Lusso made in Italy colpito (ma non affondato) dal Coronavirus
Crolli in Borsa per i titoli domestici, che però hanno le carte per resistere nel lungo periodo. Serve selezione attiva e pazienza. Le previsioni di IG Italia e BNY Mellon
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Il Covid19 ha messo ko il lusso a livello internazionale. Le trimestrali pubblicate in questi ultimi giorni dalle maison più note mostrano i primi contraccolpi alle vendite di beni di lusso dovuti alla chiusura seguita all’esplosione della pandemia. E non saranno gli ultimi: le stime per i prossimi tempi sono state riviste al ribasso: per Goldman Sachs l’industria globale del lusso potrebbe arrivare a perdere, entro dicembre, fino a un terzo del giro d’affari. Secondo le stime del monitor sul lusso di Bain e Altagamma, il giro d’affari complessivo atteso nel settore a fine 2020 è compreso tra i 180 e i 220 miliardi di euro, dai 281 miliardi registrati nel 2019 (esercizio in cui era stata registrata una crescita del 7% rispetto all’anno precedente).
Per il settore la ripresa è prevista non prima del 2022 guidata dalla Cina (che secondo il monitor di Bain e Altagamma, entro il 2025, rappresenterà il 50% dei consumi mondiali). Ma nel frattempo, con le prime, timide, riaperture per i brand internazionali la sfida che si prospetta è tutt’altro che semplice da gestire: cambiano le esigenze, i consumi, le modalità di acquisto e di godimento di simili beni discrezionali legati a doppio filo con il turismo e dove la penetrazione del canale di vendita digitale è ancora relativamente bassa, in ultimo, il cliente stesso.
Un terremoto che potrebbe portare all’uscita dal mercato di alcuni operatori, a un’ondata di shopping da parte dei colossi del lusso o di investitori internazionali verso maison più piccole provate dal crollo delle vendite. A vincere, secondo gli esperti, saranno i marchi più strutturati, con un buon posizionamento di mercato e capaci di continuare a trasmettere ai clienti la dimensione del “sogno”, sebbene quest’ultima inevitabilmente è destinata a evolversi verso nuove definizione più vicine a uno stile di vita lento e sobrio imposto dalla pandemia. Focus Risparmio ha parlato degli scenari che il terremoto nel Lusso sta evidenziando con gli esperti di Altagamma e di BCG.
In primo luogo, c’è da valutare l’impatto del lockdown sul mercato del lusso internazionale. “Le nostre stime sul mercato globale del lusso prevedono per il 2020 un calo delle vendite tra il -25 e il -45%”, spiegano Filippo Bianchi, Managing Director e Partner di BCG, e Guia Ricci, Principal di BCG. “Le perdite maggiori sono state registrate durante il periodo di lockdown, data l’impossibilità di recarsi in negozio e un volontario push-back della spesa, che ha portato il mercato del lusso internazionale ad un calo quantificabile tra -70% e -80%, mentre i dati del mercato italiano registrano un -80% e -90% nello stesso arco temporale”.
Per Stefania Lazzaroni, Direttore Generale di Altagamma, “Gli impatti saranno severi e certamente per il 2020 a doppia cifra negativa. L’Altagamma Consensus, l’analisi degli analisti finanziari e partner di Altagamma, stima un -20% con un -30% dell’ebitda per tutto il settore del lusso e sono dati che non avevamo mai visto negli ultimi 30 anni di costante crescita. Nel medio periodo – e dunque con uno sguardo al 2025 – Bain & Co conferma un ritorno a livelli precrisi”. Il comparto dell’alto di gamma è stato tra i primi a soffrire dell’attuale emergenza, “ma ha le caratteristiche per riprendersi rapidamente se le aziende sapranno cogliere le opportunità che i nuovi stili di vita – più autentici e sobri – stanno già indicando. Si consideri che la Cina e la Corea stanno già registrando incrementi di fatturato a doppia cifra a parziale compensazione del lockdown e molti brand stanno potenziando la loro presenza in Asia”, sostiene Lazzaroni.
Per quanto riguarda i settori maggiormente esposti al lockdown, per gli esperti di BCG tra le categorie più fortemente impattate “troviamo quelle legati ai beni discrezionali, come gioielleria, orologi, borse e accessori, mentre è stato leggermente meno impattato l’abbigliamento, dove categorie come homewear, casualwear e abbigliamento per bambino hanno sofferto meno, così come i perfumes&cosmetics, in quanto beauty routine si è spostata in casa”. Per Altagamma “l’abbigliamento è stato particolarmente colpito (-21%) come il settore gioielli e orologi (-22% e -25% secondo il Consensus Altagamma). Parzialmente contenuti i danni per la pelletteria (-16%) e la cosmesi (-11%), grazie proprio agli acquisti online”.
A livello geografico, i due esperti di BCG si aspettano che il mercato italiano si contragga maggiormente rispetto alla media internazionale per quattro ragioni. “In primo luogo, le misure adottate in Italia durante il lockdown sono state molto severe, sia in termini di durata che di copertura del territorio (rispetto a misure più ristrette e circoscritte adottate da altri Paesi, come la Cina); in Italia, inoltre, l’epicentro del lusso ha coinciso perfettamente con l’epicentro della pandemia. Non dimentichiamo, poi, che l’Italia è un mercato che dipende molto dal turismo internazionale, in cui le prospettive di ripresa sono di almeno 18 mesi. Infine, la penetrazione del mercato online è ancora bassa rispetto ad altri mercati più avanzati in questo ambito”, aggiungono.
Lazzaroni di Altagamma ragiona invece sul fatto che normalmente il lusso è tra i comparti più globalizzati e questo a volte permette di limitare i danni provocati dal calo in un mercato. “Non così in questa crisi che è una tempesta perfetta che coinvolge quasi simultaneamente tutti i mercati. Le compensazioni saranno più complesse e l’online può solo parzialmente e solo per alcune categorie di prodotti funzionare.
A livello macro il primo mercato a riprendersi è quello cinese, sia perché più avanti nell’arco temporale della crisi, sia perché la sua economia presenta elementi di dinamicità maggiori di quelle dei mercati “tradizionali”. L’Europa e gli Stati Uniti faranno più fatica anche perché il loro tassi di crescita erano più contenuti a priori”, aggiunge Lazzaroni.
E ora che si passa alla Fase 2? Il settore riuscirà a riprendersi e tornare ai fasti del passato? Per Bianchi e Ricci la fase di recovery dipenderà dalla gravità, dalla durata dell’emergenza sanitaria e dalla forma che prenderà la recessione, che influenzerà la capacità delle imprese coinvolte nella catena del valore del lusso di sopravvivere e la capacità dei consumatori di spendere in prodotti di lusso. “Considerando questi fattori, prevediamo che l’industria del lusso, dopo aver sofferto fortemente nel 2020, continuerà a farlo ancora nel 2021 (% evol. vs 2019 tra -20% e + 0%) con segni leggermente più positivi nel 2022 (% evol. vs 2019 tra -15% e + 5%). Non sarà prima del 2023-24 che l’industria del lusso tornerà al livello pre-crisi”.
Guardando alle geografie, BCG si aspetta inoltre che il mercato cinese registri andamenti positivi già nel 2020, grazie al rimpatrio dei clienti cinesi e il continuo aumento dello shopping online. È prevista anche una crescita dei consumi all’interno del territorio cinese: la domanda dei consumatori cinesi, che erano soliti spendere all’estero, sarà progressivamente soddisfatta localmente dai marchi che focalizzeranno le azioni di marketing il più vicino possibile a loro. Al contrario, le principali destinazioni europee del lusso (Francia, Italia e Regno Unito), ma anche Stati Uniti e Giappone, “subiranno gli effetti della crisi anche dopo il 2020, poiché si basano fortemente sul turismo internazionale e anche la domanda locale si ridurrà, a seguito delle deboli proiezioni del Pil per questi Paesi”.
Per quanto riguarda i diversi settori del lusso, ancora una volta i grandi sconfitti “saranno gli orologi e i gioielli, con una ripresa più difficile rispetto ad altre categorie come quelle dei cosmetici, dei profumi e della pelletteria. Per queste categorie, infatti, le vendite online sono già relativamente alte”, aggiungono Bianchi e Ricci.
La crisi sanitaria prima e finanziaria potrebbe portare a fenomeni di polarizzazione e di consolidamento, secondo Bianchi e Ricci di BCG. “I più forti emergeranno rafforzati dalla crisi e i meno forti saranno indeboliti. I brand di piccole e medie dimensioni che non hanno una proposta chiara e un posto preciso nella mente dei consumatori avranno vita difficile. I grandi conglomerati cercheranno sicuramente di approfittare dell’opportunità per attivarsi sul lato di M&A. Una scelta strategica specifica al settore del lusso riguarderà le integrazioni verticali e orizzontali sulla catena del valore, in alcuni casi per cercare di salvare preziosi fornitori”, aggiungono.
È possibile che la crisi possa accelerare in alcune imprese decisioni strategiche, secondo Lazzaroni di Altagamma. “In Italia non si è mai riusciti ad aggregarsi in un polo del lusso, ma credo che la situazione critica generalizzata che stiamo vivendo possa trasformarsi in un’occasione unica per fare sistema e trovare strategie di collaborazione e di alleanze tra marchi italiani. Non solo nella moda, ma anche in altri comparti chiave per la nostra industria di eccellenza, come il design”.
E quali saranno i vincitori nel post crisi? Per BCG sicuramente i brand che sapranno adattarsi velocemente e in maniera agile ai cambiamenti che si vedevano già prima della crisi, accelerati dalla situazione: “la presenza sui canali online e digitalizzazione, il clienteling personalizzato, la sostenibilità. In particolare, i marchi con un forte brand equity e valore aspirazionale ne usciranno vincitori in quanto i consumatori focalizzeranno le loro attenzioni su brand iconici e fidati. I vinti saranno i canali multibrand già in difficoltà prima di questa crisi, nonché i brand con difficoltà di posizionamento”.
Le strategie vincenti dei gruppi del lusso dovranno cambiare per ripartire. Facendo leva su due elementi: “rivedere ciò che già esiste e investire strategicamente in ciò che può fare la differenza”. Il primo elemento prevede il ripensamento della distribuzione e del mix dei canali di vendita, e “per fare ciò bisogna esaminare attentamente tutti gli elementi di costo, prediligere una supply chain “agile” e implementare una riprogettazione organizzativa per aumentare l’efficienza richiesta dalla nuova realtà”. La seconda leva riguarda “la costruzione di una ‘spina dorsale’ del brand basata sull’intelligenza artificiale, per digitalizzare i processi principali come lo sviluppo del prodotto e la gestione dell’e-commerce. Inoltre, bisognerà investire nel posizionamento del brand online sia in termini di canali di vendita che di relazione con i clienti, soddisfare le nuove esigenze dei consumatori con nuovi prodotti che puntino alla sostenibilità e scommettere sui talenti digitali”.
A cambiare saranno anche le esigenze dei consumatori, che tenderanno a prediligere prodotti iconici, di marchi che sono percepiti come socialmente responsabili. Sul fonte canale di vendita, “l’online diventerà sempre più importante per i consumatori, che si aspetteranno di vivere un’esperienza simile a quanto proposto in negozio (assistenza personalizzata, virtual shopping, eventi)”, affermano gli esperti di BCG.
Anche Lazzaroni si attende il consolidamento di alcune tendenze già in atto. “Anzitutto, il rafforzamento del ruolo del mercato cinese: sarà necessario un maggiore focus su questo mercato geografico. In secondo luogo la trasformazione digitale, seguito da tematiche sociali e della sostenibilità. Credo anche che per via della contrazione del potere d’acquisto della classe media, i brand saranno chiamati a rinnovare la loro offerta con prodotti a prezzi accessibili: la creatività, l’innovazione, la coolness e altri elementi intangibili diventeranno così delle leve competitive ancora più importanti”, prosegue l’esperta.
E come cambierà il lusso a lungo termine? Con una transizione verso “stili di vita più lenti, consapevoli e sostenibili”, osserva Lazzaroni. Convinta che “una nuova ‘lentezza’ farà apprezzare proposte che riflettono uno stile di vita più consapevole e attento a valori intimi e prodotti con un valore che dura nel tempo”.