I piani di Amundi per crescere in Cina
Per i gestori esteri aumentano le possibilità di ampliare il business dei fondi nell’ex Impero Celeste
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Con 15.000 miliardi di dollari, la Cina è il secondo mercato obbligazionario più grande al mondo, dopo quello degli Stati Uniti e prima di quello giapponese. Ciononostante, è un mercato ancora molto poco considerato dagli investitori internazionali: la quota di obbligazioni cinesi detenute attualmente da stranieri è inferiore al 3%.
“Riteniamo che questo mercato sia destinato a crescere ancora di più dato che i titoli di Stato cinesi stanno ottenendo un riconoscimento globale attraverso l’inclusione in indici come il Bloomberg Barclays Global Aggregate o, più di recente, il JP Morgan GBI-EM Global Diversified. L’inserimento delle obbligazioni cinesi negli indici obbligazionari globali può generare flussi fino a 300 miliardi di dollari”, stima Qian Zhang, senior client portfolio manager di Pictet Asset Management.
Fonti: Pictet Asset Management, FMI World Economics Outlook, ottobre 2020 / Pictet Asset Management, BIS, ultimo aggiornamento dicembre 2020 in base ai dati del secondo trimestre 2020
Negli anni passati un crescente numero di gestori si è mosso per colmare la domanda da parte degli investitori verso questa asset class. La società di ricerca Cerulli Associates rileva che la raccolta netta degli operatori di risparmio gestito su questa asset class (attraverso fondi domiciliati in Europa) è cresciuta da 2,1 miliardi di euro nel 2019 a 6,2 miliardi del 2020, e le masse in gestione (asset under management, o aum) sono cresciuti dell’80% arrivando a toccare quota 18 miliardi di euro.
Le potenzialità per un’ulteriore espansione ci sono tutte. Nel 2021, “nonostante da inizio anno ad oggi i mercati dei titoli di stato a livello globale hanno assistito a un sell-off trainato da un forte aumento dei rendimenti statunitensi, i titoli di stato cinesi, invece, si sono mossi a malapena, in parte a causa di una divergenza nella traiettoria della ripresa economica cinese, in parte per via degli afflussi di capitali stranieri”, esaminano Michele Barlow, a capo della ricerca per l’area Apac, e Yichan Shu, senior investment strategist, entrambi per State Street Global Advisors.
“Rimane comunque un mercato difficile da approcciare per un investitore straniero”, osserva però Stephen Li Jen, Ceo di Eurizon SLJ Capital, che annovera fra i vantaggi di un investimento sul debito cinese attraverso uno strumento di risparmio gestito il fatto di poter controbilanciare gli altri asset che gli investitori in euro potrebbero avere nei loro portafogli. “[Su questa asset class] è particolarmente importante affidarsi a professionisti in grado di comprenderlo. Su queste premesse in Eurizon è stato creato Eurizon Fund – Bond Aggregate RMB, un comparto specializzato nell’investimento in obbligazioni denominate in renmimbi che è diventato in breve tempo uno dei più grandi fondi comuni specializzati su questa asset class al di fuori della Cina e che a fine febbraio 2021 ha acquisito le 5 stelle Morningstar”, spiega a FocusRisparmio.
Durante il 2020 ci sono stati alcuni casi di default nelle imprese cinesi a controllo statale. L’impatto sul resto del mercato però non è stato così ampio. “Oggi l’obiettivo del governo centrale a Pechino è anche quello di imporre una maggiore disciplina agli emittenti corporate, per evitare che si ripeta quanto accaduto negli ultimi mesi del 2020, quando un’ondata di insolvenze ha avuto l’effetto a catena di rallentare i flussi provenienti dagli investitori”, chiosa Fabrizio Zumbo, capo della ricerca di Cerulli Associates.
“L’economia cinese è sulla buona strada per superare le economie dell’Ue e degli Usa anche in anticipo rispetto a quanto era stato previsto prima della pandemia – conclude Li Jen di Eurizon SLJ Capital –. La Cina continuerà a contare su riforme strutturali, non su stimoli monetari o fiscali, per spingere la sua crescita”.
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