandi dimensioni e PMI coperte già dalla rendicontazione di gruppo rimangono comunque escluse dall’obbligo di redigere l’informativa di sostenibilità ma comunque obbligate a pubblicare i riferimenti alla documentazione di gruppo.
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Le novità tutte italiane
La Direttiva, come di consueto, lascia agli Stati membri ambiti di discrezionalità nel recepimento delle sue disposizioni a livello nazionale. In particolare, oltre all’individuazione delle Autorità competenti per vigilanza e sanzioni – Consob per l’ Italia – , per quanto riguarda la verifica delle informazioni di sostenibilità, gli Stati membri possono decidere se affidare esclusivamente ai revisori legali questo compito, oppure coinvolgere anche altri fornitori di servizi indipendenti. Inoltre, la direttiva consente di prevedere eventualmente un’implementazione graduale per le piccole e medie imprese, con esenzioni temporanee o requisiti ridotti. In sede di recepimento, il legislatore nazionale ha stabilito che l’attività di assurance sulla rendicontazione di sostenibilità aziendale può essere effettuata esclusivamente da revisore legale, escludendo, almeno per il momento, la possibilità per prestatori indipendenti di prestare tali servizi. La autorità si riservano di valutare entro 18 mesi l’opportunità di rivedere tale scelta anche alla luce dell’esperienza altri Stati.
Per quanto riguarda il regime di responsabilità e sanzioni, la responsabilità degli amministratori delle società nel garantire la rendicontazione di impresa si estende anche alla rendicontazione di sostenibilità con analoghe sanzioni, a sottintendere come la nuova informativa sia da considerare pienamente parte della rendicontazione di impresa. Il legislatore, tuttavia, anche al fine di tenere conto degli elementi di novità introdotti dalla normativa, ha determinato un tetto monetario alle sanzioni amministrative pecuniarie applicabili a società e a revisori per i primi due anni dall’entrata in vigore direttiva.
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Dal punto di vista degli investitori, il quadro informativo che si andrà a costituire con il progressivo dispiegarsi degli effetti della normativa rappresenta la base per politiche di investimento sostenibile sempre più solide e basate su una comprensione più approfondita e prospettica delle interdipendenze tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle imprese e il presupposto per strategie di transizione credibili ed efficaci.
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