L’interesse per le nuove asset class alternative è un fenomeno strutturale, con regole “completamente diverse dall’asset management tradizionale”. Lo racconta a FocusRisparmio l’esperto del private banking di Piazzetta Cuccia
Theo Delia-Russell, deputy head della divisione Private Banking di Mediobanca
Negli ultimi anni private equity e private markets sono diventati argomenti mainstream, rientrando a pieno titolo fra i temi maggiormente trattati dai professionisti del risparmio e degli investimenti. I consulenti specializzati negli investimenti si trovano a dover rispondere a clienti sempre più sofisticati e attenti alle evoluzioni dell’industria.
“In realtà, pochi di loro hanno investito in modo autentico in questa asset class, ma tutti vogliono essere in grado di parlarne ai clienti che fanno domande. Per questi ultimi potrebbe essere una scelta di cambiamento l’essere gestiti da un consulente troppo tradizionale in termini allocativi”, analizza Theo Delia-Russell, deputy head della divisione Private Banking di Mediobanca, in una conversazione con FocusRisparmio.
Ciò comporta enormi mutamenti nell’approccio al tradizionale modello di portafoglio bilanciato (60%/70% obbligazionario, 30%/40% azionario, ndr) che per decine di anni ha ben risposto alle esigenze di ottimizzazione del profilo rischio-rendimento tipico dell’investitore medio, dove le azioni generavano rivalutazione del capitale e dividendi e le obbligazioni stabilizzavano la volatilità della precedente asset class con cedole ricorrenti.
“In un mondo dove i tassi negativi rendono il 70% del portafoglio a contribuzione strutturalmente negativa, e dove la volatilità delle azioni ha picchi mai visti in precedenza, il modello del portafoglio bilanciato deve essere rivisto, serve meno volatilità e più performance. In cambio però il mercato chiede tempi più lunghi e maggiore illiquidità”, afferma Delia-Russell.
Il portafoglio modello nei private markets
Il nuovo portafoglio modello, secondo Delia-Russell che cita uno standard di mercato generalmente accettato, è quello di strutturare un portafoglio modello 60/25/15 dove “60% è investito in buyouts, 25% in venture capital/growth equity, e 15% in distressed debt/special situations”.
“Ma la strategia allocativa non rappresenta il 90% della performance come negli investimenti pubblici. L’accesso ai migliori fondi (chiusi) impatta più della strategia. Le regole del gioco sono completamente diverse rispetto all’asset management tradizionale”, osserva.
Mercati privati, soluzioni non (ancora) alla portata di tutti
I mercati privati, però, non sono una soluzione accessibile direttamente a tutti gli investitori, ma solo indirettamente, attraverso strumenti collettivi di risparmio di lungo periodo come polizze e fondi pensione, una strada che l’esperto di Mediobanca Private Banking definisce “obbligatoria” in futuro.
“È un asset class complessa, rischiosa, ed illiquida quindi per definizione non va bene per tutti nella sua struttura tradizionale. Inoltre, la dispersione di rendimento tra i fondi è enorme: la selezione dei manager ha ruolo determinante rispetto all’asset management tradizionale”, aggiunge.
“Investire in private markets significa investire, non in un fondo ma, in un programma di investimenti distribuiti in molti anni – spiega –, o meglio annate (con caratteristiche macroeconomiche e opportunità settoriali diverse) dette vintages dove ogni (sub) asset class ha assunzioni specifiche di rendimento e di capital contributions e distributions. La modellizzazione delle sub-asset classes è determinante per migliorare l’affidabilità e la performance dell’intero programma”.
E sull’approccio futuro che l’industria del private banking deve adottare, Delia-Russell consiglia di seguire con attenzione l’attività che in tal senso sta facendo la Sec (Securities and Exchange Commission) Oltreoceano. “Il regolatore Usa sta valutando di espandere l’utilizzo di questa asset class a nuove classi di investitori (meno abbienti) nel tentativo di proteggere il valore dei loro risparmi per quando questi investitori saranno pensionati. Un tema davvero trasversale a tutto il risparmio gestito”, conclude.
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